Cosenza, morto dopo aver respirato amianto per anni: FdC condannata a risarcimento milionario
Il dipendente ha lavorato per anni con l’eternit sviluppando poi una neoplasia fatale. Il Tribunale di Cosenza ha disposto un risarcimento di migliaia di euro
COSENZA – Una stangata contro Ferrovie della Calabria. In questo caso specifico si tratta di un’udienza storica per la società condannata dal Tribunale di Cosenza a risarcire con una cifra milionaria agli eredi di un lavoratore deceduto per mesotelioma pleurico.
La vicenda
L’uomo, morto a 75anni dopo un lungo calvario, aveva lavorato per 28 anni di fila, in Ferrovie della Calabria. L’uomo aveva già ricevuto in vita dall’Inail l’indennizzo per malattia professionale dovuta all’esposizione all’amianto. I familiari dell’uomo: la moglie e i 3 figli hanno intrapreso, con gli avvocati Runco e Coschignano, una lunga battaglia legale contro l’azienda calabrese per ottenere il riconoscimento poiché certi che la causa del tumore e poi della morte fosse stata provocata dalla lunga e continuata esposizione all’amianto sul luogo di lavoro.
Il giudice della sezione Lavoro ha riconosciuto, nella sentenza del 2 dicembre scorso, il nesso di causalità tra la malattia seguita poi dal decesso e l’attività svolta dall’ex dipendente. Gli avvocati Patrizia Coschignao ed Elena Runco hanno dimostrato che l’uomo non era mai stato informato sulla letalità dell’amianto e non era mai stato dotato di adeguati dispositivi di protezione e che pertanto il datore di lavoro aveva agito in violazione di tutte le norme a tutela della salute dei lavoratori.
Inoltre sempre secondo la ricostruzione effettuata dai legali, l’operaio tornava a casa con i vestiti di lavoro impregnati di polveri di amianto ignaro che le stesse potessero costituire un grave rischio anche per la salute dei familiari.
Amianto, tribunale di Napoli condanna Telecom a risarcire famiglia dipendente
Il Tribunale di Napoli ha condannato Telecom Italia (ex Sip) al pagamento di 146.910 come risarcimento degli eredi di un dipendente morto il 12 agosto 2021 a 57 anni per un mesotelioma pleurico maligno lasciando moglie e due figli di 30 e 32 anni. Il professionista, A. R., avvocato di Napoli, ha lavorato per dieci anni, tra il 1970 e il 1980, nell’ufficio legale della Direzione regionale Campania Basilicata che si trovava a Palazzo Sip, sede dell’azienda della città partenopea, in via Arenaccia. Gli eredi si erano rivolti all’Osservatorio Nazionale Amianto e al suo presidente, avv. Ezio Bonanni, che ha dimostrato la presenza della fibra killer grazie alla relazione di alcuni lavori di demolizione e bonifica effettuati nel 2007. In quel contesto era stata rilevata la presenza di amianto utilizzato per la coibentazione “tale da superare di gran lunga i limiti di tolleranza previsti dalla legge per l’esposizione“. Non solo, durante il processo un collega della vittima ha testimoniato che “c’era amianto nelle pareti dell’intero edificio“, che è poi stato risanato solo molti anni più tardi, precisando che la vittima “non aveva alcun tipo di dispositivo di protezione individuale“. Inoltre non sarebbe stata posta in essere alcuna attività di informazione preventiva e di vigilanza, e i dipendenti non sono mai stati sottoposti a controlli medici che avrebbero potuto prevenire la comparsa della patologia o comunque garantire una tempestiva diagnosi.