Tutti gli articoli di Maurizio Barsella

26 Maggio 2022

Cade da tettoia capannone durante lavori, morto 23enne

A Monsampolo del Tronto, Procura Ascoli apre inchiesta

 Un ragazzo di 23 anni, Simone Ferri, è morto oggi pomeriggio a seguito di un’incidente sul lavoro avvenuto a Monsampolo del Tronto (Ascoli Piceno) all’interno dello stabilimento di un’azienda che si occupa di profilati di alluminio.


    Secondo una prima ricostruzione, il giovane, residente a Castel di Lama (Ascoli Piceno), stava effettuando un intervento di manutenzione sulla tettoria di un capannone, ad alcuni metri d’altezza; improvvisamente ha perso l’equilibrio ed è precipitato battendo pesantemente a terra.


    Sul posto sono giunti in breve i sanitari del 118 che non sono però riusciti a salvargli la vita. Il 23enne è morto praticamente sul colpo. La Procura di Ascoli Piceno ha aperto un’inchiesta per stabilire se ci sono responsabilità sull’incidente sul lavoro costato la vita al giovane operaio ascolano. (ANSA).

Amianto e Tribunali

Taranto, operaio muore di tumore per l’esposizione all’amianto: eredi risarciti con 167mila euro

Il giudice del lavoro del Tribunale di Taranto Maria Leone ha riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale per l’importo di 167mila 565,74 euro agli eredi – la moglie e i due figli – di un operaio dipendente di un’azienda (la Chiome srl), operante nell’indotto dell’Arsenale militare, morto per carcinoma polmonare dopo tre anni dalla diagnosi.

Il lavoratore avrebbe contratto la patologia a causa dell’esposizione ad amianto durante la sua attività di carpentiere saldatore elettrico svolta prevalentemente nell’Arsenale di Taranto, dove si occupava di lavori di manutenzione, riparazione e revisione di macchinari a bordo di navi militari.

La somma dovrà essere corrisposta dal ministero della Difesa e dalla Chiome srl. I familiari dell’operaio, che si erano rivolti all’Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi), sono stati assistiti in giudizio dagli avvocati Maria Luigia Tritto e Cataldo Tarricone

Monfalcone, restano 3 imputati a processo per le morti da amianto in cantiere

A rispondere di omicidio colposo il dirigente Italcantieri Zappi, Schivi e Roxbj dell’ex ditta d’appalto Devidson: 37 le parti offese rispetto alle originarie 48

22 MAGGIO 2022

MONFALCONE Su 48 parti offese, lavoratori deceduti, ne sono rimaste 37 nell’ambito del processo amianto 5. Per undici (tra cui quattro donne che lavavano le tute dei mariti) è intervenuta l’estinzione del reato in virtù della morte degli imputati. L’ultimo, lo scorso anno a 99 anni, l’ex dirigente di Italcantieri Giorgio Tupini.

Nel procedimento a questo punto sono tre a rispondere di omicidio colposo, Antonio Zappi, sempre ex dirigente, e Roberto Schivi, allora capo del personale, nonché Rhode Ronald Roxbj, ex titolare dell’impresa appaltatrice Devidson.

Vittime del dovere: spetta all’erede l’assegno mensile pari a 500 euro

Con sentenza Sezione Lavoro n. 12749, pubblicata in data 21 aprile 2022, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del Ministero della Difesa avverso al riconoscimento dell’assegno mensile, pari a 500 euro, in favore della vedova e dei figli di un dipendente, equiparato a vittima del dovere, deceduto per mesotelioma pleurico.

L’uomo era stato esposto ad amianto pluriennale a bordo delle unità navali della Marina Militare.

La Corte di Appello di Genova aveva confermato, nel 2016, la sentenza del Tribunale che aveva provveduto al riconoscimento della liquidazione ai familiari dell’assegno (ex articolo 2 legge 407/1998) e della relativa perequazione (ex articolo 11 del Decreto Legge 503 del 1992), nella misura prevista dall’articolo 1 comma 238 e 350 del 2003, pari a 500 euro (corrisposto invece dal Ministero alla famiglia con l’importo originario di 250 euro).

Il ricorso del Ministero della Difesa

Il Ministero della Difesa è ricorso in Cassazione avverso alla sentenza della Corte d’Appello di Genova con una sola motivazione:

[…] per avere la corte territoriale trascurato che l’adeguamento dell’assegno poteva esser fatta nei limiti di spesa previsti dalla norma e dunque l’estensione alle vittime del dovere poteva avvenire anche progressivamente, e dunque per importo inferiore a quello previsto dal dpr del 2006 (violazione dell’articolo 1 comma 562- 565 della legge 266 del 2005 e 4 DPR 234 del 2006).

La Cassazione rigetta il ricorso: motivazione infondata

La Cassazione ha giudicato infondato il motivo di ricorso presentato dal Ministero della Difesa, e riconosciuto il diritto dei familiari del lavoratore all’assegno vitalizio mensile pari a 500 euro.

Queste le motivazioni:

  • La disciplina di attuazione dell’articolo 1, comma 565, non aveva infatti il potere di modificare quantitativamente l’emolumento (previsto dalla legge 350 del 2003). Per la modifica infatti occorreva un’espressa previsione, considerata inoltre la necessità di parità di trattamento tra i diversi soggetti tutelati già valutata dal legislatore, che ha previsto l’estensione del beneficio alle vittime del dovere.
  • Il limite di spesa concernente l’estensione dell’emolumento assumerebbe rilievo solo su un piano auto-compensativo:  una volta raggiunto il limite annuale, infatti, l’emolumento graverebbe sulla graduatoria dell’anno successivorestando escluso che l’assistenza venga del tutto meno.
  • Secondo una consolidata giurisprudenza infine, ribadita dalla stessa Corte a Sezioni Unite,
    l’ammontare dell’assegno vitalizio mensile previsto in favore delle vittime del dovere e dei soggetti ad esse equiparati è uguale a quello dell’analogo assegno attribuibile alle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, essendo la legislazione primaria in materia permeata da un simile intento perequativo ed essendo tale conclusione l’unica conforme al principio di razionalità-equità d cui all’art. 3 della Costituzione […].

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23 Maggio 2022

Venezia, incidente sul lavoro al porto: operaio muore a 34 anni

Alessandro Zabeo stava operando all’interno di una nave a Porto Marghera al terminal container 

Venezia, 23 maggio 2022 – Incidente sul lavoro, questa mattina 23 maggio, a Porto Marghera (Venezia) all’interno di una nave nel terminal gestito da Vecon. Un addetto al rizzaggio è caduto da un castelletto di circa tre metri, battendo la testa e finendo in coma. 

In serata è arrivata la notizia della sua morte. Lo hanno reso noto i sindacati portuali veneziani. L’uomo, Alessandro Zabeo, 34 anni, era addetto al rizzaggio dei container. Ricoverato in coma all’ospedale All’Angelo di Mestre, l’uomo è deceduto in serata. I sindacati hanno annunciato un presidio per domani alle 6 davanti alla sede della Nuova Compagnia Lavoratori Portuali.

20 Maggio 2022

MERANO

Diciassettenne ustionato, l’unione degli studenti annuncia mobilitazioni

Quello di Merano è il terzo incidente grave del 2022 durante l’alternanza scuola-lavoro

L’intervento dei vigili del fuoco di Merano nell’officina dov’è rimasto ustionato un 17enne dell’alternanza scuola lavoro (20 maggio 2022)

Dopo l’incidente che ha coinvolto un ragazzo di 17 anni in una carrozzeria a Merano, intervengono sia il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, sia l’unione degli studenti. Il diciassettenne è rimasto ustionato venerdì 20 maggio durante l’alternanza scuola-lavoro a causa di un ritorno di fiamma.

“Stiamo firmando un accordo ulteriore con il ministero del Lavoro: devono valere le regole di sicurezza sul lavoro per tutti – ha detto Bianchi durante l’evento Didacta in corso a Firenze -. Non dimentichiamo che questo è il Paese che ha il più alto indice di morti sul lavoro, non solo per i ragazzi. Quando succede per un ragazzo si deve mettere in evidenza che questo non è possibile per nessuno”.

Infortunio sul lavoro a Imola, operaio muore schiacciato da un camion

La vittima aveva 43 anni e stava operando in via Selice. Trasportato in ospedale è deceduto in seguito alle ferite riportate

Imola, 20 maggio 2022 – Tragedia nel pomeriggio imolese: incidente mortale sul lavoro lungo via Selice. La vittima è un uomo di 43 anni, deceduto in seguito alle gravi ferite riportate, da quanto si apprende, dopo essere rimasto schiacciato da un camion, mentre lavorava in una ditta di trasporti sulla via Selice.

Finisce in mare con l’auto mentre lavora: muore un uomo all’aeroporto di Genova

All’una di questa notte, durante un’ispezione di routine della pista di volo

Finisce in mare con l'auto mentre lavora: muore un uomo all'aeroporto di GenovaAnsaAeroporto di GenovaCondividi

Incidente sul lavoro all’aeroporto di Genova: all’una di questa notte, durante un’ispezione di routine della pista di volo, un’auto di servizio con a bordo un operatore è caduta in mare, in corrispondenza dell’estremità ovest del sedime. Il dipendente di Aeroporto di Genova alla guida del veicolo è morto. Al momento non è possibile fare ipotesi sulle cause dell’incidente, spiega la scalo. 

I sommozzatori dei Carabinieri e dei vigili del fuoco, con la collaborazione della Capitaneria, hanno provveduto alla localizzazione del mezzo e al recupero del corpo. L’aeroporto ha ripreso la normale operatività al completamento delle operazioni di gestione dell’emergenza. 

“Aeroporto di Genova collabora con le autorità preposte per l’accertamento delle cause del tragico evento. I nostri primi pensieri – sottolineano i vertici dello scalo – vanno ai familiari e ai cari del nostro collega così inspiegabilmente e tragicamente scomparso”.

Morti di amianto

Venezia, morti di amianto: udienze a rilento (la prossima nel 2023). Ma l’imputato ha 92 anni

Tre operai morti di tumore: in aula solo tre volte in un anno e mezzo. Il legale: anticiparle. Parenti delle vittime e imputato hanno diritto a sapere l’esito

La prima udienza dibattimentale si è tenuta il 27 ottobre scorso. La seconda l’altro ieri. La prossima sarà il 29 marzo 2023, per un totale di tre udienze in un anno e mezzo. E questo per un processo in cui i fatti contestati – ovvero la morte di tre operai dell’ex Breda (poi Fincantieri) – risalgono al 2011 e 2012 e dunque sono anche vicini alla prescrizione. Inoltre, last but not least, l’imputato ha 92 anni. Troppo anche per un decano degli avvocati come Elio Zaffalon, che ne ha viste tante nelle aule giudiziarie, ma questa volta non si è trattenuto e ha scritto una lettera al presidente della sezione penale del tribunale di Venezia Stefano Manduzio. «Chiedo che lei voglia autorizzare la giudice a fissare, annullata l’udienza del 29 marzo 2023, tre udienze straordinarie due istruttorie e una per discussione, dislocate nell’ambito di un anno – è scritto nella missiva – onde poter definire il processo entro la metà del 2023 (a 11-12 anni dai fatti)». Tra l’altro il legale aveva già sollecitato tre volte il giudice ad accelerare i tempi, ma la risposta è stata che tutte le udienze da qui a marzo sono occupate da processi di «codice rosso», ovvero quei reati di violenza su donne e famigliari.

Il processo per omicidio colposo

Il processo è quello che vede come imputato Rinaldo Gastaldi, all’epoca direttore generale e di stabilimento di Breda e già condannato a 3 anni e 4 mesi nel «maxi-processo» sull’uso dell’amianto nel cantiere navale di Porto Marghera. Poi però sono emersi altri decessi e il pm Giovanni Gasparini, ultimo titolare di un fascicolo passato di mano in mano, ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio. Due di loro erano stati stroncati da un mesotelioma pleurico, il terzo da un carcinoma polmonare: secondo l’accusa la causa delle neoplasie sarebbe proprio aver lavorato negli anni Settanta e Ottanta a stretto contatto con l’amianto, che veniva usato per le coibentazioni, senza adeguati dispostivi di sicurezza. Gastaldi è accusato di omicidio colposo.

Parenti delle vittime e imputato hanno diritto di sapere l’esito

Ma il processo va a rilento, anche perché – lamenta Zaffalon, che è l’avvocato di parte civile per conto del sindacato Cisl – le udienze sono state sempre fissate di pomeriggio (la prossima alle 13.30) e dunque i tempi sono stretti e spesso anche ridotti dai ritardi di quelle precedenti. «L’udienza di mercoledì era fissata alle 13 ed è slittata alle 15.45, quando sono stati assunti un medico del lavoro e un medico legale, mentre un terzo medico e un sindacalista sono stati rinviati dopo aver atteso ore – sottolinea – Modalità di trattazione del processo che non appaiono accettabili». Ad avere interesse alla conclusione del processo, a detta del legale, dovrebbero essere tutte le parti. «Ai prossimi congiunti dei lavoratori deceduti spetta (almeno) di sapere se c’è stata o no responsabilità per il decesso dei loro cari – afferma – ma anche allo stesso imputato». Zaffalon ricorda per esempio un processo analogo, quello all’ex dirigente Enel Nerio Tabacchi, in cui l’imputato ha 87 anni e i decessi sono avvenuti tra il 2013 e il 2015. In quel caso si stanno celebrando udienze a cadenza mensile.

19 Maggio 2022

Cade da impalcatura, imprenditore muore a Lipari

A Caltanissetta operaio travolto da traliccio, è grave

 Un’imprenditore edile Bartolo Zaia, 68 anni, è morto a Lipari cadendo da una impalcatura in un cantiere in località Zinzolo dove stava ristrutturando un’abitazione.

Dalle prime indagini l’uomo si era recato nella casa della figlia dove erano in corso lavori di restauro di un rudere.

A dare l’allarme è stato un passante. Sul posto si sono recati l’ambulanza del 118 e due pattuglie dei carabinieri. Sulla vicenda che ha turbato la comunità eoliana per la famiglia di Canneto molto nota sull’isola, i carabinieri hanno avviato le prime indagini. La salma è stata trasferita nella sala mortuaria del cimitero. “Mio padre non stava lavorando nella casa. Ha avuto un malore ed è caduto dalle scale”, ha detto Luana Zaia figlia dell’imprenditore Bartolo. I carabinieri continuano a indagare sull’ipotesi di un incidente sul lavoro. La casa dove l’uomo è morto è della figlia ed è in ristrutturazione. Un altro incidente sul lavoro è avvenuto a Caltanissetta dove sue operai sono rimasti feriti, uno in maniera grave, mentre lavoravano sul tetto di un locale commerciale in via Due Fontane. Quattro operai stavano effettuando lavori di manutenzione quando un traliccio, sul quale erano montati alcuni ripetitori di compagnie telefoniche, è caduto. Uno dei quattro operai è rimasto schiacciato mentre un altro è stato ferito lievemente. Per liberare l’operaio schiacciato è stato necessario l’intervento dei vigili del fuoco arrivati poco dopo. L’uomo, un 47enne di Monreale (Palermo), è stato trasportato col codice rosso da un’ambulanza del 118 all’ospedale Sant’Elia. Al momento è sottoposto ad esami diagnostici. Avrebbe riportato traumi da schiacciamento e una frattura esposta del femore. L’altro operaio è stato trasportato in ospedale col codice giallo, mentre i due colleghi sono rimasti illesi. Adesso i vigili del fuoco sono a lavoro per mettere in sicurezza la zona e definire le cause che hanno determinato il cedimento del traliccio. Le indagini sono affidate ai carabinieri.

Precipita dal tetto, operaio di 46 anni è grave

L’incidente nel pomeriggio a Poppi: l’uomo stava lavorando a una ristrutturazione quando un travetto di legno ha ceduto

Camaldoli (Arezzo), 19 maggio 2022 – Stava sistemando i tabelloni nel tetto di una proprietà privata in ristrutturazione quando, ad un certo punto, un travetto in legno ha ceduto improvvisamente sotto i suoi piedi e lui, operaio 46enne di una ditta del posto, è precipitato nel solaio sottostante. L’ennesimo incidente sul lavoro in provincia di Arezzo – già maglia nera – è avvenuto ieri pomeriggio poco dopo le 16 in via Camaldoli a Poppi presso il cantiere ’Il Poggio’.

La caduta è stata grave: l’uomo è finito a terra dopo un drammatico volo di tre metri e ha riportato un politrauma serio per il quale è immediatamente intervenuto il ’Pegaso 2’. L’elicottero dell’emergenza-urgenza ha trasferito l’operaio a Le Scotte di Siena dove il paziente è stato immediatamente stabilizzato: è in codice rosso ma – secondo quanto si è appreso – non sarebbe in pericolo di vita.

Saranno comunque le prossime ore decisive per capire l’entità del trauma per la prognosi.

Sul luogo dell’incidente sono intervenuti anche un’automedica Alfa 4, l’ambulanza della Misericordia di Bibbiena, i vigili del fuoco e i carabinieri. Questi ultimi stanno svolgendo accertamenti – in collaborazione con la squadra preposta del Pisll – per ricostruire la dinamica dell’accaduto e verificare ventuali responsabilità nell’infortunio sul lavoro.

Rimorchiatore affondato a Bari, morti e dispersi. “Subito 4 ore di sciopero al porto”

Era partito da Ancona e due delle vittime sono anconetane. Ma alla banchina 3 del molo Rizzo i lavoratori dei rimorchiatori si fermano in presidio

ANSA) – BARI, 20 MAG – Sono proseguite tutta la notte e sono ancora in corso, ormai da quasi 36 ore, le ricerche dei due marinai dispersi nell’affondamento del rimorchiatore Franco P., avvenuto mercoledì sera a circa 50 miglia dalla costa pugliese, in acque internazionali.

Nel naufragio, su cui indaga la Procura di Bari con la Capitaneria di Porto, sono morti tre componenti dell’equipaggio, il cui riconoscimento ufficiale è in corso nell’istituto di medicina legale del Policlinico di Bari.

Unico superstite, al momento, è il comandante del rimorchiatore, ricoverato in ospedale a Bari.
    Sui due ancora dispersi la Guardia Costiera di Bari, con il supporto di unità aeree e motovedette di altre forze militari e delle autorità croate, ha esteso l’area di ricerca spingendosi più a sud. Le cause dell’affondamento dovranno essere accertate dalle indagini coordinate dal procuratore Roberto Rossi con la sostituta Luisiana Di Vittorio. Saranno utili le dichiarazioni del comandante, quando sarà ascoltato, e quelle degli 11 marinai a bordo del motopontone che era agganciato al rimorchiatore al momento dell’affondamento e dal quale è stato lanciato l’allarme. Il pontone e gli 11 membri dell’equipaggio sono stati rimorchiati da un altro mezzo e da ieri pomeriggio sono in viaggio verso Bari, dove attraccheranno intorno alle 9. (ANSA).

 

Discariche di amianto

CRONACAPOGGIOREALE

Beccati a scaricare più di 300 chili di amianto: la scoperta a pochi passi dall’ex campo Rom

La Polizia Municipale ha sequestrato rifiuti e mezzo

La Polizia Locale di Napoli ha colto in flagranza di reato due operai mentre, in via del Riposo, erano intenti ad abbandonare al suolo oltre 300 kg di lastre d’amianto. Nella tarda giornata di ieri una pattuglia, mentre si trovava in osservazione del territorio nella zona adiacente il campo rom di via del Riposo, ha notato una autovettura Fiat Punto dalla quale due persone stavano scaricando le lastre e altri detriti d’amianto, ponendoli ai bordi della carreggiata.

Gli agenti, fatta sospendere l’operazione di scarico e adottate le prime misure di sicurezza sia personali che per i fermati, procedevano all’identificazione dei due operai di 33 e 38 anni. Si è provveduto, per i due soggetti, ad inviare la denuncia all’autorità giudiziaria per trasporto e abbandono illecito di rifiuti e a sottoporre la vettura a sequestro affidandolo, a spese del proprietario, ad una ditta privata. 

non risarciti

Dramma ex Montefibre: senza soldi e malati di amianto

Sono 150 gli ex lavoratori dell’azienda che sono in mobilità da 18 anni e che hanno scoperto gli effetti dell’esposizione al materiale tossico

Diciotto anni in mobilità, diciotto anni di promesse mai mantenute. I 150 ex lavoratori Montefibre, che chiuse i battenti nel 2004, passando da un ammortizzatore sociale all’altro, con lunghi periodi senza alcune entrata economica. Il reinserimento non c’è mai stato, i corsi di formazione nemmeno. Ma adesso, si trovano ad affrontare un nemico ancora più pericoloso. 

Da alcuni mesi, infatti, queste persone hanno scoperto gli effetti dei tanti anni trascorsi a lavorare in ambienti pieni di amianto. “Non siamo ancora di fronte a malattie tumorali – spiega Paolo Fierro di Medicina democratica – ma ci sono i segni delle infiammazioni in diversi lavoratori della Montefibre. Il contatto con questo materiale può portare conseguenze anche molti anni dopo. E’ stato difficile convincere le autorità a dare a queste persone ciò che gli spetta, cioé il monitoraggio. E per quest ritardo delle istituzioni non possono andare neanche in pensione prima, cosa di cui avrebbero diritto”. 

Gli operai hanno manifestato ancora una volta davanti alla Prefettura di Napoli.

Risarcimento

Operaio morto per amianto a Massa: condannata la Nuovo Pignone

Risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari La Nuovo Pignone è stata condannata a risarcire di 1.146.926 di euro per danni ai due figli e ai due nipoti di un operaio, morto il 22 dicembre 2018, per mesotelioma pleurico polmonare. Secondo il giudice, in base a una consulenza tecnico-ambientale, l’operaio nel corso del suo impiego di saldatore dal 1965 al 1986 nello stabilimento della Nuovo Pignone di Massa (che produce da reattori a serbatoi) avrebbe lavorato a contatto con materiali contenenti amianto; inoltre ha svolto mansioni in condizioni ad alto rischio di inalazione di fibre di amianto in misura superiore al limite normativamente previsto. In particolare, secondo il dispositivo della sentenza emessa lo scorso 6 maggio, il dipendente avrebbe avuto un’esposizione superiore al limite previsto dalla normativa di 100 fibre di amianto per litro annue su una media di 8 ore di lavoro. L’operaio asarebbe stato esposto a 231 fibre litro annue dal 1965 al 1975, a 116 dal 1975 al 1981 e a 290 fibre litro annue dal 1981 al 1984. L’esposizione cumulativa totale, si legge, è stata “di 30,50 ff/cc anni, pari a 30.500 fibre litro anni, riferita ai valori fissati dalla Conferenza internazionale di Helsinki dell’anno 1997 ed ai relativi protocolli, quindi superiore alla quota di esposizione complessiva di 25.000 fibre litro anni fissata dal Consesso internazionale suddetto”. Secondo il giudice, quindi, l’operaio “ha comunque contratto una patologia oncologica professionale, da ritenere pertanto causalmente amianto correlata, sia pure nel senso parziale suddetto, diagnosticata come un mesotelioma pleurico polmonare”, che poi lo ha ucciso.