Operaio morto per esposizione all’amianto: Rfi condannata a pagare risarcimento da 238 mila euro

L’operaio pavese Francesco Maria Cairo, morto di mesotelioma pleurico, per 32 anni (dal 1969 al 2001), era stato capo tecnico negli stabilimenti di Torino e Milano di Ferrovie dello Stato. Rfi: “Vicenda precedente alla nascita della società”


Il Tribunale di Roma ha condannato Rete Ferroviaria Italiana a risarcire la famiglia dell’operaio pavese Francesco Maria Cairo deceduto a causa di un mesotelioma pleurico, il tumore causato dall’esposizione ad amianto. Per la vedova, Rita Vaghi, e il figlio Roberto, è stato riconosciuto un danno non patrimoniale di 238.814 euro. Lo rende noto l’Osservatorio Nazionale amianto.

L’operaio aveva svolto per 32 anni (dal 1969 al 2001) la mansione di capo tecnico negli stabilimenti di Torino e Milano di Ferrovie dello Stato esposto a polveri e fibre di asbesto. Nel 2019 arriva la diagnosi che lo condurrà alla morte solo tre anni dopo.


Il Tribunale di Roma ha condannato Rete Ferroviaria Italiana a risarcire la famiglia dell’operaio pavese Francesco Maria Cairo deceduto a causa di un mesotelioma pleurico, il tumore causato dall’esposizione ad amianto. Per la vedova, Rita Vaghi, e il figlio Roberto, è stato riconosciuto un danno non patrimoniale di 238.814 euro. Lo rende noto l’Osservatorio Nazionale amianto.

L’operaio aveva svolto per 32 anni (dal 1969 al 2001) la mansione di capo tecnico negli stabilimenti di Torino e Milano di Ferrovie dello Stato esposto a polveri e fibre di asbesto. Nel 2019 arriva la diagnosi che lo condurrà alla morte solo tre anni dopo

Già l’Inail aveva riconosciuto la malattia professionale, decretando l’accredito della rendita sia alla vittima, sia, in seguito al decesso, alla vedova, oltre alle prestazioni del Fondo vittime amianto. Adesso la decisione del tribunale capitolino che rileva che Rete Ferroviaria Italiana è responsabile delle mancate misure protettive per il lavoratore e del mancato controllo del loro effettivo uso.

“Ferrovie dello Stato, pur essendo nelle condizioni di poter apprezzare la nocività dell’amianto ampiamente impiegato nei rotabili ferroviari – recita la sentenza -, non solo hanno omesso di assicurare il corretto impiego dei dispositivi di protezione individuale pur disponibili ma, altresì, hanno pure consentito lo svolgimento di attività a rischio amianto in ambienti comuni interessando quindi anche lavoratori destinati ad attività diverse…”. L’impiego sui rotabili ferroviari è una delle mansioni più a rischio di esposizione a questo terribile cancerogeno, in cui sono stati registrati più casi di mesotelioma, secondo gli ultimi dati forniti dall’Inail sono 696 fino al 2018.

La vicenda oggetto della sentenza risale a periodi ben precedenti al 2001, anno in cui ‘nasce’ Rfi. E da quel momento Rfi, quale Gestore dell’Infrastruttura, non ha mai svolto attivita’ di coibentazione con amianto o decoibentazione di rotabili”, precisa Rfi in una nota in merito alla sentenza.

“L’articolo sulla sentenza che risarcisce i familiari di un ex collega ferroviere, attribuendone il decesso a cause di lavoro – sottolinea Rfi – chiama in causa Rfi soltanto perché, quando dalla vecchia organizzazione (Azienda Autonoma e poi Ente Fs) fu creato, agli inizi del 2000, un Gruppo composto da più società per azioni, si decise che fosse Rfi a conservare legalmente le responsabilità proprie della vecchia ‘azienda’”.