Morì a causa dell’amianto. Condannato il ministero
Il decesso del pensionato dell’Arsenale era stato causato da mesotelioma. La Corte di Appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale spezzino.
Dopo 38 anni di lavoro in Arsenale una volta arrivato alla traguardo della pensione è subentrata la terribile malattia che dopo lunghe sofferenze lo ha portato alla morte, arrivata nel 2022. La causa del decesso era stata l’insorgere di un mesotelioma pleurico provocato dal contatto con l’amianto sul luogo di servizio. A quasi quattro anni dalla tragedia la famiglia del lavoratore spezzino si è vista riconoscere il risarcimento previsto dal Tribunale ma la battaglia non è stata affatto semplice. Sulla somma da versare infatti si era aperto il braccio di ferro al quale ha messo la parola fine la Corte di appello di Genova. Il giudice ha infatti rigettato l’appello che il ministero della difesa aveva presentato contro la sentenza emessa dal Tribunale di La Spezia che lo condannava al versamento di una cifra superiore ai 200 mila euro a titolo di risarcimento ai famigliari, ovvero alla vedova e ai figli del lavoratore.
L’uomo era stato a lungo dipendente dell’Arsenale della Marina Militare della Spezia svolgendo mansioni diverse. Dopo 38 anni di lavoro l’uomo ha iniziato a soffrire di problemi di salute che sono sfociati nella constatazione clinica del mesotelioma che lo ha poi portato al decesso nonostante le cure e terapie alle quali si era sottoposto. Dopo il dolore la vicenda ha lasciato spazio all’azione legale finendo nelle aule del tribunale. Dopo una lunga battaglia processuale la sezione lavoro della Corte di Appello di Genova ha confermato la sentenza di risarcimento a favore della vedova e dei figli dell’uomo scomparso. Confermando così la sentenza di primo grado sono state accolte le ragioni della difesa dei familiari affidate all’avvocato Cosimo Lovelli e respinto le richieste dell’avvocatura dello Stato che per conto del Ministero della Difesa aveva chiesto la riduzione dei risarcimenti. La somma di 200 mila euro era stata ritenuta eccessiva e per questo era stato presentato il ricorso. Ma la Corte di appello di Genova ha deciso che il risarcimento dovrà essere superiore alla cifra di 200 mila euro. Della vicenda si era occupato molto da vicino il sindacato Fnp Cis della Spezia l al quale il pensionato di era rivolto. Il responsabile Antonio Montani, che aveva promosso l’azione legale, ha voluto così esprimere la soddisfazione per l’esito della vicenda.
Militare triestino ucciso dall’amianto, il Tar condanna il ministero della difesa
Il tribunale amministrativo regionale del Fvg ha condannato il ministero a un risarcimento di 600mila euro alla famiglia del militare deceduto a 63 anni per esposizione in Marina
RIESTE – Il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia ha condannato il ministero della Difesa al pagamento di 600 mila euro ai familiari del primo maresciallo triestino luogotenente della Marina Militare, stroncato a soli 63 anni da un mesotelioma pleurico causato dall’esposizione prolungata all’amianto durante il servizio, a titolo di risarcimento per i danni subiti. Il sottufficiale, residente a Trieste, ha servito per 36 anni nelle file della Marina, tra basi a terra e unità navali di vecchia generazione, dal 1966 al 2004. Un servizio fedele, prestato in ambienti contaminati da amianto e altri agenti cancerogeni, spesso senza le adeguate misure di protezione, formazione o sorveglianza sanitaria. La diagnosi di mesotelioma arrivò nel 2008, cinque anni dopo il congedo. Nel 2013, fu riconosciuta la causa di servizio e lo status di “vittima del dovere”, con conseguenti benefici previdenziali a favore della vedova. Ma il percorso legale non si è fermato lì. Con l’assistenza dell’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, la famiglia ha chiesto giustizia piena, portando il caso davanti al Tar che ha stabilito la responsabilità del ministero della Difesa per l’omessa protezione del militare, condannando l’amministrazione a risarcire il danno “iure hereditario”, ovvero trasmesso agli eredi.
Ogr, vittime dell’amianto: è morto Walter Tattini. Si era ammalato 40 anni dopo. “Un fratello”

Walter Tattini (a sinistra) premiato dagli ex colleghi per le sue vignette
Aveva 76 anni, è deceduto a causa del mesotelioma pleurico. La moglie lo accudiva: “Si sentiva tradito da chi sapeva e non ha fatto nulla”. Il dolore degli ex operai delle Officine: “Per i suoi modi gentili era il nostro Principe”
Di lavoro si può morire anche 20 anni dopo essere andati in pensione. Del resto le passioni ti fregano. Lo sapeva bene Walter Tattini, morto qualche giorno fa di mesotelioma pleurico. Il male dell’amianto. Lui con la polvere killer ci aveva lavorato per anni. Ne aveva appena 24 quando dopo un «diplomino» – come lo chiamava lui – da elettromeccanico e un’esperienza da manutentore di ascensori, era entrato alle Officine grandi riparazioni di via Casarini a Bologna. Una città nella città in cui si coibentavano e scoibentavano le carrozze dei treni rivestite di amianto. Per Walter, allora poco più di un “cinno”, come si dice a Bologna, quel lavoro era una specie di sogno. «Era come giocare col trenino, ma a grandezza naturale. Una meraviglia. Ho sempre avuto la passione del treno. E mi ha fregato», raccontava a luglio del 2024 a Lettera43 pochi mesi dopo aver scoperto di essere malato. E pensare che erano trascorsi 20 anni da quando era andato in pensione, nel 2004. Dopo aver visto morire decine di colleghi, uno dopo l’altro, pensava di averla scampata. E invece no. Il male è arrivato e se lo è portato via in un anno.
Secondo gli esperti il picco di decessi sarà toccato nel 2025
Gli esperti sostengono che il picco di questa strage silenziosa che ha già fatto 370 vittime accertate, senza contare Walter, potrebbe essere toccato proprio nel 2025. Era il 1986 quando l’Istituto oncologico di Bologna guidato dal professor Cesare Maltoni denunciava sei casi in città e uno nel Riminese. E ancora oggi la conta drammatica continua. Morti sul lavoro, ma in differita. «Vittime sacrificali», denuncia da sempre Salvatore Fais, ex sindacalista che porta avanti la battaglia per avere giustizia e per la memoria. Anche se il numero reale dei morti da esposizione all’asbesto tra i lavoratori delle Ogr non si conoscerà mai. Molti venivano da altre parti d’Italia e se n’è persa traccia.