Tutti gli articoli di Maurizio Barsella

Lavoro, nel bimestre balzo di incidenti (+47,6%) e morti (+9,6%). Bettoni (Inail): “Prevenzione nelle scuole”

Lavoro, nel bimestre balzo di incidenti (+47,6%) e morti (+9,6%). Bettoni (Inail): "Prevenzione nelle scuole"
(ansa)

Le denunce di infortunio sono state 121.994, i decessi 114. In aumento anche le patologie di origine professionale che sono state 8.080 (+3,6%)

ROMA – Come una guerra, e parlarne mentre ci angoscia un vero conflitto militare non ne ridimensiona la portata.  Nei primi due mesi di quest’anno le denunce di infortunio sul lavoro sono state 121.994 con un aumento del 47,6% rispetto allo stesso periodo del 2021: 114 i morti, anche in questo caso con un forte incremento (+9,6%). In aumento anche  le patologie di origine professionale che sono state 8.080 (+3,6%). “Il confronto effettuato su un breve periodo potrebbe rivelarsi poco attendibile rispetto al trend che si delineerà nei prossimi mesi – speiga l’Inail – ma il dato di un forte incremento delle denunce è lì”.

Passando ai settori, il numero degli infortuni sul lavoro denunciati ha segnato un +46,9% nella gestione industria e servizi, un +2,5% in agricoltura e un +70,9% nel conto Stato. L’incremento ha interessato sia i lavoratori italiani (+50,8%) sia quelli extracomunitari (+36,0%) e comunitari (+20,1%), e tutte le fasce anagrafiche, con il 39% dei casi nella classe 45-59 anni. Quanto ai decessi, a livello nazionale i dati rilevano per il primo bimestre 2022 un incremento rispetto al 2021 solo dei casi “in itinere” (nel trasferimento dal o verso il lavoro), passati da 19 a 29, mentre quelli in occasione di lavoro sono stati 85 in entrambi i periodi.

“Nel nostro Paese – dice il presidente dell’Inail, Franco Bettoni – manca ancora una reale cultura della prevenzione che va costruita iniziando dai banchi di scuola, conservandola poi nel tempo con adeguati interventi di informazione e formazione continua per tutti gli attori del ciclo produttivo. Una valida politica di prevenzione, l’interiorizzazione della cultura della sicurezza, non penalizzano l’impresa sul mercato, anzi, possono costituire elemento determinante di affermazione e competitività”

MORTE PER AMIANTO

Rubiera, morta di mesotelioma moglie di un lavoratore di Eternit

L’azienda di Rubiera dell’epoca

Aveva 82 anni. Afeva: “Non aveva lavorato all’Eternit ma si è ammalata ugualmente per avere lavato a casa le tute del marito”25 MARZO 2022

RUBIERA. E’ morta a 82 anni la moglie di un lavoratore esposto in passato all’amianto dell’Eternit di Rubiera. A darne notizia è Afeva (Associazione familiari vittime amianto) spiegando che la causa è un mesotelioma maligno contratto per aver respirato le fibre.

La donna si chiamava Carla Iotti. “Non aveva lavorato all’Eternit – spiega Afeva – ma si è ammalata ugualmente per avere lavato a casa le tute del marito Alfredo Bersani. E’ un dolore doppio, per Carla che non c’è più e per Alfredo costretto a portare a casa inconsapevolmente le fibre di Amianto. Alfredo non si meritava questo dolore, Carla potrebbe essere ancora con noi”.

Anche il sindaco di Rubiera, Emanuele Cavallaro ha voluto esprimere le sue condoglianze: “Un abbraccio, forte, ad Alfredo Bersani, ex lavoratore dell’Eternit di Rubiera, che ieri ha perso sua moglie Carla per mesotelioma maligno. E’ la malattia che, nella grande maggioranza dei casi, è causata dall’amianto. Lei non lavorava in fabbrica, ma era in contatto con gli abiti e le fibre di chi vi lavorava. Il mesotelioma ha un tempo di “incubazione” che va dai 20 ai 50 anni. Ho conosciuto Alfredo per la lotta che abbiamo condotto, ancora oggi invano, nei tribunali. Una persona meravigliosa. Un rappresentante dei lavoratori che non ha mai smesso di esserlo. Gli trasmetto tutta la vicinanza di cui posso essere capace. Non c’è una giustizia, una comprensione umana per cose come questa. Spero che il cielo possa consolare Alfredo in qualche modo”.

27 Marzo 2022

Ancora morti sul lavoro: due operai hanno perso la vita oggi in due incidenti, uno in Salento e uno nel Mantovano. E’ morto Antony Turnone, operaio di 30 anni di Martina Franca, rimasto folgorato dopo che il braccio meccanico che stava manovrando per spostare alcuni container ha toccato un cavo dell’alta tensione.

Il giovane è deceduto in ospedale.

L’incidente è avvenuto in un impianto fotovoltaico di San Donato, in Salento, dove il giovane stava lavorando per conto di una ditta.

“Siamo ancora una volta costretti a commentare con il dolore nel cuore la notizia di una morte sul lavoro. Questa volta a perdere la vita è stato un giovane lavoratore impegnato su un campo fotovoltaico. Si esce da casa al mattino per guadagnarsi da vivere e poi non si fa ritorno. Tutto ciò è inaccettabile”. Così Valentina Fragassi, Ada Chirizzi e Salvatore Giannetto, segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Lecce, commentano la morte di Antony Turnone, l’operaio di 30 anni di Martina Franca, rimasto folgorato dopo che il braccio meccanico che stava manovrando per spostare alcuni container ha toccato un cavo dell’alta tensione. Anche il presidente del comitato consultivo provinciale dell’Inail di Lecce, Donato Congedo, esprime “cordoglio” per quanto accaduto.

Un altro operaio è morto travolto da un muletto nel cantiere di una casa di riposo a Castel Goffredo, nel mantovano. L’incidente è avvenuto nel primo pomeriggio. Non ancora chiara la dinamica dell’incidente. Sul posto è intervenuta un’eliambulanza, ma invano. Per i rilievi sono intervenuti anche i tecnici della medicina del lavoro dell’Ats Valpadana e i carabinieri, accanto ai vigili del fuoco intervenuti per liberare il corpo rimasto sotto il mezzo meccanico.

L’operaio morto in un infortunio sul lavoro a Castel Goffredo aveva 52 anni e, per il momento, non sono state comunicate le sue generalità. L’uomo, secondo una prima ricostruzione dell’incidente, stava manovrando un muletto all’interno di un cantiere quando, per cause imprecisate, ne ha perso il controllo. Il mezzo si è ribaltato e l’operaio è rimasto schiacciato dal tettuccio. Il cantiere si trova all’interno della nuova casa di riposo privata che si sta costruendo a Castel Goffredo e che sostituirà l’attuale, il Gelso, ormai fatiscente.

Un attimo di distrazione, come tante volte accade, che si accompagna ad una sottovalutazione del rischio. Ci sarebbe questo alla base dell’infortunio mortale avvenuto in un cantiere a Castel Goffredo, nel Mantovano, che è costato la vita a Giacomo Turra, 52 anni, residente a Rudiano in provincia di Brescia. Era il capocantiere per conto dell’impresa bresciana che sta lavorando all’edificazione della nuova casa di riposo di Castel Goffredo, un cantiere che sta andando avanti da più di un anno per realizzare una struttura da cento posti letto. Secondo una prima ricostruzione dell’incidente il lavoratore, subito dopo la pausa pranzo, si era messo al lavoro a bordo di un muletto dotato di benna, per spostare della sabbia accumulata in varie parti del cantiere. L’operazione è andata avanti regolarmente per un po’ fino a quando il mezzo non è salito, con le ruote, sopra un cumulo di sabbia, che lo fatto sbilanciare e piegare su un lato fino a rovesciarsi. Il capocantiere, che pare non avesse il casco protettivo e non indossasse nemmeno le cinture, è stato sbalzato fuori dal muletto che, poi, rovesciandosi lo ha schiacciato. Subito sono accorsi i colleghi di lavoro che hanno tentato di sollevare il mezzo e hanno chiamato i soccorsi. Quando, però sono arrivati i vigili del fuoco, i carabinieri e l’eliambulanza, per Turra era già troppo tardi: l’uomo era già morto per le gravi ferite riportate.

26 Marzo 2022

Livorno, 26 marzo 2022 – Una giornata come tante di consegne. L’ora di cena che si avvicina e il turno di lavoro che si fa intenso, pieno di cose da fare. E’ stato in quel momento che William De Rose, 30 anni, si è scontrato con il suo motorino con un’auto a un incrocio. Ed è morto nonostante ogni tentativo di rianimazione, dopo il disperato trasporto in ospedale, che si trova a poche centinaia di metri da dove è avvenuto l’incidente.

Il sindaco Salvetti: “Le aziende del delivery si fermino a riflettere”

E’ lutto a Livorno per la morte, mentre stava lavorando, di questo trentenne appassionato di sport, con tanti amici, che da tempo lavorava per l’azienda Deliveroo. L’incidente è avvenuto sul viale Marconi, arteria stradale nelle immediate vicinanze del centro, nel punto in cui la strada si incrocia con via del Fagiano. Saranno le forze dell’ordine adesso a stabilire cosa è accaduto.

Il ragazzo stava procedendo lungo il viale quando c’è stato lo scontro con una Maserati. Un impatto molto violento. Il ragazzo è caduto a terra insieme al suo motorino. Sulla strada, dalla carreggiata piuttosto stretta, subito l’automobilista coinvolto nell’incidente e i passanti hanno chiamato il 118. Immediato l’arrivo dell’ambulanza, con l’inizio delle manovre rianimatorie.

Il giovane era in condizioni disperate. E’ stato portato in ospedale. Nella shock room del pronto soccorso i medici hanno tentato, senza successo, di salvargli la vita. Troppo grave la situazione generale di William De Rose, spirato nella struttura ospedaliera livornese.

 La notizia si è sparsa in pochi minuti in città. A Livorno i rider si conoscono tutti e sono conosciuti dalla gente. William De Rose, nel periodo della pandemia, aveva consegnato cibo a domicilio a diverse persone positive al coronavirus e in molti apprezzavano le sue doti umane anche sul lavoro. Dolore tra i familiari e gli amici del giovane.

Sulla scena dell’incidente restano i segni della tragedia: lo zaino da rider di William, i rottami del motorino e dell’auto, una Maserati, finiti sull’asfalto. Sotto choc il guidatore, un cinquantenne. 

F.S. e Amianto marzo 2022

Il giudice del Tribunale di Roma, Francesca Vincenzi, ha condannato Ferrovie dello Stato al risarcimento di 300 mila euro alla famiglia di un macchinista di Palermo morto nel 2015 di mesotelioma per esposizione alla fibra killer. L’uomo aveva lavorato nelle FS per 30 anni, dal 1967 al 1996, come macchinista, sempre esposto all’amianto senza dispositivi di protezione. Prima presso il deposito locomotive di Catania, poi in quello di Palermo e Caltanissetta. Per qualche mese fu addetto alla conduzione di treni in Sicilia. In ultimo, infine, nel deposito locomotive di San Lorenzo a Roma.

Nella sentenza il magistrato richiama l’onere, per il datore di lavoro, di provare a sua discolpa, “di aver adottato, pur in difetto di una specifica disposizione preventiva, le misure generiche di prudenza necessarie alla tutela della salute dal rischio espositivo secondo le conoscenze del tempo di insorgenza della malattia, essendo irrilevante la circostanza che il rapporto di lavoro si sia svolto in epoca antecedente all’introduzione di specifiche norme per il trattamento dei materiali contenenti amianto”. Il riferimento è alla Legge 257/1992 che mette al bando la fibra killer.  Spiega anche che la presenza di amianto nell’ambiente di lavoro dell’uomo emerge dai documenti presentati nel ricorso. La stessa Rfi l’ha confermata nelle sue memorie difensive. Il giudice sottolinea anche che non si tratta di “una piccola impresa che galleggia nel turbinio di leggi da cui trarre indicazioni comportamentali, ma di una grande realtà aziendale, ‘parallela’, per i servizi sanitari, allo Stato”. Dotata anche “di un organismo ad hoc, assistito da competenze scientifiche, deputate in primo luogo ad assicurare e garantire la salute dei ferrovieri” – e sottolinea che l’organizzazione sanitaria “si è dimostrata inadeguata e/o difettosa … nel rivelare e segnalare tempestivamente al vertice gestionale il serio e non ipotetico pericolo incombente costituito dalle fibre di amianto diffuse nel materiale rotabile, suggerendo rimedi che la comunità scientifica internazionale aveva ormai allo studio”.

Esposti amianto 2022

Riconoscimento Pensione di inabilità per esposizione amianto 

Pensione amianto 2022, domanda Inps in scadenza. Entro il 31 Marzo 2022, si potrà richiedere il riconoscimento della pensione speciale di inabilità, per i soggetti affetti da malattie derivanti dall’esposizione all’amianto.

Quali sono i requisiti e come presentare la domanda di Pensione anticipata per esposizione all’amianto?

Requisiti Inps pensione anticipata per i lavoratori esposti amianto

I lavoratori affetti da una patologia professionale asbasto-correlata, certificata dall’Inail, come causa di servizio, con almeno 5 anni di contributi (nell’arco dell’intera vita lavorativa), hanno diritto alla pensione anticipata Inps per esposizione ad amianto.

Per ottenere la pensione speciale di inabilità 2022, i lavoratori iscritti all’Inps o ad altre forme esclusive e sostitutive, devono essere affetti da queste patologie:

  1. mesotelioma pleurico,
  2. mesotelioma pericardico,
  3. mesotelioma peritoneale,
  4. mesotelioma della tunica vaginale del testicolo,
  5. carcinoma polmonare,
  6. asbestosi,

per motivi di origine professionale, accertata anche come causa di servizio dall’Istituto previdenziale Inail.

Per presentate la domanda di verifica di condizioni all’Inps, bisogna essere in possesso di determinate condizioni:

  1. almeno cinque anni di contributi durante l’intero periodo lavorativo, di cui tre anni negli ultimi 5 anni, solo per le richiedere di assegno ordinario di invalidità Inps,
  2. certificazione da parte dell’Inail o di altre Ente Pubblico, che attesti le patologie elencate precedentemente,
  3. lavoratori in servizio o che hanno cessato l’attività lavorativa, affetti da patologia asbesto-correlata al 30 Giugno 2020. (requisito da verificare dopo la circolare Inps)

Come richiedere la pensione Inps per amianto nel 2022?

Per ottenere la pensione amianto 2022, bisogna presentare due domande telematiche all’Inps. Un’istanza online, entro il 31 Marzo 2022, per verificare le condizioni contributive e sanitarie, maturate entro il 31 Dicembre 2022.

In seguito o anche contestualmente, è necessario inviare all’Inps la domanda di pensione. (come funziona anche per l’Ape sociale).

La pensione speciale di inabilità è accolta, in base alle condizioni previste dalla legge ed alle risorse in quell’anno disponibili. In ordine, vengono prese prima in carico, i lavoratori con determinati parametri, alla data di presentazione della domanda.:

  1. l’età anagrafica,
  2. l’anzianità contributiva.

La pensione dell’amianto INPS è incompatibile:

  1. con lo svolgimento di attività di lavoro autonomo e dipendente, 
  2. con la rendita vitalizia corrisposta dall’Inail,
  3. e con altri benefici pensionistici.

Come fare domanda di pensione anticipata per esposizione amianto?

Alla domanda di pensione anticipata è importante allegare, secondo il messaggio Inps n. 3249 del 4 Agosto 2017:

  • per gli assicurati della gestione privatala certificazione rilasciata dall’INAIL, ovvero una dichiarazione dell’interessato che attesti il possesso dei requisiti previsti dall’art. 3, comma 1, lett. b) del decreto 31 maggio 2017, nonché l’eventuale percezione della rendita diretta erogata dall’INAIL, in relazione allo stesso evento invalidante. Le ultime due condizioni saranno verificate dall’INAIL.
  • Per gli assicurati della gestione pubblica, per i quali è previsto l’istituto dell’accertamento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio, la certificazione rilasciata da altre commissioni competenti (Comitato Tecnico per le pensioni privilegiate o Comitato di verifica per le cause di servizio istituito presso il MEF).

Non è necessario presentare il modello SS3 dal medico curante. L’istanza online all’Inps è possibile inviarla gratuitamente, tramite un patronato o autonomamente con le credenziali Inps (SPID, CIE, CNS), accedendo al servizio online: domanda di prestazioni pensionistiche.


24 Marzo 2022

Un operaio di 41 anni è morto dopo essere stato ricoverato in ospedale per una caduta da una scala, mentre lavorava ad un palo del telefono.

L’incidente sul lavoro era avvenuto lunedì 21 marzo, a Fagnano Olona, in provincia di Varese. Lo riporta oggi il quotidiano Il Giorno. A quanto emerso l’uomo era impegnato in una operazione di manutenzione quando il palo telefonico si è spezzato, facendolo precipitare per circa 4 metri.

Trasportato in gravi condizioni dall’elisoccorso all’ospedale di Circolo di Varese, la sera di mercoledì 23 marzo le sue condizioni sono precipitate ed è deceduto.

I morti sul lavoro in Italia nel 2021:dati

Dall’inizio dell’anno fino a fine agosto sono morte più di tre persone al giorno sul posto di lavoro. In totale i decessi sono 772. A fornire i numeri è l’Inail, che ha pubblicato gli open data dei primi otto mesi del 2021. Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Istituto – tra gennaio e agosto – sono state 349.449, oltre 27mila in più (+8,5%) rispetto allo stesso periodo del 2020. In particolare, aumentano gli infortuni sul tragitto di andata e ritorno tra casa e lavoro (+20,6%), tornati a salire tra marzo e agosto (dopo il calo del primo bimestre), complice il massiccio ricorso allo smart working dello scorso anno, a partire proprio da marzo 2020. I casi mortali sono in calo (-6,2%) rispetto ai primi otto mesi dello scorso anno, anche se il confronto con il 2020 “richiede cautela”, avverte l’Inail: i dati, infatti, sono “provvisori e influenzati fortemente” dall’emergenza coronavirus, che non permette ancora di conteggiare “un rilevante numero di tardive denunce mortali da contagio”, in particolare relative a marzo 2020. L’Istituto fa notare, inoltre, che i decessi causati dal Covid-19 avvengono dopo un periodo più o meno lungo dalla data del contagio. Tornano poi a crescere le malattie professionali, che sono state 36.496 (+31,5%)

I dati sugli infortuni sul lavoro

Rispetto allo scorso anno, le denunce di infortunio sul lavoro hanno avuto un iniziale decremento nel trimestre gennaio-marzo (-11%), seguito da un incremento nel periodo aprile-agosto (+26%) con il graduale riprendere delle attività. Il numero degli infortuni sul lavoro denunciati è aumentato in tutti i settori produttivi, in particolare del 6,9% nella gestione assicurativa Industria e servizi (dai 279.792 casi del 2020 ai 299.147 del 2021), del 3,6% in Agricoltura (da 17.164 a 17.786) e del 29,2% nel Conto Stato (da 25.176 a 32.516). Diminuiscono invece nei settori dell’Amministrazione pubblica (-6,5%) e della Sanità e assistenza sociale: quest’ultima si distingue ancora per la numerosità degli eventi (oltre 27mila denunce da gennaio ad agosto), ma presenta una riduzione del 31,9% rispetto ai 40mila infortuni dello stesso periodo del 2020. Nel 2021 sono aumentati gli infortuni in itinere, cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro: da 38mila casi nel 2020 si sale oggi a 45.821 (+20,6%). Sul dato ha sicuramente avuto un’influenza il ricorso allo smart working durante lo scorso anno. L’aumento maggiore si registra nel periodo da marzo ad agosto 2021, con il 59% degli infortuni in più.

Da inizio anno, più di tre morti sul lavoro al giorno

Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale sono state 772, 51 in meno rispetto alle 823 registrate nei primi otto mesi del 2020 (-6,2%). L’Inail però raccomanda “prudenza” nel paragonare i due anni. Il confronto è da ritenersi “ancora poco significativo” a causa della pandemia che nel 2020 ha provocato, soprattutto per gli infortuni mortali, “una manifesta tardività nella denuncia, anomala ma rilevantissima, generalizzata in tutti i mesi ma amplificata soprattutto a marzo 2020, mese di inizio pandemia”, che rende difficile la comparazione con i mesi del 2021.https://flo.uri.sh/visualisation/7467504/embed?auto=1A Flourish chart

Al 31 agosto di quest’anno risultano 12 incidenti plurimi sul lavoro, per un totale di 29 decessi. Due lavoratori hanno perso la vita a seguito di un crollo di un fabbricato in provincia dell’Aquila a marzo, due a causa di inalazione di vapori tossici in provincia di Pavia a maggio, due per esplosione/incendio di un capannone in provincia di Perugia a maggio, due per soffocamento durante la pulizia di una cisterna in provincia di Cuneo a giugno, altri due intossicati da monossido di carbonio sempre in provincia di Cuneo a luglio e, infine, due persone travolte da una lastra di cemento in Valle d’Aosta ad agosto. Altri 17 lavoratori sono morti a causa di incidenti stradali. Nel 2020 gli incidenti mortali plurimi erano stati 6, per un totale di 12 lavoratori deceduti, di cui sei in incidenti stradali. La gestione Industria e servizi (comprensiva dei settori dell’industria, dell’artigianato, del terziario e delle altre attività) è l’unica a fare registrare un segno negativo (-10,4%, da 721 a 646 denunce mortali), al contrario dell’Agricoltura, che passa da 70 a 84 denunce (+20,0%), e del Conto Stato, da 32 a 42 (+31,3%).https://flo.uri.sh/visualisation/7473038/embed?auto=1A Flourish chart

Per i primi otto mesi di quest’anno, invece, si registra un aumento delle morti avvenute in itinere, cioè nel tragitto tra casa e lavoro, passate da 138 a 152 (+10,1%). Anche su questo dato, come su quello per gli infortuni, pesa il ritorno in presenza dopo un anno di smart working.https://flo.uri.sh/visualisation/7467745/embed?auto=1A Flourish chart

Per quanto riguarda invece l’analisi territoriale, rispetto al 2020 emerge un aumento dei decessi a Sud (da 165 a 211 casi mortali), nel Nord-Est (da 161 a 167) e nel Centro (da 147 a 150). Il numero dei decessi, invece, è in calo nel Nord-Ovest (da 298 a 194) e nelle Isole (da 52 a 50). Nei primi otto mesi del 2021 è la Lombardia ad avere il più alto numero di morti sul lavoro, con 106 casi, seguita dalla Campania con 85 casi e da Piemonte ed Emilia-Romagna, rispettivamente 69 e 68.https://flo.uri.sh/visualisation/7467926/embed?auto=1A Flourish map

Significativa anche l’analisi dei decessi dal punto di vista di genere: le donne che hanno perso la vita sul luogo di lavoro da gennaio ad agosto sono circa il 10% del totale, un dato in linea con il 2020. Nello specifico, sono 78 le lavoratrici e 694 i lavoratori che hanno perso la vita al 31 agosto.https://flo.uri.sh/visualisation/7473160/embed?auto=1A Flourish chart

Aumentano le malattie professionali: +31,5% in un anno

Tornano ad aumentare le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail, dopo un 2020 condizionato fortemente dalla pandemia con denunce in costante diminuzione nel confronto con gli anni precedenti. Nello specifico, i casi di malattia professionale protocollati dall’Inail sono 36.496, 8.735 in più rispetto allo stesso periodo del 2020 (+31,5%). Anche questo aumento trova una ragione nella situazione pandemica. Lo scorso anno arresti e ripartenze delle attività produttive hanno ridotto l’esposizione al rischio di contrarre malattie professionali. Allo stesso tempo, lo stato di emergenza, le limitazioni alla circolazione e gli accessi controllati alle strutture sanitarie hanno disincentivato e reso più difficoltoso per il lavoratore presentare le denunce di malattia, rimandandole al 2021. Le prime tre malattie professionali denunciate restano le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, del sistema nervoso e dell’orecchio.Seguono i tumori e le patologie del sistema respiratorio

22 Marzo 2022

E’ un ex dipendente della società Taranto Container Terminal, di 40 anni, attualmente in carico alla Compagnia portuale e assegnato in somministrazione a una ditta d’appalto, l’operaio morto questa mattina in un incidente sul lavoro al quarto sporgente-Lato Ponente del porto di Taranto.

La vittima, Massimo De Vita, è stato schiacciato e ucciso da un grosso telaio in ferro che si è ribaltato durante le operazioni di movimentazione a terra di un carico di pale eoliche danneggiate sbarcato poco prima dalla nave Bbc Opal.

Per il lavoratore non c’è stato scampo. A quanto si è appreso, le pale eoliche erano state tutte sbarcate e si stava procedendo al posizionamento a terra dei telai in ferro. Per cause in corso di accertamento, uno di questi si è ribaltato travolgendo l’operaio. De Vita, uno degli operai presi in carico dall’Agenzia per il lavoro portuale dopo la messa in liquidazione della Taranto Terminal Container, era stato assegnato alla Compagnia portuale e utilizzato per lavori di movimentazione seguiti da una ditta d’appalto, come operaio specializzato

.

Cassazione Civile, Sez. 3, 21 marzo 2022, n. 8999 – Domanda risarcitoria in relazione alla morte del coniuge caduto all’indietro da un trabattello mentre era intento nello smontaggio/montaggio delle condotte dell’aria condizionata

DettagliCategoria: Cassazione civile Visite: 31

Cassazione Civile, Sez. 3, 21 marzo 2022, n. 8999 – Domanda risarcitoria in relazione alla morte del coniuge caduto all’indietro da un trabattello mentre era intento nello smontaggio/montaggio delle condotte dell’aria condizionata



Presidente: FRASCA RAFFAELE GAETANO ANTONIO Relatore: GUIZZI STEFANO GIAIME
Data pubblicazione: 21/03/2022
 

Fatto
 



1. E.V. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 2830/18, del 4 dicembre 2018, della Corte di Appello di Firenze, che – nel decidere sul gravame dalla stessa esperito, in via di principalità, avverso la sentenza n. 1277/16, dell’11 giugno 2016, del Tribunale di Lucca, che ne aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta in relazione al decesso del coniuge G.G. – ha dichiarato il mezzo inammissibile, ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ.
2. In punto di fatto, la ricorrente riferisce che in data 24 agosto 2002 suo marito G.G., dipendente della società Same S.r.l., rimaneva vittima, perdendo la vita, di un infortunio sul lavoro presso il cantiere della società Kedrion S.p.a., in località Bolognana-Gallicano. Riferisce, altresì, che la vittima lavorava alle dipendenze della Same, in virtù di un contratto di collaborazione occasionale, trovandosi presso il cantiere della società committente a seguito di una catena di contratti di appalto e subappalto, che vedeva coinvolte, oltre alla società datrice di lavoro, pure le società Inso S.p.a. e F.C. S.r.l., nelle rispettive qualità di appaltatrice e subappaltatrice dell’opera. Deduce, inoltre, la E.V. che l’evento mortale si verificava a seguito della caduta del G.G. da un trabattello, posizionato ad un’altezza di circa quattro metri dal suolo, ove l’uomo stava procedendo allo smontaggio di condotte di aria condizionata.
Svoltosi processo penale innanzi al Tribunale di Lucca, per il reato di omicidio colposo contestato a carico di R.C., quale datore di lavoro e responsabile della predetta cooperativa Same, lo stesso si concludeva con la condanna dell’imputato alla pena della reclusione di otto mesi, nonché al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separato giudizio, con l’assegnazione di una provvisionale in favore della sola  E.V.. Il Tribunale penale rigettava, invece, le domande proposte nei confronti dei responsabili civili.
In forza dell’accertamento operato dal giudice penale, la E.V. – con citazione del 13 maggio 2010 – adiva il Tribunale di Lucca in sede civile, affinché fosse riconosciuta la responsabilità nella morte del proprio congiunto anche a carico della società F.C., della società in Inso, quale capogruppo mandataria dell’associazione temporanea d’impresa Inso-Steril, nonché della Kedrion, con condanna di tutte le convenute a risarcire, eventualmente anche in via solidale, il danno cagionato all’attrice.
Nel giudizio intervenivano, su chiamata di parte, anche le società Generali S.p.A. e Milano Assicurazioni S.p.a. (poi divenuta Unipolsai Assicurazioni), assicuratrici, rispettivamente, di Inso e F.C..
Il giudizio di primo grado si concludeva con il rigetto della domanda della E.V. (non essendosi ravvisata responsabilità in capo alle società convenute), il cui gravame – come detto – era dichiarato inammissibile dal giudice di appello.

3. Avverso la decisione della Corte fiorentina ricorre per cassazione la E.V., sulla base di due motivi.

3.1. Il primo motivo denunzia “violazione dell’art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. in relazione all’erronea declaratoria di inammissibilità dell’appello pronunciata ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ.”.
La ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui afferma – nel qualificare come inammissibile, per difetto di specificità, il gravame esperito dalla E.V. – che l’allora appellante ebbe a svolgere “una esposizione generica in diritto tradottasi in una mera ricognizione normativa, senza menzionare e confrontarsi con nessuna parte della motivazione della sentenza”.
Assume, per contro, la ricorrente che il proprio atto di gravame, già nelle prime battute, specificava e individuava i motivi di doglianza rivolti nei confronti della sentenza, nonché le parti della pronuncia oggetto di gravame. In particolare, per quanto concerne la posizione della società Inso, l’allora appellante censurava la sentenza di primo grado per aver ritenuto “non esistenti i profili di responsabilità nonostante siano esplicite le clausole contrattuali attributive della responsabilità nel settore della sicurezza sul lavoro, assumendo semplicemente che i nominati responsabili della sicurezza «erano assiduamente presenti sul luogo con funzione di vigilanza»”. Con riferimento, poi, alla posizione della società F.C., l’appellante aveva censurato la pronuncia del Tribunale lucchese per aver ritenuto che “l’astratta determinazione pattizia vale a dimostrare l’ingerenza del subappaltante e, quindi, l’assenza di autonomia del subappaltatore”. L’appellante, invece, evidenziava che la presenza assidua degli incaricati alla sicurezza di Inso non valeva in astratto, così come ritenuto dal Tribunale, ad escludere la responsabilità della società appaltatrice, che avrebbe dovuto, in virtù di precisi obblighi contrattuali, sorvegliare sul rispetto della normativa antinfortunistica da parte dei subappaltatori. Veniva precisato poi, sempre nell’atto di appello, che il legislatore impone degli obblighi specifici in materia di sicurezza, in applicazione degli artt. 1176 e 2087 cod. civ., sia al datore di lavoro che al committente e che tra questi rientrano “non solo la più elementare attuazione delle misure di sicurezza, bensì anche l’esigere l’osservanza delle norme e soprattutto l’uso dei mezzi di protezione, a nulla servendo l’adempimento della mera distribuzione del «foglio di istruzione» della ditta costruttrice e il controllo sul parziale innalzamento dei mezzi utilizzati, unica attività di vigilanza posta in essere dalle società coinvolte nel caso di specie, come risulta dagli interrogatori svolti in sede di processo penale richiamati anche in sentenza”.
L’atto di appello censurava, inoltre, quanto affermato dal Tribunale di Lucca circa l’assenza di responsabilità del committente Kendrion, essendosi indicata sia normativa che giurisprudenza dalla quale emerge, a chiare lettere, la responsabilità dell’imprenditore che non abbia provveduto, avendone la possibilità, all’adozione di tutte le misure di prevenzione rese necessarie dalle condizioni concrete di svolgimento dei lavori. In buona sostanza, nell’atto di appello si evidenziava come il Tribunale non avesse valutato adeguatamente la posizione del committente, il quale, in presenza di macroscopiche violazioni della normativa antinfortunistica, doveva immediatamente intervenire per ovviare alle omissioni degli appaltatori in punto di sicurezza sul luogo di lavoro e così evitare gli infortuni. In particolare, si chiariva come il trabattello impiegato al momento del sinistro presentava la non regolarità dell’altezza dei parapetti, risultando, inoltre, non montato regolarmente, mancando della campata terminale e delle tavole fermapiede. Si richiamava, altresì, la deposizione di un teste, secondo cui il G.G. stava, addirittura, lavorando su una struttura mobile, essendo la stessa priva della staffa stabilizzatrice e del livellatore a vite, evidenziandosi, infine, come al momento della caduta non risultassero nemmeno presenti, sul trabattello, le cinture di sicurezza.
Sottolinea, conclusivamente, l’odierna ricorrente che l’appello è un mezzo di gravame volto ottenere non il controllo della decisione del giudice di primo grado, bensì una nuova pronuncia sul diritto fatto valere con la domanda originaria, di talché, proprio in ragione di questo suo fine ultimo, deve essere valutato il requisito della specificità dei motivi.

3.2. Il secondo motivo denunzia “violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. in relazione all’art. 92, comma 2, cod. proc. civ., per come modificato a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 77/2018”.
La ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, nel liquidare le spese di lite, ha assunto quale unico parametro quello della soccombenza, senza tener conto che, in virtù della citata sentenza della Corte costituzionale, è stato dichiarato incostituzionale l’art. 92, comma 2, cod. proc. civ. nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, anche qualora sussistano altre analoghe “gravi ed eccezionali ragioni” (oltre quelle indicate dalla norma stessa), da identificarsi, nella specie, in ragioni di equità.

4. Hanno resistito, con distinti controricorsi, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità o in subordine il rigetto, le società F.C. S.r.l., Kendrion S.p.a. e Generali S.p.a.

5. Sono rimaste solo intimate le società Inso-Sistemi per le infrastrutture sociali S.p.a. e Unipolsai Assicurazioni S.p.a.

6. La ricorrente ha depositato memoria, insistendo nelle proprie argomentazioni.
 

Diritto


7. Il ricorso va accolto.

7.1. Il primo motivo è, infatti, fondato.

7.1.1. Al riguardo, deve premettersi che il presente motivo di ricorso – con cui si censura la decisione del giudice di appello di ritenere privi di specificità, ex art. 342 cod. civ., i motivi di gravame della E.V. – soddisfa la condizione di ammissibilità prescritta dall’art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ.
Difatti, chi censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di chiarire, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, non potendo limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma dovendo riportarne il contenuto – come avvenuto, appunto, nel caso che qui occupa – ancorché solo nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (Cass. Sez. 5, ord. 29 settembre 2017, n. 22880, Rv. 645637- 01; in senso analogo, di recente, Cass. Sez. 1, ord. 6 settembre 2021, n. 24048, Rv. 662388-01).

7.1.2. Ciò premesso, il presente motivo, oltre che ammissibile, è pure fondato.

7.1.2.1. Al riguardo, infatti, occorre muovere dalla premessa che l’art. 342 cod. proc. civ., come pure il successivo art. 434 dello stesso codice di rito, vanno “interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice”, fermo restando, però, come a tal fine non “occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di «revisio prioris instantiae» del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata” (Cass. Sez. Un., sent. 16 novembre 2017, n. 27199, Rv. 645991-01; in senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 30 maggio 2018, n 13535, Rv. 648722-01). Invero, “il richiamo, contenuto nei citati artt. 342 e 434, alla motivazione dell’atto di appello non implica che il legislatore abbia inteso porre a carico delle parti un onere paragonabile a quello del giudice nella stesura della motivazione di un provvedimento decisorio”, giacché quanto “viene richiesto – in nome del criterio della razionalizzazione del processo civile, che è in funzione del rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata – è che la parte appellante ponga il giudice superiore in condizione di comprendere con chiarezza qual è il contenuto della censura proposta, dimostrando di aver compreso le ragioni del primo giudice e indicando il perché queste siano censurabili” (così, in motivazione, Cass. Sez. Un., sent. n. 27199 del 2017, cit.).
D’altra parte, poi, la “specificità dei motivi di appello presuppone la specificità della motivazione della sentenza impugnata” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 24 aprile 2019, n. 11197, Rv. 653588-01), nel senso che la prima va sempre “commisurata all’ampiezza e alla portata delle argomentazioni spese dal primo giudice” (Cass. Sez. 3, sent. 29 luglio 2016, n. 15790, Rv. 641584-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 26 luglio 2021, n. 21401, Rv. 662214-01), sicché l’appellante “che intenda dolersi di una erronea ricostruzione dei fatti da parte del giudice di primo grado può limitarsi a chiedere al giudice di appello di valutare «ex novo>> le prove già raccolte e sottoporgli le argomentazioni difensive già svolte in primo grado, senza che ciò comporti di per sé l’inammissibilità dell’appello”, e ciò in quanto, sostenere il contrario, “significherebbe pretendere dall’appellante di introdurre sempre e comunque in appello un «quid navi» rispetto agli argomenti spesi in primo grado, il che – a tacer d’altro – non sarebbe coerente col divieto di <<nova» prescritto dall’art. 345 cod. proc. civ.” (così, in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. 8 febbraio 2018, n. 3115, Rv. 648034-01; nello stesso, nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 6-3, ord. 4 novembre 2020, n. 24464, Rv. 659759-01).
Più in particolare, “ai fini della specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 cod. proc. civ., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice” (Cass. Sez. 2, ord. 28 ottobre 2020, n. 23781, Rv. 659392-01; Cass. Sez. 1, sent. 12 febbraio 2016, n. 2814, Rv. 638551 – 01).
Inoltre, deve rilevarsi – per concludere sul punto – che allorché il ricorrente censuri la sentenza con cui il giudice di merito ha affermato l’inammissibilità dell’appello per mancanza di specificità dei motivi, oggetto del giudizio di legittimità “non è la sola argomentazione della decisione impugnata, bensì sempre e direttamente l’invalidità denunciata e la decisione che ne dipenda, anche quando se ne censuri la non congruità della motivazione; di talché in tali casi spetta al giudice di legittimità accertare la sussistenza del denunciato vizio attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dall’esistenza o dalla sufficienza e logicità dell’eventuale motivazione del giudice di merito sul punto” (Cass. Sez. 5, sent. 1° dicembre 2020, n. 27368, Rv. 659696-01).

7.1.2.2. Orbene, alla luce delle considerazioni che precedono deve ritenersi che, nel caso in esame, le censure formulate dalla E.V., avverso la sentenza del Tribunale lucchese, non difettassero affatto del requisito della specificità.

7.1. 2.2.1. La pronuncia resa dal primo giudice – della quale questa Corte è abilitata a prendere visione, essendo stato evocato con il ricorso un “error in procedendo”, rispetto al quale essa è giudice del “fatto processuale” (cfr., tra le altre, Cass. Sez. Lav., sent. 5 agosto 2019, n. 20924, Rv. 654799-01) – perveniva, per vero, al rigetto della domanda risarcitoria sulla base del seguente iter argomentativo.
Essa, innanzitutto, riconosceva non essere contestata la dinamica del sinistro, ovvero che il G.G. “è caduto all’indietro da un trabattello mentre era intento nello smontaggio/montaggio delle condotte dell’aria condizionata”, soggiungendo che “il piano di lavoro si trovava a 3,20 metri di altezza” e che “l’impalcatura non era dotata del parapetto della misura prevista”, risultando, inoltre, “sprovvisto della campata terminale di protezione”. In altri termini, il Tribunale accertava “deficienze del sistema di prevenzione degli infortuni sul lavoro”.
Su tali basi, tuttavia, pur riconosciuta – anche sulla base delle pattuizioni contrattuali richiamate dall’attrice, che prevedevano l’assunzione di specifici obblighi, a carico della società committente (e di quelle appaltatrice e subappaltrice), in relazione alla sicurezza sul lavoro – “l’astratta responsabilità di tutte le imprese che hanno partecipato alla catena degli appalti sub/appalti nel caso di specie, ossia la Kendrion s.p.a. quale committente originario e titolare del cantiere, la Inso s.p.a. e la F.C. s.r.l., quali appaltatori a loro volta appaltanti”, il giudice di prime cure rigettava la domanda risarcitoria. Esito al quale perveniva sul rilievo che Kendrion avesse fornito la prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare l’infortunio, avendo “provveduto alla redazione dei piani di sicurezza e coordinamento”, nonché “a presidiare con assiduità il cantiere”; con specifico riferimento, poi, al trabattello – del quale pure era stata accertata la non rispondenza alla normativa antinfortunistica – l’esonero da responsabilità è stato fondato sulla seguente, duplice, constatazione.
Per un verso, infatti, si è sottolineato come trabattelli sarebbero sempre stati montati correttamente, in quanto i dipendenti di Same “avevano anche il foglio di istruzione” (né essendovi state specifiche segnalazioni circa il loro non corretto montaggio); per altro verso, poi, si è evidenziato che essi costituissero “strumento di lavoro proprio dell’opera da eseguirsi da parte della Same”. Quest’ultima circostanza, ovvero la disponibilità esclusiva dei trabattelli in capo alla società datrice di lavoro del G.G., ha condotto all’esclusione della responsabilità anche delle società Inso e F.C., quantunque gli stessi, benché “controllati quasi giornalmente”, ben “difficilmente rispondevano alla normativa di sicurezza perché gli operai, per questione di praticità, smontavano alcune parti”.

7.1.2.2.2. Orbene, a fronte di tale motivazione, l’appellante ha, innanzitutto, censurato “la supposizione” secondo cui, “solo allorquando vi sia l’esplicita omissione dei controlli” – relativi alla sicurezza del luogo di lavoro – sussisterebbe “responsabilità” di soggetti diversi dal datore di lavoro (pur impegnatisi contrattualmente in tal senso), sicché, per converso, la mera “assidua presenza” dei preposti a tali controlli starebbe a denotare “una vigilanza diligente e regolare”. Già tale affermazione, che si trova – pagina 3 dell’atto di appello – quale “incipit” dei motivi di gravame, vale a chiarire la “cornice” entro la quale si collocava l’iniziativa impugnatoria della E.V..
Essa investiva, infatti, l’affermazione secondo cui, ai fini dell’esonero della responsabilità della società committente (e delle altre convolte nella catena degli appalti) – responsabilità pur ritenuta dal Tribunale “astrattamente configurabile” – potesse bastare il rilievo che i loro addetti alla sicurezza avessero provveduto “a presidiare con assiduità il cantiere”, eseguendo verifiche che investivano gli stessi trabattelli, “controllati quasi giornalmente”. A tali affermazioni, infatti, l’appellante – nell’immediato prosieguo del proprio atto di gravame – contrapponeva il rilievo secondo cui, “in caso di ispezione e controllo, qualora si accerti una violazione, più o meno grave, delle norme sulla prevenzione e sicurezza sul lavoro, i responsabili possono e devono sospendere i lavori”; rilievo, chiaramente, riferito alla constatazione (pure operata dal primo giudice) che trabattelli “difficilmente rispondevano alla normativa di sicurezza perché gli operai, per questione di praticità, smontavano alcune parti”.
Difatti, ulteriormente sviluppando le ragioni poste a base del proposto appello, la E.V. evidenziava, proprio con riferimento ai controlli eseguiti sui trabattelli, come l’art. 2087 cod. civ. – applicabile non al solo datore di lavoro, secondo quanto, del resto, già riconosciuto dal Tribunale di Lucca – esiga “l’osservanza delle norme e soprattutto dei mezzi di protezione”, sicché, per ritenere adempiuti gli obblighi da esso imposti, non poteva ritenersi sufficiente la “mera distribuzione del <<foglio di istruzione>> della ditta costruttrice e il controllo sul parziale innalzamento dei mezzi utilizzati”, ovvero “le uniche attività di vigilanza poste in essere dalle società coinvolte nel caso di specie”.
Non a caso, infatti, l’appellante si richiamava, subito dopo, alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui, il compito del datore di lavoro – e comunque dei soggetti ad esso equiparati, quanto al rispetto della normativa relativa alla sicurezza del luogo di lavoro (era citata, sul punto, Cass. Sez. 4 Pen., sent. dep. 5 gennaio 2016, n. 16) – “non si esaurisce nella formale predisposizione del piano di sicurezza, nella consegna ai lavoratori dei mezzi di prevenzione e nell’attuazione statica delle misure necessarie, essendo tenuto ad accertarsi che le disposizioni impartite vengano nei fatti eseguite”, nonché ad “intervenire per prevenire il verificarsi di incidenti, attivandosi per far cessare eventuali manomissioni o modalità d’uso pericolose da parte dei dipendenti, quali la rimozione delle cautele antinfortunistiche o il mancato impiego degli strumenti di prevenzione messi a disposizione” (veniva richiamata Cass. Sez. 4 Pen., sent. dep. 4 luglio 2014, n. 29276).
Ad ulteriore corredo delle censure formulate – e con chiaro riferimento alla circostanza dello smontaggio dei trabattelli, e, soprattutto, al fatto che essi “difficilmente rispondevano alla normativa di sicurezza” (come constatato in occasione dell’incidente che costò la vita al G.G., visto che la “l’impalcatura non era dotata del parapetto della misura prevista”, risultando, inoltre, sprovvista “della campata terminale di protezione”) – l’appellante si è richiamata ad un principio più volte affermato da questa Corte. Ovvero, quello secondo cui, “le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso”, donde la responsabilità del datore di lavoro – e dei soggetti ad esso equiparati – “sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente” (veniva richiamata, in particolare, Cass. Sez. Lav., sent. 4 dicembre 2012, n. 27127, Rv. 629176-01).
Tanto premesso, questa Corte ritiene – secondo il già descritto “modus operandi”, che impone al giudice di legittimità di verificare, più ancora che la correttezza della motivazione con cui il giudice di appello abbia escluso la specificità del motivo di gravame, direttamente la conformità dello stesso alla previsione di cui all’art. 342 cod. proc. civ. – che le argomentazioni, in fatto e in diritto, svolte dalla E.V. nel proprio atto di impugnazione consentissero di cogliere la critica rivolta alla decisione del Tribunale di Lucca, specie ove si consideri (come già rilevato) che essa può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini, come avvenuto nella specie, una critica adeguata e specifica della decisione impugnata.

7.1.3. In conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto (con assorbimento del secondo, relativo alle spese di lite, dal momento che il giudice del rinvio dovrà provvedere ad una loro rinnovata, totale, regolamentazione alla stregua dell’esito finale della lite; Cass. Sez. 3, sent. 14 marzo 2016, n. 4887, Rv . 639295-01), disponendo, per l’effetto, la cassazione in relazione della sentenza impugnata e il rinvio alla stessa Corte di Appello di Firenze, sebbene in diversa sezione e composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese anche del presente giudizio.

 

P.Q.M.




La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo e cassa in relazione la sentenza impugnata,