Amianto : Sentenze

Amianto nelle Ferrovie, condannato l’Inail

Riconosciuta la malattia professionale di un dipendente deceduto per un mesotelioma pleurico

Il Tribunale di Taranto ha condannato l’INAIL al riconoscimento della malattia professionale di un dipendente delle Ferrovie deceduto per un mesotelioma pleurico, causato dall’esposizione all’amianto durante il suo impiego presso le Ferrovie dello Stato (oggi RFI S.p.A.). L’uomo, nato e residente a Taranto, ha lavorato nelle Ferrovie per 35 anni come operaio manutentore. Durante questo lungo periodo è stato esposto quotidianamente all’asbesto senza adeguati dispositivi di protezione.

Prima dell’introduzione della Legge 257/92 il minerale era ampiamente utilizzato per diverse applicazioni, in particolare veniva impiegato per rivestire tubazioni, isolare sistemi termici e acustici, nelle guarnizioni e componenti dei freni. Nel luglio 2019 l’uomo ha ricevuto la diagnosi di mesotelioma pleurico, una grave forma di cancro causata dall’inalazione di fibre di amianto, e nel 2020 ha presentato domanda all’INAIL per il riconoscimento della malattia professionale che viene respinta. Nel 2021 il suo legale, l’avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, ha presentato ricorso producendo le prove dell’esposizione alla fibra killer e le perizie del consulente tecnico d’ufficio (CTU). Nel corso del giudizio che gli darà ragione, purtroppo, l’uomo muore, aveva 73 anni. La condanna dell’INAIL sancisce il riconoscimento professionale della malattia che darà diritto alla richiesta del risarcimento del danno a parte del legale della famiglia, avv. Ezio Bonanni, Presidente Osservatorio Nazionale Amianto, che ha già spiccato l’atto della messa in mora, per gli importi di 500mila euro prima di tutto per il danno subito dall’uomo, e di circa ulteriori 400mila per ognuno dei due figli orfani, ai quali si aggiunge anche il nipote, orfano di una delle figlie, adottato dallo zio per il quale è stato richiesto un ulteriore importo di 400mila euro.

Un brutto processo contro l’INAIL: lavoratore morto per “asbestosi da amianto”. Si ammalò per sfortuna?

Riprende proprio oggi a Siracusa il processo, in prima udienza con la costituzione dell’erede, iniziato a marzo del 2023 contro l’Inail che si rifiuta di riconoscere la malattia professionale, con diagnosi di asbestosi da amianto, richiesta da Gioacchino Schembri che nel frattempo è deceduto. 

A portare avanti la controversia è rimasta però la moglie, Franca Puleo, con l’aiuto dell’avvocato Salvatore Costa che ritiene questa una battaglia di civiltà. 

“Abbiamo saputo della malattia di mio marito nel 2019, ma lui stava male già da prima, ha cominciato a lamentare difficoltà respiratorie nel periodo in cui si è sposata mia figlia, quindi, nel 2010 – ha raccontato Franca Puleo – ma inizialmente non abbiamo dato peso a questi malesseri, pensavamo fossero normali raffreddori e bronchiti. Ad un certo punto, però, la sua condizione di salute si è aggravata per cui abbiamo deciso di fare degli accertamenti”.

La prima visita il signor Schembri la fa all’IRCSS di Pavia in cui viene immediatamente diagnosticata l’asbestosi da aminato, per cui viene rimandato in Sicilia presso il “Centro di riferimento regionale per la cura e la diagnosi di patologie derivate da aminato” dell’Asp di Siracusa, che conferma la diagnosi il 5 luglio 2019. 

Nel referto l’istituto sanitario regionale scrive: “Il soggetto ha avuto accesso a questo ambulatorio per dispnea da sforzo…appare abbastanza limitato nello svolgimento delle normali mansioni quotidiane a causa della dispnea che insorge durante il cammino per sforzi minimi”. 

La diagnosi definitiva è “asbestosi conclamata ed ispessimenti pleurici bilaterali in soggetto con esposizione nota ad amianto, insufficienza respiratoria latente”. 

A questo punto, il signor Schembri presenta la richiesta all’Inail per il riconoscimento della malattia professionale, infatti è stato dipendente della Montedison dal 1973 al 2007. 

Fino al 1986 ha lavorato nello stabilimento di San Giuseppe di Cairo (Savona) come addetto alla distribuzione, con mansioni di controllo carico e scarico delle merci (attività che svolgeva direttamente presso i capannoni di stoccaggio coibentati con amianto). 

Poi fino al 2007 ha lavorato presso il Polo industriale di Priolo Gargallo, all’interno di strutture ad altissima concentrazione di amianto, bonificate purtroppo ben oltre l’inizio del trasferimento. 

“Mio marito occupava una posizione amministrativa, ma sempre all’interno di stabili in cui si lavora l’amianto – ha precisato ancora la signora Puleo – A Priolo mi è capitato di attenderlo fuori e c’è sempre stato un pessimo odore, nauseabondo. Mi chiedevo come facesse mio marito a stare tutto il giorno li dentro con quella puzza e dal pavimento uscivano dei fumi”.

Di fatto, l’Inail rigetta la domanda, inizialmente per “carenza di documentazione”, quindi Schembri presenta ricorso chiedendo di essere sottoposto a CTU medico legale al fine di accertare la natura professionale delle lesioni riportate ed in particolare il nesso causale dell’asbestosi con la malattia professionale, ma l’Inail si oppone perché ritiene il CTU medico legale un esame “meramente esplorativo”e ritenendo che gli accertamenti strumentali esibiti non avrebbero messo in evidenza la presenza “di franche placche pleuriche”. 

Secondo l’Inail, dunque, non vi sarebbero elementi idonei a documentare il rischio lavorativo, avendo svolto attività a carattere amministrativo. 

Gioacchino Schembri a questo punto presenta denuncia contro l’Inail il 1° agosto 2022, ma nel frattempo muore. 

“L’Inail non vuole riconoscere la malattia professionale al signor Schembri perché era un amministrativo e non toccava l’amianto, ma è già stato comprovato anche in sede giudiziaria che l’asbestosi può insorgere anche essendo soltanto esposti e respirandolo, non per forza bisogna toccarlo per ammalarsi” ha sottolineato l’avvocato Costa. 

“Mio marito è deceduto il 1 novembre 2023 mentre faceva una videochiamata con mia figlia, che ha visto morire suo padre in diretta. Io ho chiamato subito l’ambulanza ma non c’è stato nulla da fare – racconta ancora Franca Puleo- Adesso sono io che sto portando avanti la battaglia di mio marito e lo faccio non per i soldi, ma per una questione di principio. Lui ci teneva tantissimo che fosse riconosciuto il suo danno, per se stesso e per gli altri, dunque io lotterò per questo”. 

Adesso la parola al Tribunale di Siracusa. 

Sonia Sabatino