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Amianto : Sentenze

Morti per amianto in Firema: pm, assoluzione per ex vertici

La Procura alza bandiera bianca: “Manca la prova per condanna”

(ANSA) – CASERTA, 03 OTT – Non ci sarà probabilmente nessun colpevole per i 19 lavoratori morti e gli 82 malati per esposizione all’amianto alla Firema, storica azienda di Caserta – oggi denominata Tfa dopo l’acquisizione nel 2015 da parte degli indiani di Titagarh – che produce carrozze ferroviarie.

Il sostituto della Procura di Santa Maria Capua Vetere Giacomo Urbano ha infatti chiesto l’assoluzione per mancanza di prove per sette ex dirigenti della Firema imputati per omicidio e lesioni colpose, ovvero per gli ex amministratori delegati Mario Fiore e Giovanni Fiore e per gli alti ex dirigenti Enzo Ianuario, Maurizio Russo, Giovanni Iardino, Giuseppe Ricci e Carlo Regazzoni.

Ricci e Russo erano già usciti indenni per assoluzione dal primo processo, in cui la Procura aveva contestato il reato più lieve di rimozione e omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro.
    Poi l’ufficio inquirente aveva aperto una seconda indagine per omicidio colposo, indagando altri amministratori succedutisi negli anni, e percorrendo una strada simile a quella della Procura di Torino in relazione alla vicenda dell’Eternit, dove il proprietario dell’azienda, l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, era stato salvato in Cassazione dalla prescrizione dopo essere stato condannato in primo e secondo grado a 16 e 18 anni per disastro colposo in relazione a decine di decessi per amianto; l’ufficio inquirente aveva così deciso di aprire un nuovo fascicolo a carico di Schmidheiny per omicidio doloso (poi derubricato in delitto colposo), sfruttando anche una sentenza della Corte Costituzionale del 2016, che aveva dichiarato l’imprenditore processabile nuovamente senza che venisse violato il principio giuridico del “ne bis in idem”.
    A Santa Maria Capua Vetere le testimonianze dei lavoratori malati non sono state però precise né ritenute rilevanti; troppo il tempo passato dai fatti, antecedenti al 1990 quando l’amianto fu eliminato dall’azienda, così molti ex dipendenti non ricordavano. Si torna in aula a metà ottobre. (ANSA).

Amianto:Sentenze e indagini

Amianto: morto per mesotelioma, due ministeri condannati

Nel Napoletano. Vittima motorista navale di 69 anni

(ANSA) – NAPOLI, 28 SET – Il Tribunale di Torre Annunziata ha condannato il Ministero della Difesa e il Ministero dell’Interno a riconoscere vittima del dovere il motorista navale di Torre del Greco, Mario La Rocca, morto nel 2017 a 69 anni di mesotelioma per l’esposizione alla fibra killer.

Il Tribunale di Torre Annunziata ha condannato il Ministero della Difesa e il Ministero dell’Interno a riconoscere vittima del dovere il motorista navale Mario L., tarantino morto nel 2017 a 69 anni di mesotelioma per l’esposizione alla fibra killer. I due ministeri sono stati condannati a risarcire la vedova, che potrà anche beneficiare dell’assistenza psicologica a carico dello Stato, con una speciale elargizione di 350mila euro e con una rendita mensile ( di 1900 euro

Marito e moglie morti per amianto: lui era stato operaio alla Montedison. La procura apre un’inchiesta

VENEZIA – L’amianto se li è portati via prematuramente tutti e due, a distanza di quattro anni e mezzo. La Procura di Venezia, attraverso il pm Elisabetta Spigarelli, ha aperto un procedimento penale per l’ipotesi di reato di omicidio colposo, al momento contro ignoti, per il decesso di Valter Scattolin, di soli 66 anni, residente a Mestre, in viale San Marco, avvenuto lunedì 26 settembre 2022 al Policlinico San Marco. Il fascicolò è stato aperto in seguito alla segnalazione inviata da prassi dallo stesso ospedale in ragione della riconosciuta esposizione all’amianto, e non solo, della vittima. Il signor Scattolin infatti, prima di andare in pensione, aveva lavorato per tanti anni come operaio specializzato alla Montedison di Porto Marghera, dove gli erano state fatte addirittura indossare tute “protettive” di amianto per schermarsi dal calore, e successivamente per altre fabbriche della zona come la Navicolor, la “Cecchinato & Zanon”, la Italsaver e Fincantieri nei rispettivi reparti di verniciatura e sabbiatura, entrando in contatto diretto con vernici, solventi e polveri extra-sottili: in Fincantieri, dove operava come verniciatore negli scomparti interni delle navi, peraltro, ha perso a causa di un tragico incidente sul lavoro anche un cugino che effettuava le sue stesse mansioni, deceduto in seguito a un’esplosione.

Commissione Ue, ridurre di 10 volte esposizione lavoratori

Bandito dal 2005, causa 78% tumori professionali

BRUXELLES – L’Ue interviene per ridurre il rischio amianto, causa del 78% dei tumori professionali tra gli Stati membri. Per aumentare la protezione dei lavoratori la Commissione propone di ridurre di dieci volte il limite di esposizione all’amianto sul lavoro rispetto a oggi. Prevede un aumento del sostegno ai malati di tumore professionale e un monitoraggio degli edifici che tutt’ora contengono amianto, ancora 220 milioni. Nel 2019 70mila persone sono morte per l’esposizione all’amianto sul lavoro. Da 4,1 a 7,3 milioni di lavoratori sono ancora esposti, il 97% nelle costruzioni, il 2% nello smaltimento. L’amianto è bandito dal 2005.

Amianto:Sentenze buone e cattive

Morti per amianto alla Fibronit Broni, manager assolti: “Non c’è prova della loro colpa”

Pavia, le motivazioni della sentenza: nessuna certezza che quelle fibre abbiano accelerato la malattia

Fibronit Broni, tutti assolti: “Migliaia di morti e nessun colpevole”

L’Appello bis fa calare il sipario sugli ultimi ex manager a giudizio. Rabbia dei parenti delle vittime: “I due imputati sono innocenti? Allora la magistratura ci deve dire chi sono i veri responsabili”

Impossibile stabilire con esattezza quando è iniziata la malattia e, di conseguenza, assegnare delle responsabilità. Le motivazioni della Corte d’appello di Milano sulla sentenza Fibronit, appena depositate, hanno specificato nel dettaglio questo concetto già anticipato a luglio, con la pronuncia di assoluzione per gli ultimi due imputati: l’ex direttore dello stabilimento Lorenzo Mo, oggi 78enne, e l’ex amministratore delegato Michele Cardinale, classe 1941.

A cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80 avevano lavorato con ruoli apicali e quindi di garanzia alla Fibronit. Gli anni effettivi presi in esame dai giudici in questo senso sono solo 4, tra il 1981 e il 1985, ma poco importa perché la Corte non ha potuto non tener conto delle perizie commissionate a due super consulenti esperti in medicina del lavoro che hanno messo nero su bianco, in lunghe relazioni, questo fatto: impossibile stabilire con certezza il nesso temporale tra l’esposizione all’amianto e l’insorgere delle malattie correlate, in particolare il tumore specifico chiamato mesotelioma pleurico e l’asbestosi. Insomma, è innegabile, l’amianto lavorato alla Fibronit ha provocato migliaia di morti da queste parti, ma è letteralmente impossibile, allo stato delle conoscenze mediche attuali, individuare quando fu inalata la fibra destinata ad innescare, magari 30 o 40 anni dopo, un male incurabile.

Il processo per i morti di amianto a Broni e nelle zone limitrofe iniziò una quindicina d’anni fa a Voghera, qualche anno prima della chiusura del tribunale oltrepadano. Le due sentenze di condanna, in primo grado a Pavia e in secondo grado presso la Corte d’appello di Milano, erano state respinte della Cassazione che aveva rinviato il tutto a un altro collegio milanese, lo stesso che oggi ha messo, salvo un nuovo ed ultimo ricorso in Cassazione, una pietra su questa interminabile vicenda giudiziaria conclusasi con un sostanziale nulla di fatto.

Operaio di Torre Annunziata morto per amianto: Inail condannata a risarcire la famiglia

Il 66enne esposto alla fibra killer tra 1978 e 1991. Lavorò anche all’Avis di Castellammare

Torre Annunziata. Il giudice Beatrice Marrani del Tribunale di Velletri ha condannato l’INAIL a riconoscere l’indennizzo da malattia professionale agli eredi di Giovanni Panariello, operaio di Torre Annunziata morto per mesotelioma dopo essere stato esposto ad amianto.

Alla vedova saranno versati circa 110mila euro di arretrati, compreso il fondo vittime amianto, e una rendita mensile di circa 2mila euro al mese. Panariello che ha lavorato presso diverse ditte, tra cui l’Avis di Castellamare di Stabia, in particolare ha svolto attività di commercio e pulizia dei materiali di scarto tra cui la scoibentazione dell’amianto presente nelle carrozze ferroviarie.

Nel febbraio 2017 è arrivata la terribile diagnosi e l’uomo è morto a soli 66 anni nel dicembre dello stesso anno. L’INAIL, che eppure aveva riconosciuto all’uomo la malattia professionale, contestava non solo il nesso causale tra il decesso avvenuto per amianto e l’attività lavorativa, ma la stessa esposizione all’asbesto.

L’uomo, oltretutto era stato collocato in pensione nel gennaio 2010 usufruendo dei benefici previdenziali di legge per esposizione all’amianto con la certificazione della stessa INPS che ha rilevato: “è stata riconosciuta l’esposizione all’amianto per 666 settimane comprese nel periodo dal 11 febbraio 1978 al 16 settembre 1991”.

“L’INAIL ha negato l’evidenza e le sue stesse conclusioni – ha commentato il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, l’avvocato Ezio Bonanni – evitando per l’ennesima volta di riconoscere i diritti degli eredi di una vittima amianto. Un uomo che ha lavorato tutta la vita per poter sostenere la sua famiglia e che si è ammalato proprio di mesotelioma, una patologia gravissima che lo ha portato via in meno di un anno”.

Esposto all’amianto durante il lavoro: i giudici gli aumentano la pensione

Riconosciuta la malattia professionale dopo 16 anni per un lavoratore casertano

M.D. ha lavorato dal 1979 al 2004 alle dipendenze di una società di elettromeccanica del casertano, periodo durante il quale sarebbe stato esposto a fibre di amianto, ragion per cui gli è stata riconosciuta, con il patrocinio dell’avvocato Domenico Carozza, la rivalutazione contributiva prevista dalla legge.

Nell’ottobre del 2020 M.D., ha scoperto di avere una particolare forma di cancro ai polmoni, prima trattato con chemioterapia e poi trattato chirurgicamente. M.D. si è nuovamente rivolto al legale Carozza che, dopo approfondimenti in diritto e con l’apporto di una consulenza medico legale di parte, ha ritenuto proponibile azione in giudizio per il riconoscimento della malattia professionale, benché fossero trascorsi molti anni dal periodo di esposizione alle fibre di amianto.

Amianto :Sentenze

Contrae “mesotelioma pleurico” lavorando a contatto con l’amianto su navi della Marina

Il Tribunale di Taranto ha riconosciuto un risarcimento di 540mila euro che il Ministero della Difesa dovrà corrispondere a un operaio tubista dell’indotto dell’Arsenale militare che ha contratto il mesotelioma pleurico lavorando a contatto con l’amianto su navi della Marina. Lo rende noto Luciano Carleo, presidente di Contramianto Onlus, che ha assistito la famiglia dell’operaio, ricostruendo la sua vita lavorativa. “Le navi della Marina Militare – spiega l’associazione – su cui aveva lavorato l’operaio per quasi un ventennio, sino alla metà degli anni 90, erano tutte coibentate con amianto come si legge negli atti acquisiti presso l’Arsenale di Taranto”

Esposizione all’amianto e decesso del lavoratore per mesotelioma pleurico (Tribunale Vicenza,  n. 217/2022 del 26/07/2022).

Esposizione all’amianto per cause lavorative e decesso del lavoratore per mesotelioma pleurico.

Gli eredi del lavoratore deceduto invocano il risarcimento dei danni assumendo la natura professionale della malattia che l’ha determinata e la responsabilità della datrice di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c.

In particolare, allegano che il lavoratore aveva svolto mansioni di falegname, aggiustatore meccanico, addetto alla bonifica dell’amianto e alla manutenzione.

Sostengono che il congiunto ha subito esposizione all’amianto dalla metà degli anni 90 e che la datrice di lavoro non ha adottato le misure di prevenzione necessarie ad evitare il pericolo per la salute del dipendente, in violazione dell’obbligazione di sicurezza prevista dall’art. 2087 c.c.

Il Tribunale ritiene la domanda fondata.

La CTU ha consentito di accertare che il defunto era affetto da mesiotelioma pleurico, patologia provocata dall’esposizione all’asbesto, con sopravvivenza a lungo termine rara e che “le tabelle delle malattie di origine lavorativa, di cui al DM 27.4.2004, hanno inserito il mesiotelioma pleurico tra i tumori professionali provocati dall’esposizione all’amianto. I dati della letteratura scientifica mettono poi in evidenza l’incremento del rischio di mesiotelioma tra gli addetti al servizio ferroviario, in particolare tra coloro che hanno svolto le stesse mansioni del lavoratore e, per questo, hanno subito una rilevante esposizione all’amianto.”

La CTU ha evidenziato, inoltre, “la malattia è insorta il 14.6.2018, ciò con riferimento alla documentazione sanitaria esaminata, che ha messo in evidenza come la patologia fosse già in stato avanzato quando è stata scoperta. Sulla base dei dati sanitari, da cui emerge che il periziato venne sottoposto a intervento chirurgico già nel mese di agosto 2018, due mesi dopo la prima diagnosi, il danno biologico temporaneo può essere stimato nella misura media dell’80% dalla data della comparsa della patologia fino al decesso”.

Conseguentemente viene ritenuto accertato il rapporto causale tra la patologia e la morte del lavoratore. Ciò posto, in punto di responsabilità del datore di lavoro viene ribadito quanto statuito dalla Suprema Corte : ” l’imperizia, nella quale rientra la ignoranza delle necessarie conoscenze tecnico – scientifiche, è u no dei parametri integrativi al quale commisurare la colpa, e non potrebbe risolversi in esimente da responsabilità per il datore di lavoro”.

Va considerato, sul punto, che l’orientamento della giurisprudenza di legittimità è nel senso che incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro, mentre sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi (cfr. Cass.24742/2018).

L’esposizione del defunto all’amianto nel corso dell’attività lavorativa emerge dai documenti allegati e inerenti il procedimento di ATP promosso dal lavoratore prima del decesso.

iene pertanto affermata la responsabilità della datrice di lavoro per la malattia contratta a seguito dell’esposizione all’amianto.

Il danno jure hereditatis dei ricorrenti viene risarcito attraverso i parametri predisposti dalle tabelle milanesi, nel loro aggiornamento del 2021,  addivenendo per i primi 100 giorni a euro 125.000,00.

Per la liquidazione del danno dei successivi 300 giorni, viene utilizzato il criterio del triplo della misura di liquidazione del danno biologico da invalidità temporanea, che la CTU ha stimato nell’80%, addivenendosi all’importo di euro 80.000,00.

Dall’importo complessivo di euro 205.000,00, viene detratta la somma di euro 11.296,41, riconosciuta dall’INAIL per lo stesso titolo, residuando euro 194.000,00.

Per il danno jure proprio da perdita del rapporto parentale, alla moglie viene liquidato l’importo di euro 240.000,00 e in favore di ciascuno dei figli l’importo di euro 190.000,00.

Amianto:Risarcimento

Amianto, Camillo Limatola morto per l’esposizione: Ministero della Difesa condannato a risarcire oltre un milione di euro

La sentenza arriva dopo 9 anni la morte del sottufficiale

Il Tribunale di Roma ha condannato il Ministero della Difesa a un risarcimento complessivo pari a un milione 300mila euro per la morte del sottufficiale della Marina Militare, Camillo Limatola, napoletano, deceduto il primo agosto del 2013, all’età di 59 anni, a causa di un mesoteliona da esposizione ad amianto.

Amianto e I.N.A.I.L e Tribunali

Amianto, riconosciuto il risarcimento per un funzionario di banca che si ammalò di tumore

All’uomo, 44 anni, venne diagnosticato un mesotelioma maligno del peritoneo. Oggi la sentenza del tribunale di Roma sancisce la relazione tra il tumore e l’amianto. Condannato l’Inail

«Mesotelioma maligno del peritoneo»: la diagnosi è di quelle che fanno tremare. La causa è inequivocabile: esposizione all’amianto. E oggi una sentenza del tribunale di Roma, emessa dal giudice del lavoro Luca Redavid, ne sancisce la correlazione.

Un funzionario di banca, romano di 44 anni, si ammala dopo che per cinque anni, dal 2000 al 2005, lavora in un palazzo di viale dell’Arte all’Eur. Un palazzo che viene bonificato tardivamente e male, dal momento che – in seguito a delle indagini effettuate nel 2007 – viene dimostrato che l’amianto, in cattivo stato di conservazione, cade dal soffitto dei corridoi e della mensa sulla testa dei dipendenti. E non solo: si trova anche nelle condutture dell’aria.

Eppure, nonostante un’invalidità del lavoratore riconosciuta all’80%, l’Inail nega l’origine professionale. Così il 44enne si rivolge all’Osservatorio nazionale amianto, che gli offre assistenza medica e legale. «Una sentenza storica, perché sancisce il primo riconoscimento giudiziale per un bancario rispetto ai 113 casi censiti riportati nel VII Rapporto mesoteliomi – la definisce così il presidente Ezio Bonanni, che ha ottenuto la condanna dell’ente -. Ora procederemo con l’azione di risarcimento dei danni, chiamando in causa l’istituto di credito».

Amianto: Sentenza

Macchinista morto per esposizione all’amianto: Inail condannata a risarcire la vedova

L’ente aveva rigettato la richiesta di Maria Mangiocco, vedova di Maurizio De Meo, morto nel 2018 per un mesotelioma

Aquattro anni dalla morte di Maurizio De Meo, macchinista ucciso da un mesotelioma pleurico dovuto all’esposizione ad amianto, il tribunale di Velletri ha condannato l’Inail a risarcire la sua vedova, Maria Manciocco, con 80 mila euro di arretrati, e a corrisponderle una rendita vita natural durante di circa 1.600 euro mensili.

La vicenda è iniziata nel 2018, quando Di Meo, macchinista delle Ferrovie dello Stato di Colleferro, è morto a soli 60 anni dopo una lunga lotta contro la malattia causata dall’esposizione ad amianto con cui era coibentato il reostato che collegava i 13 motori del locomotore. I due figli, all’epoca di 26 e 30 anni, e la vedova avevano fatto domanda di risarcimento all’Inail, ma l’ente previdenziale aveva rigettato la richiesta nonostante che il mesotelioma sia una malattia inserita nelle apposite tabelle. Si erano quindi rivolti all’Osservatorio Nazionale Amianto e al suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, per avere assistenza legale

.Il tribunale di Velletri alla fine ha dato ragione alla vedova, riconoscendo come l’inserimento del mesotelioma nelle tabelle sia “la cristallizzazione di giudizi scientifici specifici sull’esistenza del nesso di causalità”, e ha condannato l’Inail a corrisponderle 80mila euro e una rendita di 1.600 euro mensili: “Un’altra vittoria nella lotta all’amianto – ha detto Bonari – mi dispiace soltanto che ancora, per questioni ormai assodate, si debba adire il tribunale con lungaggini che potrebbero essere assolutamente evitate. Si tratta di una sofferenza ulteriore per le famiglie delle vittime che già hanno perso un familiare a causa di una malattia contratta sul posto di lavoro”.

Amianto ed Esercito

Amianto, militare ucciso da mesotelioma: la famiglia sarà risarcita

Il Tribunale di Grosseto ha condannato i Ministeri della Difesa e dell’Interno a risarcire con una somma di circa 400mila euro la vedova del militare Antonio Ballini

rosseto, 1 agosto 2022 – Il Tribunale di Grosseto ha condannato i Ministeri della Difesa e dell’Interno a risarcire con una somma di circa 400mila euro (comprensivi degli arretrati) la vedova del militare Antonio Ballini , deceduto per un mesotelioma per l’esposizione alla fibra killer nelle unità navali della Marina Militare italiana , e l’erogazione proseguirà per tutta la vita con un vitalizio di 1.900 euro mensili.

E’ quanto rende noto con un comunicato l’Osservatorio Nazionale Amianto (Ona). Ballini è morto nel 2014 a 69 anni per essere stato a contatto, tra il 1965 e il 1967, con l’ amianto utilizzato nelle navi della Marina , in particolare nei motori, essendo stato adibito alla manutenzione dei mezzi, nonché impiegato in attività di pulizia di cucine e impianti di riscaldamento e caldaie. A pochi mesi dalla diagnosi è morto tra atroci sofferenze lasciando orfano il figlio Marco, e vedova la moglie, Delfina Lucignani, che ha portato avanti la sua battaglia legale contro uno Stato che fatica a riconoscere i diritti delle vittime. 

Il Tribunale ha riconosciuto al militare lo status di vittima del dove re che, in un primo momento, gli era stato negato e ha sottolineato in sentenza: ”deve pertanto ritenersi che l’esposizione ad amianto del Ballini sia avvenuta in occasione dello svolgimento di attività di servizio e nell’espletamento delle funzioni d’istituto” e che: “la patologia contratta e il decesso derivatone siano riconoscibili come dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali in cui il ricorrente ha operato”.

Amianto .Danno psichico

Trieste: Tribunale accoglie appello di Visintin colpito da disturbo psichiatrico per esposizione ad amianto

Corte di Appello di Trieste ha accolto l’appello di Claudio Visintin, vittima dell’amianto che ha contratto infermità asbesto correlate per il lavoro svolto come portuale nel Porto di Trieste. Visintin, 71 anni, nato a Bue d’Istria, si è ammalato di placche pleuriche, e con lesione psicobiologicadisturbo dell’adattamento con umore depresso ad andamento cronico.

L’uomo ha lavorato per la Compagnia portuale dal 1970 al 1981, si occupava di facchinaggio. Durante il servizio è stato esposto a polveri e fibre di amianto. Spesso movimentava sacchi di juta contenenti l’asbesto e manipolava materiali friabili e compatti in amianto. Come tanti operai che poi si sono ammalati delle gravi patologie legate all’amianto respirava le polveri killer senza protezioni e senza conoscerne il rischio.

L’Inail nel 2015 aveva accertato la malattia professionale di ispessimenti pleurici con una menomazione all’integrità psicofisica del 3%, spiegando così che l’operaio non avesse diritto ad alcun indennizzo perché, per ottenerlo, per legge sono necessari postumi invalidanti del 6%.

Eppure già dal 2015 la sua vita era notevolmente cambiata, aveva difficoltà respiratoriastanchezza eccessiva, preoccupazione costante di potersi ammalare di mesotelioma e fastidio per la necessità di continui controlli sanitari. Aveva anche modificato i suoi rapporti con i familiari e con gli amici preoccupato di aver esposto la moglie e i figli all’amiantoL’angoscia era tale che il 23 febbraio 2016 era arrivato a tentare il suicidio. All’epoca che gli avevano certificato un disturbo post traumatico da stress subito per l’esposizione all’amianto e all’insorgenza delle placche pleuriche, che rappresentano spesso il primo stadio del mesotelioma. Si tratta di uno dei tumori più aggressivi, causati esclusivamente dall’amianto, purtroppo con esito quasi sempre infausto.

Il Tribunale di Trieste nel 2021 non aveva riconosciuto all’uomo il disturbo psichiatrico quale patologia professionale asbesto correlata, ora la Corte di Appello con questa sentenzanella quale ha quantificato un danno complessivo liquidato di € 12.573,00 a cui vanno aggiunte le rivalutazioni annuali e gli interessi, apre le porte ad una nuova frontiera del danno e afferma che deve essere risarcito anche il danno psichico, oltre al danno morale

AMIANTO :Assoluzioni e condanne

Amianto: assolti in appello bis ex amministratori Fibronit di Broni

 Il procuratore generale aveva chiesto la conferma delle condanne per gli ex vertici della Fibronit: 3 anni e 2 mesi per Cardinale, 2 anni e 8 mesi per Mo

Sono stati assolti dalla Corte d’Appello di Milano Michele Cardinale e Lorenzo Mo, rispettivamente ex amministratore delegato ed ex direttore della ex fabbrica Fibronit di Broni (Pavia), indagati per omicidio colposo in relazione alla morte di diversi operai e di alcuni loro familiari, ammalatisi di mesotelioma a causa dell’amianto.

Si è trattato del processo-bis della vicenda, dopo che nell’ottobre del 2020 la Corte di Cassazione aveva cancellato le condanne inflitte in primo e secondo grado a Cardinale e Mo. I giudici della Corte d’Appello hanno disposto nuove perizie, sulle risultanze delle quali è giunta la sentenza di assoluzione. Il procuratore generale aveva chiesto la conferma delle condanne per gli ex vertici della Fibronit: 3 anni e 2 mesi per Cardinale, 2 anni e 8 mesi per Mo. 

Amianto killer, concesso super risarcimento alla famiglia dell’operaio dei cantieri morto nel 2017

Fincantieri dovrà risarcire di 720mila euro i parenti. La vittima aveva prestato servizio dal 1961 al 1963

ANCONA- Otterrà un maxi-risarcimento di circa 720mila euro la famiglia dell’operaio anconetano, deceduto a 80 anni nel 2017 per mesotelioma pleurico una malattia strettamente connessa all’esposizione all’amianto, che aveva prestato servizio al cantiere navale dal 1961 al 1963. La sentenza a carico di Fincantieri è stata pronunciata dal giudice Arianna Sbano dopo la causa portata avanti dai familiari rappresentati dagli avvocati Redolfo e Ludovico Berti.

Nel corso del processo sono stati diversi i testimoni ascoltati. Stando a quanto emerso, all’interno del cantiere, la vittima si sarebbe ammalato a causa del contatto con l’amianto. La prima diagnosi fu fatta all’ospedale di Torrette a cui seguirono altre consultazioni in alcuni centri specialistici in giro per l’Italia. L’anziano, va detto, lavorava per una ditta in appalto della Fincantieri ma ciò che è emerso dall’ambito processuale è la mancata garanzia della salubrità dei luoghi di lavoro da parte dell’azienda. La vittima, secondo gli atti e quanto raccolto, avrebbe operato senza gli adeguati dispositivi di sicurezza, in spazi angusti e nei pressi dei coibentatori.