Insegnante morta per l’amianto a scuola, il Ministero dell’Istruzione dovrà pagare 930mila euro
Respinto il ricorso in appello. Olga Mariasofia D’Emilio è morta nel 2017: dieci anni prima aveva iniziato la procedura per il risarcimento danni. La figlia: “Una vergogna”
BOLOGNA – “Mia madre ha avuto quello che ha sempre desiderato quando ha scoperto di avere un mesotelioma, mi diceva sempre che voleva giustizia, e in questi anni ho vissuto sentendo un dovere profondo nei suoi confronti, quello di non mollare”. Parla così Silvana, figlia di Olga Mariasofia d’Emilio, insegnante morta nel 2017 per mesotelioma per l’esposizione all’amianto avvenuta nella scuola media Farini di Bologna. Il ministero dell’Istruzione dovrà versare 930mila euro di risarcimento a favore dei figli; la corte d’Appello ha infatti respinto il ricorso del ministero contro la sentenza di primo grado che aveva stabilito il risarcimento.
D’Emilio ha insegnato alla Farini fra il 1981 e il 1990. All’interno della struttura, spiega l’Osservatorio nazionale amianto, è stata dimostrata la presenza della fibra killer dove, a respirarla, “non c’era solo la docente, ma i suoi colleghi, e anche tantissimi ragazzi”. Consapevole della sua esposizione, l’insegnante aveva ottenuto dall’Inail il riconoscimento di malattia professionale. Nel 2007, poi, aveva iniziato la procedura giudiziaria per ottenere il risarcimento danni ma, solo dopo la sua morte, i figli Silvana ed Andrea, grazie all’Ona e al suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, costituito con l’avvocato Massimiliano Fabiani del Foro di Bologna, hanno vinto la causa contro il ministero per non aver rimosso l’amianto dalla struttura.
Morte operaio Smim, Raffineria esce da giudizio: procura, “per amianto omicidio colposo”
Gela. Ci sarebbero state responsabilità per la morte di un operaio che lavorò alle dipendenze dell’azienda Smim. Per anni, la società svolse attività sul territorio e nell’indotto di Eni. L’accusa di omicidio colposo è mossa all’ex proprietario, Giancarlo Barbieri. Secondo la procura e gli investigatori, non vennero adottate le misure necessarie per evitare l’esposizione del lavoratore alle fibre di amianto. Morì per le conseguenze di una grave patologia, secondo l’accusa legata all’incidenza delle polveri pericolose. Questa mattina, davanti al giudice Miriam D’Amore, è stato aperto il dibattimento. Preliminarmente, il legale di Raffineria Eni, l’avvocato Carlo Autru Ryolo, ha chiesto l’estromissione dell’azienda, chiamata in giudizio come responsabile civile, visto che Smim per un lungo lasso di tempo si è mossa negli appalti del sito industriale della multinazionale. Secondo il legale, non ci sarebbero collegamenti tra la vicenda del lavoratore poi morto e il ruolo di Raffineria. Il giudice ha accolto, estromettendo la società “per carenza di legittimazione passiva”.