Amianto : Sentenze

Operaio per 20 anni lavora in mezzo all’amianto. Dopo la morte, Enel condannata a pagare 1 milione

La Corte d’Appello di Firenze ha disposto un maxi risarcimento a favore dei familiari della vittima, deceduta a Pisa all’età di 77 anni

Per vent’anni un operaio manutentore elettrico ha lavorato in un impianto in cui era presente dell’amianto. A causa dell’esposizione frequente, senza le necessarie protezioni, ha alla fine contratto un mesotelioma. E all’età di 77 anni è deceduto a Pisa.

Firenze, 20 febbraio 2025 – La Corte d’Appello di Firenze ha confermato la sentenza di primo grado che condanna l’Enel al risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari di R.C., operaio manutentore elettrico, per l’esposizione elevata e non cautelata a fibre e polveri di amianto che ne ha causato il decesso per mesotelioma Pisa all’età di 77 anni, e la violazione degli obblighi relativi alla sicurezza sul lavoro.

Il lavoratore deceduto è stato esposto alla fibra killer per 20 anni nelle centrali riunite Marzocco, a Livorno, dove, nel reparto elettrico, c’erano le turbine coibentate con amianto.

In primo grado i testimoni hanno dichiarato che “il materiale tendeva a sbriciolarsi”, che nessuno dei lavoratori indossava mascherine protettive, e che non esisteva un impianto di aereazione né aspiratori. Esprime soddisfazione l’avvocato Ezio Bonanni, difensore dei familiari della vittima e presidente Osservatorio nazionale Amianto, che dichiara: “Ancora una volta l’Enel viene condannata per le morti di amianto. E’ incomprensibile perché si ostini a non risarcire direttamente le vittime e le famiglie che, non solo patiscono la malattia, ma in tanti casi, purtroppo, anche la morte di un loro congiunto. Anche se la legge prevede per loro un giusto risarcimento per le pene sofferte, per ottenerlo sono ancora necessari lunghi ed estenuanti procedimenti giudiziari”.

Processo Eternit bis, la perizia: “Ogni esposizione all’amianto accelera la malattia”

È emerso dalla relazione del consulente della Procura nel processo d’appello per le vittime di Casale Monferrato. Imputato l’ex patron svizzero dell’Eternit, Schimdheiny. “Senza amianto 60 casi di tumore all’anno invece di 1.400”

Il consulente della Procura generale lo chiama “effetto acceleratore”. Tradotto: l’esposizione prolungata all’amianto accelera l’evoluzione del mesotelioma. Non vale solo il primo contatto, dunque: più si è respirato asbesto, prima si muore. Lo ha spiegato il professor Corrado Magnani nell’udienza del 17 febbraio del processo Eternit bis, citando nello specifico uno studio epidemiologico innovativo pubblicato nel 2022 e condotto su 50mila ex lavoratori di aziende italiane in cui si usava amianto, tra cui proprio l’Eternit di Casale Monferrato. “I lavoratori del cemento amianto in Italia – ha concluso l’esperto – morivano con anticipazione se erano stati maggiormente esposti” alle fibre cancerogene. 

Contano, insomma, tutti i periodi di esposizione all’amianto. Una tesi che supporta le accuse mosse dalla Procura all’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, per dieci anni – dal ’76 all’86 – responsabile dell’Eternit di Casale, imputato in appello per l’omicidio volontario con dolo eventuale di 392 lavoratori e residenti. In primo grado era stato condannato a 12 anni per omicidio colposo. “Se siamo in due ad avvelenare un terzo, non siamo tutti e due innocenti. Piuttosto, abbiamo concorso tutti e due ad avvelenare e far morire migliaia di persone”, ha commentato Bruno Pesce, cofondatore di Afeva, l’Associazione dei familiari delle vittime dell’amianto, parte civile nel procedimento.

La sentenza è prevista per il 19 marzo, molto attesa dalla comunità di Casale Monferrato, dove la gente continua ad ammalarsi e morire. “Ormai di lavoratori non ce ne sono più – ha spiegato Giuliana Busto, presidente dell’Associazione familiari vittime amianto – si tratta di persone di Casale, di normali residenti, che hanno avuto qualche contatto con l’amianto”.

Un altro dato fornito dal professor Magnani è quello sulla correlazione comprovata tra esposizione all’amianto e insorgenza del tumore polmonare. “Senza esposizione all’amianto l’Italia conterebbe 60 casi all’anno di mesotelioma, invece sono 1.400 – ha detto il consulente – e sono tutti casi in cui la morte è anticipata per la malattia causata dall’esposizione”. Gli studi epidemiologici stimano infine che il numero di anni di vita persi da chi si ammala di mesotelioma siano nell’ordine dei 15-20 anni.