Archivi categoria: Sentenze

AMIANTO

Lagunare morto per amianto, ministero Difesa risarcirà la figlia

La Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza di condanna di primo grado nei confronti del ministero della Difesa. Dovrà risarcire la figlia di Mauro Raineri. Il lagunare è morto di mesotelioma 50 anni dopo essere stato esposto ad amianto durante il servizio militare.

La sentenza 916/2022 è arrivata dopo che i ministeri hanno tentato ancora una volta di contestare il nesso causale per il breve servizio di leva e il lunghissimo periodo di lungolatenza.

Lagunare esposto ad amianto, morto 50 anni dopo

Già in primo grado il Tribunale di Milano aveva, però, ribadito che il mesotelioma pleurico ha un periodo di latenza minimo “di circa 15 anni, di 32 anni quella media e la latenza massima può superare, come nel caso di specie, il cinquantennio” (richiamando una Sentenza della Cassazione penale del 2016).

Il servizio di leva al Battaglione Lagunare Marghera

Mauro Raineri, di Genova, aveva prestato servizio di leva tra il marzo del 1963 e il luglio del 1964 a Palermo, Messina e Venezia. Qui era stato esposto all’amianto, in particolare a Venezia, assegnato al Battaglione Lagunare Marghera, dove è stato dimostrato ci fosse, sempre secondo il Tribunale di Milano, “un’ampia e diffusa presenza di componentistica in amianto”, in particolare “nelle strutture, impianti ed installazioni, nelle dotazioni individuali e collettive degli uomini d’arma, nei mezzi meccanizzati, in ragione della estrema versatilità del materiale e della sua particolare capacità di resistenza alla trazione e al calore”.

I problemi di natura respiratoria e il decesso

Dopo aver manifestato problematiche di natura respiratoria all’inizio del luglio del 2017 viene ricoverato in ospedale e muore a 75 anni, il 31 dello stesso mese. Il mesotelioma verrà scoperto soltanto grazie all’autopsia. In ospedale, infatti, la diagnosi era stata quella di una polmonite bilaterale.

L’unica figlia, che già in precedenza aveva perso la madre, si è rivolta così all’Osservatorio Nazionale Amianto e al suo presidente. Proprio perché fosse riconosciuta la natura professionale della malattia che in meno di un mese le aveva portato via il padre. A 38 anni era rimasta orfana e, per questo, nonostante non fosse a carico del genitore, ha comunque diritto al risarcimento anche come erede di vittima del dovere.

Per questo il Tribunale di Milano aveva condannato, nel luglio 2021, il ministero dell’Interno a riconoscere a Raineri lo status di vittima del dovere. E il ministero della Difesa alla liquidazione dell’equo indennizzo in favore della figlia. Circa 350mila euro oltre al risarcimento del danno che verrà conteggiato in separato giudizio.

Amianto :Discariche e Compensazioni

MEZZANA BIGLI

Discarica di amianto(Ferrera Pavia) intesa con la società Acta per interventi ambientali

I gestori dell’impianto stanno definendo con i Comuni le opere compensative. Arriveranno 50mila euro per un parco giochi e uno sportello per la bonifica

MEZZANA BIGLI

Dopo la lunga battaglia contro la discarica dedicata allo smaltimento del cemento amianto alla cascina Gallona di Ferrera, durata sei anni e culminata nel luglio del 2021 con la sentenza del Tar Lombardia che legittimava le concessioni regionali contestate dai Comuni limitrofi, si va alla ricerca di una pace nelle relazioni tra le parti sino a ieri in causa.

SANNAZZARO

Era toccato prima al Comune di Ferrera, nel cui territorio è situato l’impianto. Giorni fa al confinante Comune di Sannazzaro che fu capofila del ricorso risalente ai tempi in cui era ancora sindaco Giovanni Maggi, si è raggiunto un accordo di massima che ha visto la trattativa tra l’attuale primo cittadino Roberto Zucca e l’amministratore delegato di Acta, Francesco Minghetti.

MEZZANA BIGLI
Ieri la società che gestisce la discarica, ha trovato un accordo compensativo anche con il Comune di Mezzana Bigli.

Nel municipio di piazza Gramsci è stata sottoscritta una convenzione circa le compensazioni ambientali derivanti dall’attività ormai avanzata delle discarica che sta per ultimare il secondo dei sei lotti autorizzati.

Dopo aver definito con Ferrera, Sannazzaro e Mezzana Bigli una diversa soluzione dei fondi destinati alla realizzazione di una pista ciclopedonale (chi avrebbe mai usufruito di un impianto sportivo ridosso di una discarica?), Acta ha raggiunto anche con il sindaco Vittore Ghiroldi di Mezzana Bigli un’intesa per l’erogazione di fondi (circa 50mila complessivi) per la costruzione di un parco giochi alla frazione Balossa Bigli e il finanziamento di uno sportello-amianto per i cittadini che vorranno procedere con la rimozione dai propri tetti del cemento amianto, pericoloso se non correttamente gestito.

Sannazzaro avrebbe sancito invece un accordo per la realizzazione di una rotatoria all’altezza dell’ex Dollaro (previsione di spesa per 200mila euro) e per l’auspicabile bonifica, ancora da definire, della copertura del condominio abbandonato di via Monte Grappa.

Dice il sindaco Ghiroldi: «Abbiamo cercato di fissare degli obiettivi che potessero determinare benefici ambientali e sociali immediatamente fruibili dalla collettività».

E Giuseppe Guagnini, presidente di Acta, afferma: «Ho illustrato al Comune la nostra attività confermando il servizio di pubblica utilità offerto da Acta impegnandoci a collaborare con iniziative rivolte al miglioramento della vita sociale e al risanamento dell’ambiente». —

Amianto :Sentenze e Cordoglio

Morì di tumore per amianto in provincia di Palermo: Inail condannata a pagare una rendita alla famiglia

La Corte di Appello di Palermo ha condannato l’Inail a dare alla vedova di un operaio che ha lavorato per circa 36 anni alle Cementerie Siciliane, morto per tumore, la rendita che spetta ai superstiti.

I giudici d’appello della sezione Lavoro hanno riconosciuto che l’operaio, in servizio presso lo stabilimento di Isola delle Femmine, è deceduto a causa di un tumore ai polmoni, contratto a seguito della perdurante esposizione all’amianto. La sentenza apre nuovi scenari sul fronte dell’accertamento delle eventuali responsabilità dell’azienda per la gestione dell’impianto e la tutela della sicurezza del personale. La famiglia era assistita dall’avvocato Giuseppe Caltanissetta e dai legali giuslavoristi Carmelo Butticé e Claudia Spotorno.

“Sulla base della documentazione – si legge nella consulenza tecnica – agli atti l’operaio è morto il 23 gennaio del 2016 a causa di un carcinoma polmonare metastatico. La condizione patologia, in considerazione dell’attività lavorativa svolta dall’assicurato quand’era in vita e del periodo storico in cui la stessa fu svolta, anche considerata la durata dell’esposizione ultratrentennale, è da ritenere con ragionevole probabilità di natura professionale

Fino a quando morire d’amianto?

Cordoglio per la morte di Nino Dall’Olio, ennesima vittima dell’uso dell’amianto nella OGR di Bologna

Amianto :Benefici di legge

Esposti all’amianto, la rivincita dei marittimi

La Corte d’Appello di Napoli ha riconosciuto il diritto di sei lavoratori alla rivalutazione del periodo contributivo in virtù dell’esposizione prolungata al materiale cancerogeno

La Corte d’Appello di Napoli ha riconosciuto il beneficio pensionistico ad alcuni lavoratori marittimi isolani esposti all’amianto. Tale materiale, come è noto, è ormai da trent’anni ufficialmente riconosciuto come cancerogeno, pur essendo stato utilizzato per decenni in svariati settori, compresa la cantieristica navale, mettendo quindi in serio rischio la salute di tantissimi lavoratori. Con una importante sentenza, i giudici della Sezione riservata alle controversie di lavoro, di previdenza e di assistenza, hanno accolto il ricorso di sei lavoratori, rappresentati e difesi dall’avvocato Carmine Passaro, i quali chiedevano che venisse dichiarato il proprio diritto al beneficio in questione ai sensi dell’art. 13 della legge n. 257/92, con la condanna dell’Inps alla rivalutazione del periodo contributivo e alla erogazione delle prestazioni previdenziali conseguenti, mediante ricalcolo dell’ammontare della pensione oppure riconoscimento del trattamento di quiescenza spettante. In primo grado il tribunale aveva rigettato il ricorso, che invece in appello è stato accolto per sei lavoratori sui dieci che avevano impugnato la decisione.

La questione era essenzialmente basata sulla successione delle normative applicabili, cioè l’articolo 13 comma 8 della legge 257/1992, e la disciplina successiva stabilita dalla legge 326/2003, e sul diritto dei lavoratori a poter beneficiare di tali normative. La prima prevedeva che “per i lavoratori che siano stati esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni l’intero periodo lavorativo soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto gestita dall’Inail è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5”, mentre la seconda legge ha riformato la disciplina, stabilendo che per l’oggetto della prestazione previdenziale, il coefficiente di rivalutazione dei contributi passa da 1,5 a 1,25 e la rivalutazione incide solo sulla misura della pensione e non sui requisiti per conseguirla; sono inoltre mutati i requisiti per ottenere il beneficio (periodo non inferiore a dieci anni di esposizione all’amianto in concentrazione media annuale non inferiore a 100 fibre /litro come valore medio su otto ore al giorno), ed è cambiato anche il procedimento amministrativo, in quanto è prevista una domanda da presentare entro un termine di decadenza all’Inail (180 giorni dalla pubblicazione ufficiale del decreto), che ha la funzione di accertare e certificare la sussistenza e la durata dell’esposizione.

In base alla legge 326/2003 per i lavoratori che siano stati esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni l’intero periodo lavorativo soggetto all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto gestita dall’Inail è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,25

La Corte d’Appello ha tenuto però a sottolineare che con la legge di conversione è stata espressamente fatta salva l’applicazione della disciplina dettata dall’articolo 13 comma 8 della legge 257/1992 per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore della nuova disciplina (dunque il 2 ottobre 2003), il diritto di trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, oltre a coloro che alla data di entrata in vigore del presente decreto, fruiscano dei trattamenti di mobilità, o che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento, o ancora per coloro che abbiano avanzato domanda di riconoscimento all’Inail od ottenuto sentenza favorevoli per cause avviate entro la medesima data.

Amianto : Sentenze

Morti per amianto in Firema: pm, assoluzione per ex vertici

La Procura alza bandiera bianca: “Manca la prova per condanna”

(ANSA) – CASERTA, 03 OTT – Non ci sarà probabilmente nessun colpevole per i 19 lavoratori morti e gli 82 malati per esposizione all’amianto alla Firema, storica azienda di Caserta – oggi denominata Tfa dopo l’acquisizione nel 2015 da parte degli indiani di Titagarh – che produce carrozze ferroviarie.

Il sostituto della Procura di Santa Maria Capua Vetere Giacomo Urbano ha infatti chiesto l’assoluzione per mancanza di prove per sette ex dirigenti della Firema imputati per omicidio e lesioni colpose, ovvero per gli ex amministratori delegati Mario Fiore e Giovanni Fiore e per gli alti ex dirigenti Enzo Ianuario, Maurizio Russo, Giovanni Iardino, Giuseppe Ricci e Carlo Regazzoni.

Ricci e Russo erano già usciti indenni per assoluzione dal primo processo, in cui la Procura aveva contestato il reato più lieve di rimozione e omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro.
    Poi l’ufficio inquirente aveva aperto una seconda indagine per omicidio colposo, indagando altri amministratori succedutisi negli anni, e percorrendo una strada simile a quella della Procura di Torino in relazione alla vicenda dell’Eternit, dove il proprietario dell’azienda, l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, era stato salvato in Cassazione dalla prescrizione dopo essere stato condannato in primo e secondo grado a 16 e 18 anni per disastro colposo in relazione a decine di decessi per amianto; l’ufficio inquirente aveva così deciso di aprire un nuovo fascicolo a carico di Schmidheiny per omicidio doloso (poi derubricato in delitto colposo), sfruttando anche una sentenza della Corte Costituzionale del 2016, che aveva dichiarato l’imprenditore processabile nuovamente senza che venisse violato il principio giuridico del “ne bis in idem”.
    A Santa Maria Capua Vetere le testimonianze dei lavoratori malati non sono state però precise né ritenute rilevanti; troppo il tempo passato dai fatti, antecedenti al 1990 quando l’amianto fu eliminato dall’azienda, così molti ex dipendenti non ricordavano. Si torna in aula a metà ottobre. (ANSA).

Amianto:Sentenze e indagini

Amianto: morto per mesotelioma, due ministeri condannati

Nel Napoletano. Vittima motorista navale di 69 anni

(ANSA) – NAPOLI, 28 SET – Il Tribunale di Torre Annunziata ha condannato il Ministero della Difesa e il Ministero dell’Interno a riconoscere vittima del dovere il motorista navale di Torre del Greco, Mario La Rocca, morto nel 2017 a 69 anni di mesotelioma per l’esposizione alla fibra killer.

Il Tribunale di Torre Annunziata ha condannato il Ministero della Difesa e il Ministero dell’Interno a riconoscere vittima del dovere il motorista navale Mario L., tarantino morto nel 2017 a 69 anni di mesotelioma per l’esposizione alla fibra killer. I due ministeri sono stati condannati a risarcire la vedova, che potrà anche beneficiare dell’assistenza psicologica a carico dello Stato, con una speciale elargizione di 350mila euro e con una rendita mensile ( di 1900 euro

Marito e moglie morti per amianto: lui era stato operaio alla Montedison. La procura apre un’inchiesta

VENEZIA – L’amianto se li è portati via prematuramente tutti e due, a distanza di quattro anni e mezzo. La Procura di Venezia, attraverso il pm Elisabetta Spigarelli, ha aperto un procedimento penale per l’ipotesi di reato di omicidio colposo, al momento contro ignoti, per il decesso di Valter Scattolin, di soli 66 anni, residente a Mestre, in viale San Marco, avvenuto lunedì 26 settembre 2022 al Policlinico San Marco. Il fascicolò è stato aperto in seguito alla segnalazione inviata da prassi dallo stesso ospedale in ragione della riconosciuta esposizione all’amianto, e non solo, della vittima. Il signor Scattolin infatti, prima di andare in pensione, aveva lavorato per tanti anni come operaio specializzato alla Montedison di Porto Marghera, dove gli erano state fatte addirittura indossare tute “protettive” di amianto per schermarsi dal calore, e successivamente per altre fabbriche della zona come la Navicolor, la “Cecchinato & Zanon”, la Italsaver e Fincantieri nei rispettivi reparti di verniciatura e sabbiatura, entrando in contatto diretto con vernici, solventi e polveri extra-sottili: in Fincantieri, dove operava come verniciatore negli scomparti interni delle navi, peraltro, ha perso a causa di un tragico incidente sul lavoro anche un cugino che effettuava le sue stesse mansioni, deceduto in seguito a un’esplosione.

Commissione Ue, ridurre di 10 volte esposizione lavoratori

Bandito dal 2005, causa 78% tumori professionali

BRUXELLES – L’Ue interviene per ridurre il rischio amianto, causa del 78% dei tumori professionali tra gli Stati membri. Per aumentare la protezione dei lavoratori la Commissione propone di ridurre di dieci volte il limite di esposizione all’amianto sul lavoro rispetto a oggi. Prevede un aumento del sostegno ai malati di tumore professionale e un monitoraggio degli edifici che tutt’ora contengono amianto, ancora 220 milioni. Nel 2019 70mila persone sono morte per l’esposizione all’amianto sul lavoro. Da 4,1 a 7,3 milioni di lavoratori sono ancora esposti, il 97% nelle costruzioni, il 2% nello smaltimento. L’amianto è bandito dal 2005.

Amianto:Sentenze buone e cattive

Morti per amianto alla Fibronit Broni, manager assolti: “Non c’è prova della loro colpa”

Pavia, le motivazioni della sentenza: nessuna certezza che quelle fibre abbiano accelerato la malattia

Fibronit Broni, tutti assolti: “Migliaia di morti e nessun colpevole”

L’Appello bis fa calare il sipario sugli ultimi ex manager a giudizio. Rabbia dei parenti delle vittime: “I due imputati sono innocenti? Allora la magistratura ci deve dire chi sono i veri responsabili”

Impossibile stabilire con esattezza quando è iniziata la malattia e, di conseguenza, assegnare delle responsabilità. Le motivazioni della Corte d’appello di Milano sulla sentenza Fibronit, appena depositate, hanno specificato nel dettaglio questo concetto già anticipato a luglio, con la pronuncia di assoluzione per gli ultimi due imputati: l’ex direttore dello stabilimento Lorenzo Mo, oggi 78enne, e l’ex amministratore delegato Michele Cardinale, classe 1941.

A cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80 avevano lavorato con ruoli apicali e quindi di garanzia alla Fibronit. Gli anni effettivi presi in esame dai giudici in questo senso sono solo 4, tra il 1981 e il 1985, ma poco importa perché la Corte non ha potuto non tener conto delle perizie commissionate a due super consulenti esperti in medicina del lavoro che hanno messo nero su bianco, in lunghe relazioni, questo fatto: impossibile stabilire con certezza il nesso temporale tra l’esposizione all’amianto e l’insorgere delle malattie correlate, in particolare il tumore specifico chiamato mesotelioma pleurico e l’asbestosi. Insomma, è innegabile, l’amianto lavorato alla Fibronit ha provocato migliaia di morti da queste parti, ma è letteralmente impossibile, allo stato delle conoscenze mediche attuali, individuare quando fu inalata la fibra destinata ad innescare, magari 30 o 40 anni dopo, un male incurabile.

Il processo per i morti di amianto a Broni e nelle zone limitrofe iniziò una quindicina d’anni fa a Voghera, qualche anno prima della chiusura del tribunale oltrepadano. Le due sentenze di condanna, in primo grado a Pavia e in secondo grado presso la Corte d’appello di Milano, erano state respinte della Cassazione che aveva rinviato il tutto a un altro collegio milanese, lo stesso che oggi ha messo, salvo un nuovo ed ultimo ricorso in Cassazione, una pietra su questa interminabile vicenda giudiziaria conclusasi con un sostanziale nulla di fatto.

Operaio di Torre Annunziata morto per amianto: Inail condannata a risarcire la famiglia

Il 66enne esposto alla fibra killer tra 1978 e 1991. Lavorò anche all’Avis di Castellammare

Torre Annunziata. Il giudice Beatrice Marrani del Tribunale di Velletri ha condannato l’INAIL a riconoscere l’indennizzo da malattia professionale agli eredi di Giovanni Panariello, operaio di Torre Annunziata morto per mesotelioma dopo essere stato esposto ad amianto.

Alla vedova saranno versati circa 110mila euro di arretrati, compreso il fondo vittime amianto, e una rendita mensile di circa 2mila euro al mese. Panariello che ha lavorato presso diverse ditte, tra cui l’Avis di Castellamare di Stabia, in particolare ha svolto attività di commercio e pulizia dei materiali di scarto tra cui la scoibentazione dell’amianto presente nelle carrozze ferroviarie.

Nel febbraio 2017 è arrivata la terribile diagnosi e l’uomo è morto a soli 66 anni nel dicembre dello stesso anno. L’INAIL, che eppure aveva riconosciuto all’uomo la malattia professionale, contestava non solo il nesso causale tra il decesso avvenuto per amianto e l’attività lavorativa, ma la stessa esposizione all’asbesto.

L’uomo, oltretutto era stato collocato in pensione nel gennaio 2010 usufruendo dei benefici previdenziali di legge per esposizione all’amianto con la certificazione della stessa INPS che ha rilevato: “è stata riconosciuta l’esposizione all’amianto per 666 settimane comprese nel periodo dal 11 febbraio 1978 al 16 settembre 1991”.

“L’INAIL ha negato l’evidenza e le sue stesse conclusioni – ha commentato il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, l’avvocato Ezio Bonanni – evitando per l’ennesima volta di riconoscere i diritti degli eredi di una vittima amianto. Un uomo che ha lavorato tutta la vita per poter sostenere la sua famiglia e che si è ammalato proprio di mesotelioma, una patologia gravissima che lo ha portato via in meno di un anno”.

Esposto all’amianto durante il lavoro: i giudici gli aumentano la pensione

Riconosciuta la malattia professionale dopo 16 anni per un lavoratore casertano

M.D. ha lavorato dal 1979 al 2004 alle dipendenze di una società di elettromeccanica del casertano, periodo durante il quale sarebbe stato esposto a fibre di amianto, ragion per cui gli è stata riconosciuta, con il patrocinio dell’avvocato Domenico Carozza, la rivalutazione contributiva prevista dalla legge.

Nell’ottobre del 2020 M.D., ha scoperto di avere una particolare forma di cancro ai polmoni, prima trattato con chemioterapia e poi trattato chirurgicamente. M.D. si è nuovamente rivolto al legale Carozza che, dopo approfondimenti in diritto e con l’apporto di una consulenza medico legale di parte, ha ritenuto proponibile azione in giudizio per il riconoscimento della malattia professionale, benché fossero trascorsi molti anni dal periodo di esposizione alle fibre di amianto.

Amianto :Sentenze

Contrae “mesotelioma pleurico” lavorando a contatto con l’amianto su navi della Marina

Il Tribunale di Taranto ha riconosciuto un risarcimento di 540mila euro che il Ministero della Difesa dovrà corrispondere a un operaio tubista dell’indotto dell’Arsenale militare che ha contratto il mesotelioma pleurico lavorando a contatto con l’amianto su navi della Marina. Lo rende noto Luciano Carleo, presidente di Contramianto Onlus, che ha assistito la famiglia dell’operaio, ricostruendo la sua vita lavorativa. “Le navi della Marina Militare – spiega l’associazione – su cui aveva lavorato l’operaio per quasi un ventennio, sino alla metà degli anni 90, erano tutte coibentate con amianto come si legge negli atti acquisiti presso l’Arsenale di Taranto”

Esposizione all’amianto e decesso del lavoratore per mesotelioma pleurico (Tribunale Vicenza,  n. 217/2022 del 26/07/2022).

Esposizione all’amianto per cause lavorative e decesso del lavoratore per mesotelioma pleurico.

Gli eredi del lavoratore deceduto invocano il risarcimento dei danni assumendo la natura professionale della malattia che l’ha determinata e la responsabilità della datrice di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c.

In particolare, allegano che il lavoratore aveva svolto mansioni di falegname, aggiustatore meccanico, addetto alla bonifica dell’amianto e alla manutenzione.

Sostengono che il congiunto ha subito esposizione all’amianto dalla metà degli anni 90 e che la datrice di lavoro non ha adottato le misure di prevenzione necessarie ad evitare il pericolo per la salute del dipendente, in violazione dell’obbligazione di sicurezza prevista dall’art. 2087 c.c.

Il Tribunale ritiene la domanda fondata.

La CTU ha consentito di accertare che il defunto era affetto da mesiotelioma pleurico, patologia provocata dall’esposizione all’asbesto, con sopravvivenza a lungo termine rara e che “le tabelle delle malattie di origine lavorativa, di cui al DM 27.4.2004, hanno inserito il mesiotelioma pleurico tra i tumori professionali provocati dall’esposizione all’amianto. I dati della letteratura scientifica mettono poi in evidenza l’incremento del rischio di mesiotelioma tra gli addetti al servizio ferroviario, in particolare tra coloro che hanno svolto le stesse mansioni del lavoratore e, per questo, hanno subito una rilevante esposizione all’amianto.”

La CTU ha evidenziato, inoltre, “la malattia è insorta il 14.6.2018, ciò con riferimento alla documentazione sanitaria esaminata, che ha messo in evidenza come la patologia fosse già in stato avanzato quando è stata scoperta. Sulla base dei dati sanitari, da cui emerge che il periziato venne sottoposto a intervento chirurgico già nel mese di agosto 2018, due mesi dopo la prima diagnosi, il danno biologico temporaneo può essere stimato nella misura media dell’80% dalla data della comparsa della patologia fino al decesso”.

Conseguentemente viene ritenuto accertato il rapporto causale tra la patologia e la morte del lavoratore. Ciò posto, in punto di responsabilità del datore di lavoro viene ribadito quanto statuito dalla Suprema Corte : ” l’imperizia, nella quale rientra la ignoranza delle necessarie conoscenze tecnico – scientifiche, è u no dei parametri integrativi al quale commisurare la colpa, e non potrebbe risolversi in esimente da responsabilità per il datore di lavoro”.

Va considerato, sul punto, che l’orientamento della giurisprudenza di legittimità è nel senso che incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro, mentre sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi (cfr. Cass.24742/2018).

L’esposizione del defunto all’amianto nel corso dell’attività lavorativa emerge dai documenti allegati e inerenti il procedimento di ATP promosso dal lavoratore prima del decesso.

iene pertanto affermata la responsabilità della datrice di lavoro per la malattia contratta a seguito dell’esposizione all’amianto.

Il danno jure hereditatis dei ricorrenti viene risarcito attraverso i parametri predisposti dalle tabelle milanesi, nel loro aggiornamento del 2021,  addivenendo per i primi 100 giorni a euro 125.000,00.

Per la liquidazione del danno dei successivi 300 giorni, viene utilizzato il criterio del triplo della misura di liquidazione del danno biologico da invalidità temporanea, che la CTU ha stimato nell’80%, addivenendosi all’importo di euro 80.000,00.

Dall’importo complessivo di euro 205.000,00, viene detratta la somma di euro 11.296,41, riconosciuta dall’INAIL per lo stesso titolo, residuando euro 194.000,00.

Per il danno jure proprio da perdita del rapporto parentale, alla moglie viene liquidato l’importo di euro 240.000,00 e in favore di ciascuno dei figli l’importo di euro 190.000,00.

Amianto:Risarcimento

Amianto, Camillo Limatola morto per l’esposizione: Ministero della Difesa condannato a risarcire oltre un milione di euro

La sentenza arriva dopo 9 anni la morte del sottufficiale

Il Tribunale di Roma ha condannato il Ministero della Difesa a un risarcimento complessivo pari a un milione 300mila euro per la morte del sottufficiale della Marina Militare, Camillo Limatola, napoletano, deceduto il primo agosto del 2013, all’età di 59 anni, a causa di un mesoteliona da esposizione ad amianto.

Amianto e I.N.A.I.L e Tribunali

Amianto, riconosciuto il risarcimento per un funzionario di banca che si ammalò di tumore

All’uomo, 44 anni, venne diagnosticato un mesotelioma maligno del peritoneo. Oggi la sentenza del tribunale di Roma sancisce la relazione tra il tumore e l’amianto. Condannato l’Inail

«Mesotelioma maligno del peritoneo»: la diagnosi è di quelle che fanno tremare. La causa è inequivocabile: esposizione all’amianto. E oggi una sentenza del tribunale di Roma, emessa dal giudice del lavoro Luca Redavid, ne sancisce la correlazione.

Un funzionario di banca, romano di 44 anni, si ammala dopo che per cinque anni, dal 2000 al 2005, lavora in un palazzo di viale dell’Arte all’Eur. Un palazzo che viene bonificato tardivamente e male, dal momento che – in seguito a delle indagini effettuate nel 2007 – viene dimostrato che l’amianto, in cattivo stato di conservazione, cade dal soffitto dei corridoi e della mensa sulla testa dei dipendenti. E non solo: si trova anche nelle condutture dell’aria.

Eppure, nonostante un’invalidità del lavoratore riconosciuta all’80%, l’Inail nega l’origine professionale. Così il 44enne si rivolge all’Osservatorio nazionale amianto, che gli offre assistenza medica e legale. «Una sentenza storica, perché sancisce il primo riconoscimento giudiziale per un bancario rispetto ai 113 casi censiti riportati nel VII Rapporto mesoteliomi – la definisce così il presidente Ezio Bonanni, che ha ottenuto la condanna dell’ente -. Ora procederemo con l’azione di risarcimento dei danni, chiamando in causa l’istituto di credito».