IL CASO
Genova, ex saldatore morto per un mesotelioma. La sentenza: “Respirò amianto, Fincantieri paghi”
Azienda condannata a risarcire la moglie e due figlie dell’operaio. L’uomo, mancato a 80 anni, era un ex culturista non fumatore
Genova – La Fincantieri dovrà risarcire complessivamente quasi 740mila euro alla moglie e alle due figlie dell’ex operaio. Morto a 80 anni a causa di un mesotelioma provocato dal contatto prolungato con le fibre d’amianto, avvenuto negli anni in cui l’uomo era in servizio presso il polo produttivo sestrese. Lo ha stabilito la giudice della sezione lavoro del tribunale di Genova Maria Ida Scotto. Una decisione frutto anche dell’impegno dei famigliari e dei loro legali, che hanno rintracciato alcuni colleghi di un tempo dell’uomo, ancora in vita, portando in tribunale le loro testimonianze. La giudice ha anche posto a carico dell’azienda le spese legali, per un ammontare, compreso il risarcimento, che si avvicina agli 800mila euro. Fincantieri ora dovrà decidere se impugnare o meno la sentenza, emessa lo scorso 7 dicembre. Le cui motivazioni saranno pubblicate entro 60 giorni da quella data. La storia lavorativa all’interno di Fincantieri dell’ottantenne, residente a Molassana e deceduto nel 2019, era iniziata nel 1956.
Per concludersi con il pensionamento nel 1992. Una carriera che lo aveva visto impegnarsi a fondo e guadagnare diverse promozioni. Prima saldatore, poi tracciatore, cioè incaricato di misurare e marcare su una lamiera le linee lungo le quali vengono effettuati i tagli. E ancora capo tracciatore e infine capo reparto. Trentasei anni di lavoro. Non fumatore e sportivo, aveva praticato a lungo il culturismo. Dopo una serie di avvisaglie, l’uomo era stato sottoposto a diversi esami che avevano portato nel luglio del 2018 alla diagnosi di mesotelioma. Nel dicembre dell’anno successivo, dopo mesi di tentativi di cura e sofferenza, era morto.
Affiancate dagli avvocati Antonella Piccini e Stefano Suppa, la moglie e le due figlie dell’ottantenne avevano intrapreso una causa per vedere riconosciuto un risarcimento. E messa nero su bianco la responsabilità del datore di lavoro dell’ex operaio. Che non lo aveva messo al riparo dai danni che l’inalazione delle fibre di amianto gli avrebbero provocato nei suoi anni in Fincantieri. Una battaglia non semplice. Intanto per il tempo trascorso fra il periodo lavorativo e la scoperta della malattia. Per questo è servito un importante lavoro di recupero della documentazione e di ricerca di possibili testimoni. Altri lavoratori dell’epoca. Alcuni, come detto, sono stati rintracciati e portati in udienza come testimoni.
Poi la perizia del medico legale incaricato dal tribunale. Secondo il quale nessun mezzo dell’epoca avrebbe potuto prevenire la patologia. I legali della famiglia, però, hanno citato una sentenza della Corte di Cassazione, sezione lavoro, dello scorso gennaio. Secondo la quale il datore di lavoro, quando viene a conoscenza della nocività di un’operazione legata all’amianto, deve prendere ogni provvedimento per evitare l’esposizione. Arrivando a modificare l’attività produttiva. Ecco, secondo i legali, se è vero che l’amianto è stato messo fuori legge da una norma del 1992, già nel 1956 un’altra legge imponeva di annullare o comunque ridurre la diffusione di polveri, installando sistemi di aspirazione o trasferire quelle attività in luoghi chiusi. In alternativa, inumidire i pezzi da lavorare. Anche alcuni studi dell’inizio del ’900 mettevano in guardia dall’esporre alle polveri di amianto donne e bambini. Insomma, per i due avvocati Fincantieri non poteva non sapere quanto quel materiale fosse pericoloso. E avrebbe dovuto prendere provvedimenti per garantire la sicurezza dei propri lavoratori. La giudice ha stabilito un risarcimento che riguarda il decesso stesso dell’ottantenne e l’indennizzo alla moglie e alle figlie. Per un totale di 738.676,50 euro.