Morta di tumore perché abbracciava il papà con la tuta sporca di amianto dopo il lavoro
La corte d’Appello di Venezia ha riconosciuto il nesso di casualità tra il lavoro del papà e il decesso della donna, condannando l’azienda in cui lavorava l’uomo a risarcire i parenti per quasi 700 mila euro.
Una donna di 58 anni di Venezia, che per gran parte della sua vita ha lavorato come casalinga, è morta di mesotelioma pleurico, malattia contratta nonostante non avesse mai lavorato a diretto contatto con l’amianto, principale causa della patologia.
La donna ha contratto la grave malattia polmonare, costantemente associata all’eternit, abbracciando – quando era ancora una bambina – il padre che tornava dal lavoro e poi, cresciuta, aiutando la madre e la sorella a fare il bucato, quindi andando a lavare anche le tute da operaio coperte di fibre tossiche.
A sei anni dalla morte della 58enne, riformando una sentenza contraria in primo grado, la quarta sezione civile della corte d’Appello di Venezia ha riconosciuto il nesso di casualità tra il lavoro del genitore e il decesso della donna, condannando l ‘azienda in cui lavorava il papà a risarcire i parenti per quasi 700 mila euro. I giudici hanno infatti concordato con la tesi dei legali della famiglia, gli avvocati Enrico e Livia Cornelio, riconoscendo nell’esposizione all’amianto l’unica possibile ragione per la malattia e nel contatto quotidiano con il padre l’unica forma di contaminazione mai avuta dalla donna.