Amianto :Sentenze

Malattie da amianto, banca condannata a risarcire un dipendente

Il lavoratore, che a 44 anni aveva contratto un mesotelioma, indennizzato con 200mila euro per aver lavorato a lungo esposto al materiale nocivo

La Corte d’Appello di Roma ha confermato la condanna nei confronti dell’Inail ad indennizzare il danno da mesotelioma pleurico subito da un uomo di 44 anni, dipendente di Banca San Paolo presso la filiale di Roma Eur, che riceverà 200mila euro di arretrati più una rendita per il resto della vita. L’ente aveva impugnato la sentenza di primo grado, negando che l’amianto potesse essere responsabile dell’insorgenza della malattia. La filiale, come sostenuto in tribunale dai legali del dipendente, era però costituita da una costruzione in amianto, bonificata solo nel 2007. 

L’impiegato ha svolto servizio dal 2000 per 14 anni presso la filiale San Paolo in Viale dell’Arte e ha respirato le fibre di amianto spruzzato anche nelle travi del soffitto” – spiega Ezio Bonanni, avvocato e presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, che sottolinea – “solo dopo molti anni dall’inizio dell’attività l’amianto venne bonificato. La prova che ho reso al giudice sulla tardività dell’intervento si è rilevata decisiva, come confermato dalla Corte d’Appello. Dopo questa condanna dell’Inail inizieremo la causa contro la Banca Intesa San Paolo per il risarcimento dei danni differenziali. Purtroppo tra i dipendenti bancari vi è un’alta incidenza di casi di mesotelioma”.

Nuova sconfitta giudiziaria per i lavoratori esposti ad amianto

La Corte di Cassazione mette la parola fine alle richieste di giustizia dei lavoratori esposti ad amianto. A vederla così è l’Ona, Osservatorio nazionale amianto, che commenta la sentenza del Palazzaccio: “l paradosso è che adesso l’INPS chiede indietro ai lavoratori le somme ricevute in questi anni”

Arriva un’altra sconfitta giudiziaria per i lavoratori esposti ad amianto. Gli operai delle industrie meccaniche siciliane che in passato sono stati a stretto contatto con l’asbesto saranno costretti a rimborsare l’Inps delle somme percepite in questi anni. La Corte di Cassazione ha infatti rigettato le richieste dei lavoratori e messo la parola fine ad una vicenda giudiziaria molto lunga. I motivi della sentenza sarebbero “Cavilli, tra i tanti, con i quali si vanifica il dato concreto, costituito dalla prova dell’elevata esposizione ad amianto, senza cautele”, afferma a caldo di Ezio Bonanni, legale dei lavoratori e presidente dell’Ona, l’Osservatorio nazionale amianto.

Una lunga storia processuale

Le tre fasi della vicenda giudiziaria si sono svolte in questo modo. In primo grado gli accertamenti avevano confermato l’elevata esposizione degli operai alla fibra killer, i quali avevano ottenuto il prepensionamento dall’Inps. Poi in Appello la Corte di Catania aveva ribaltato l’esito della prima sentenza, dando ragione all’Istituto nazionale della previdenza sociale. Per tutta risposta l’Ona, l’Osservatorio nazionale amianto, aveva presentato ricorso a questa sentenza. Ricorso che è stato però rigettato dalla Corte di Cassazione. Ciò mette la parola fine alle richieste di giustizia dei lavoratori esposti ad amianto. “Sono talmente amareggiato che non riesco a esprimerlo a parole, abbiamo subito un danno enorme, è un verdetto che non può essere accettato” ha infatti dichiarato Calogero Vicario, responsabile dell’Ona Sicilia.

La lotta con i polmoni pieni d’amianto

“Pensavamo che i giudici avessero umanità, mentre per un cavillo si mette in discussione il rischio di esposizione all’amianto per i lavoratori” spiega il responsabile dell’Ona Sicilia, che prosegue: “Sono amareggiato perché dal 2008 ci battiamo per i diritti dei lavoratori siciliani e per far emergere la problematica dell’amianto in Sicilia”. Come si legge dalla nota dell’Ona Calogero Vicario è uno dei più “battaglieri” degli aventi diritto ai risarcimenti, e ha spostato la causa in tutto e per tutto. “Sin dalla sentenza dall’Appello abbiamo fatto lo sciopero della fame per 100 giorni. Io stesso per protesta mi sono fatto crescere la barba per 1030 giorni e sono stato preso di petto dalle istituzioni” dichiara. Il responsabile di Ona Sicilia si dimostra anche particolarmente preoccupato per le conseguenze della sentenza della Corte di Cassazione: “Il paradosso è che adesso l’INPS ci chiede indietro le somme ricevute in questi anni. Io ho i polmoni pieni di amianto e ho pagato il prezzo più alto. Adesso servono iniziative per aiutare i lavoratori che coinvolgano la politica e per contrastare l’Inps“.

Tanti casi malattie asbesto correlate tra i lavoratori siciliani

L’Ona, nonostante la sentenza, esprime la volontà di proseguire la sua lotta contro l’amianto nelle aule dei tribunali e nelle fabbriche. Tra l’altro la regione Sicilia si dimostra tutt’altro che immune da questi problemi. Infatti è particolarmente elevato il numero di casi di malattie asbesto correlate, tra i quali mesoteliomi, tumori polmonari e asbestosi. Il settimo rapporto ReNaM dell’Inail riporta 1810 casi solo di mesotelioma dal 1992 al 2018il 5,7 per cento del totale in Italia.