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Amianto : Sentenze

Ucciso dall’amianto: la morte di Dioniso Merli risarcita dall’Inail

Si tratta di 150mila euro che andranno alla famiglia e anche al fondo per le vittime dell’amianto: il lavoratore delle ferrovie morì a 64 anni a San Benedetto dopo essere stato esposto per una vita alla sostanza killer

Nel 2020 i familiari, assistiti dall’avvocato del Foro di Roma, Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, hanno presentato ricorso innanzi il Giudice del Lavoro del Tribunale di Teramo. Dall’istruttoria del processo è emerso che tutte le locomotive delle Ferrovie dello Stato, nel periodo di lavoro di Merli, avevano l’involucro esterno e parte delle zone interne spruzzate con amianto che serviva a proteggere dal rischio incendio, e che tuttavia determinava il rilascio di polveri e fibre contaminando tutto l’ambiente lavorativo della sala macchine. E’ stato anche evidenziato che il Merli oltre ad aver lavorato prima come aiuto macchinista, poi come macchinista, svolgendo essenzialmente la mansione di conduzione di vettori ferroviari, aveva svolto manutenzioni con cadenza settimanale che consistevano nello svolgimento delle attività di “visite normali”, e cioè la verifica da parte del macchinista degli organi tecnici consistenti nello smontaggio e rimontaggio dei pannelli contenenti amianto e le attività di “visite ridotte”, consistenti in ulteriori verifiche delle funzionalità del mezzo di trazione e dei suoi apparati.

Inoltre il lavoratore aveva svolto altri interventi giornalieri, con esposizioni indirette e per contaminazione dell’ambiente lavorativo essendo le cabine dei mezzi di trazione prive di aspiratori localizzati delle polveri, fumi e residui della combustione.

Esaminate le prove dell’esposizione alla fibra killer in sinergia con altri cancerogeni, e le perizie del consulente tecnico d’ufficio (CTU), il tribunale di Teramo ha accolto la richiesta condannando l’ente previdenziale.

Il giudice del Lavoro ha dichiarato che “il tumore del polmone di Dionisio Merli è di origine asbesto correlata, e che perciò ha maturato il diritto all’erogazione delle prestazioni tutte e con quelle aggiuntive del Fondo Vittime Amianto, in favore delle odierne ricorrenti, quali sue eredi legittime, rispettivamente vedova e figlia, e quindi in quota parte del 50% per ognuna di loro, la moglie Liviana Tattoni e la figlia Olga Merli”.

La somma riconosciuta come risarcimento alla famiglia del lavoratore, dicevamo, ammonta a 150mila euro: la somma è stata calcolata tre le rate arretrati, la rendita di reversibilità per la vedova del signor Merli le e maggiorazioni che sono destinate al fondo istituito per le vittime.

Verona, l’amianto al lavoro lo uccise: la condanna dei responsabili arriva quando sono già morti

Giordano Adami ha perso la vita 57 anni nel 2010: lavorò 9 anni alle Officine grandi riparazioni di Ferrovie

Giordano Adami è morto a soli 57 anni il 10 aprile 2010 senza avere giustizia. È deceduto a causa dell’amianto, respirato per almeno otto anni nelle «Officine grandi riparazioni» delle Ferrovie dello Stato che tra il 1976 il 1984 si trovavano vicino a Porta a Vescovo a Verona. La giustizia per lui è arrivata a più di 14 anni dalla morte: il 16 luglio scorso, è stata letta la sentenza che ha condannato a 8 mesi solo uno dei sette imputati con l’accusa di omicidio colposo. Si tratta dell’ex capo del Dipartimento di Verona R.P. in servizio alle Officine grandi riparazioni dall’ottobre del 1977 al 1986 che però, è morto il 22 febbraio 2024 all’età di 83 anni

La Corte d’appello ha saputo della morte dell’imputato solo il 10 settembre scorso e a un mese e mezzo dalla lettura della sentenza, durante la stesura della motivazione del provvedimento. Ci sarebbe stata poi un’altra condanna se l’altro dirigente delle Officine grandi riparazioni, il milanese F.C., in servizio in città dal 1976 ad agosto 1977, non fosse morto il 16 maggio 2022 all’età di 91 anni dopo che il processo a Venezia era iniziato da un paio di mesi. La Corte d’appello ha disposto per lui «il non luogo a procedere per intervenuta morte del reo» in quanto, scrivono i giudici nella motivazione della sentenza, «non si poteva addivenire ad una conferma della statuizione assolutoria».

In primo grado con la sentenza del tribunale di Verona, risalente 14 novembre 2019, era stato assolto perché «il fatto non sussiste» così come R.P. La Corte d’appello ha poi condannato R.P. anche a risarcire le parti civili costituitesi nel processo ovvero la Cgil, tutelata dall’avvocato Francesco Palumbo e la Cgil filt con Chiara Palumbo. L’importo del risarcimento sarà deciso in un separato giudizio civile.

La sentenza d’appello ribalta in parte le conclusioni del processo celebrato a Verona nel 2019 ed è la prima volta per la città che viene riconosciuta la responsabilità penale per la morte causata dall’esposizione all’amianto. In appello, è stata confermata, invece, l’assoluzione per i componenti dell’allora Consiglio d’amministrazione delle Fs. È stato ribadito anche il proscioglimento dell’allora medico delle Officine grandi riparazioni , il veronese R.S. In estrema sintesi, la Corte ha ritenuto che i vertici delle Fs non avessero alcun compito in materia di infortuni sul lavoro mentre per il medico non è stato provato alcun tipo di negligenza o violazione di norma nella prevenzione delle malattie provocate dall’amianto. I due ex capi dipartimento, finiti nel mirino dalla Corte d’appello, riporta la motivazione della sentenza, «erano titolari di un potere di controllo e di un dovere di vigilanza in relazione all’igiene e alla sicurezza negli ambienti di lavoro». Dovevano, quindi, «svolgere visite mirate alla prevenzione del rischio amianto, segnalare le mancanze in materia di prevenzione e avevano l’onere di dare indicazioni per un’effettiva diminuzione dei rischi connessi all’esposizione della sostanza nociva». Tutte queste precauzioni, però, non sono state prese: «Dal dibattimento», sostengono i giudici, «è invece emersa la totale omissione di controlli mirati alla prevenzione del rischio contaminazione».

Durante il processo, è stata ricostruita l’attività lavorativa di Adami. L’operaio è stato esposto ad amianto dal 1976 fino al 1984 in maniera intensa e quotidiana e successivamente, fino al 1990, in maniera occasionale e sporadica. Durante la fase delle indagini, era stato lo stesso Adami a spiegare agli investigatori che «dovevamo rimuovere con le mani l’amianto, aiutandoci con raschietti e spatole. L’operazione era molto polverosa e spesso si faceva uso di aria compressa per facilitare la pulizia della lamiera da sostituire». Andò in pensione nel 2004 all’età di 51 anni e morì solo sei anni dopo


Amianto : Sentenze

Operaio ex Ilva morto per amianto, Anmil ‘rendita a superstiti’

Deandri: ‘assegno funerario alla vedova, giustizia veloce’

La giudice del Lavoro del tribunale di Taranto Giulia Viesti ha riconosciuto il diritto a percepire la rendita ai superstiti e l’assegno funerario alla vedova di un ex dipendente Ilva morto nel dicembre 2007 per carcinoma polmonare da esposizione ad amianto.

Lo riferisce Emidio Deandri, presidente nazionale dell’Anmil, aggiungendo che “il lavoratore aveva svolto la prestazione lavorativa in favore dell’Ilva sino al 29 febbraio del 1992 con qualifica di operaio e mansioni di gruista e carropontista nell’area convertitori e presso il reparto Acciaieria 1».

Secondo Deandri “la particolarità del caso risiede nel fatto che la vedova, assistita dall’Anmil Taranto a cui si è rivolta, in particolare dai legali Maria Luigia Tritto e Aldo Tarricone, ha richiesto presso la competente sede Inail il pagamento delle prestazioni, riconosciute per legge in favore dei congiunti dei lavoratori morti per infortunio o malattia professionale, solo nel 2019, a distanza di ben 12 anni dal decesso del marito”.
    La giudice Viesti, “superando l’eccezione di prescrizione proposta dall’Inail – osserva ancora Deandri – ha ribadito quello che ormai è un costante orientamento della Corte di Cassazione: il termine iniziale ai fini del decorso della prescrizione, non è la mera manifestazione della malattia professionale, ma il momento in cui l’esistenza della malattia ed i suoi caratteri di professionalità ed indennizzabilità siano conoscibili dal soggetto interessato”.
    Il presidente dell’Anmil rileva che “il percorso giudiziario ha presentato non poche difficoltà.

Basti pensare che una prima relazione medica aveva escluso che il lavoratore fosse deceduto per malattia professionale, ma invece poiché ex fumatore. Solo a seguito del rinnovo delle indagini peritali, infatti, si è giunti ad un risultato favorevole alla vedova, riconoscendo il nesso tra la malattia professionale che ha portato al decesso e la sua attività lavorativa”.
    “A Taranto, in questo caso, la giustizia – conclude Deandri – ha fatto rapidamente il suo corso garantendo il diritto di una ‘vedova dell’amianto’ a percepire la rendita ai superstiti dopo 5 anni dalla sua richiesta”.

Amianto : Sentenze

Morirono d’amianto lavorando sui treni alle Ogr di Torino, medico delle Ferrovie a processo 50 anni dopo

Accusato del decesso di sedici dipendenti in servizio negli anni 70, è l’unico rimasto in vita dei presunti responsabili aziendali. Le vittime erano meccanici e verniciatori che respirarono le fibre tossiche delle carrozze

Oggi le Officine grandi riparazioni (Ogr) sono state bonificate e trasformate in un polo culturale in cui si organizzano eventi. Ma c’è stato un tempo in cui negli spazi tra via Castelfidardo e via Boggio si riparavano locomotive, automotrici e vagoni ferroviari. Un tempo in cui centinaia di operai lavoravano a contatto con la polvere di amianto. Ed è quell’epoca in bianco e nero a essere raccontata — mezzo secolo dopo — nelle aule del Tribunale di Torino, dove è in corso un processo che racchiude le storie di sedici operai che si sono ammalati e poi sono deceduti a causa della fibra killer.

Il dibattimento è approdato davanti ai giudici una decina d’anni più tardi rispetto all’inchiesta avviata dall’allora procuratore aggiunto Raffaele Guariniello e sotto accusa c’è solo un imputato: un medico di 84 anni, un libero professionista che tra il 1970 e il 1979 venne chiamato da Ferrovie come consulente esterno. All’uomo, difeso dagli avvocati Alberto Mittone e Fabiana Francini, la Procura di Torino contesta il reato di omicidio in cooperazione colposa con direttore, dirigenti e capi officina: quest’ultimi, però, sono tutti deceduti. Al professionista viene rimproverato di «non aver sottoposto i lavoratori a visite mediche allo scopo di accertarne l’idoneità fisica e non aver ripetuto le visite a intervalli regolari». Non solo, in qualità di «consulente» non avrebbe coadiuvato il datore di lavoro «nell’individuazione e nell’adozione dei rimedi contro la diffusione e l’inalazione delle fibre di amianto» e svolto «il proprio ruolo di controllo, vigilanza e segnalazione rispetto all’inadempimento degli obblighi e rimedi previsti dalla legge» per evitare la presenza di amianto: «regolare e sistematica pulitura delle attrezzature con aspiratori e procedure per evitare la manipolazione manuale delle fibre». 

Agente penitenziario respirò amianto e morì per un mesotelioma: il Tar condanna il ministero a risarcire il figlio

Massa: a causare il male fatale le polveri d’amianto respirate, mentre era in servizio di sorveglianza di alcuni detenuti al lavoro nel lanificio di un carcere negli anni ’70 e ’80

Firenze, 14 ottobre 2024 – Il Tar della Toscana ha condannato nei giorni scorsi il ministero della Giustizia a risarcire il figlio di un agente di polizia penitenziaria di Massa, morto nel 2017 per un mesotelioma maligno. A causare il male fatale le polveri d’amianto respirate, mentre era in servizio di sorveglianza di alcuni detenuti al lavoro nel lanificio di un carcere negli anni ’70 e ’80.

La pronuncia suscita la reazione del segretario generale del sindacato della polizia penitenziaria, Aldo Di Giacomo, che in una nota ad accendere un faro sul tema più generale delle malattie contratte sul luogo di lavoro. “È sicuramente un caso limite gravissimo quello dell’agente, deceduto nel 2017, per il quale il Tar della Toscana ha chiesto che il ministero predisponga un risarcimento al figlio, dopo che per 18 anni ha controllato i detenuti impegnati in un lanificio, dove è stato costretto a respirare le polveri di amianto- afferma Di Giacomo- oltre alla famiglia dell’agente e al lungo tempo necessario per fare giustizia, il nostro pensiero va alle migliaia di lavoratori penitenziari che contraggono malattie professionali nello svolgimento del proprio dovere istituzionale”. In questo senso, denuncia il segretario del sindacato, “si registra il forte aumento, del 120% annuo, delle malattie professionali e di conseguenza delle assenze per malattia per effetto delle pesanti condizioni di lavoro degli agenti, oltre che di aggressioni e violenze da parte di detenuti. Fa specie che la sicurezza sui posti di lavoro sta facendo passi da gigante su tutti i luoghi di lavoro, ma nelle carceri siamo fermi a strumenti e mezzi del tutto superati. Anzi si ritiene sufficiente dotare gli agenti di guanti, scudi e videocamere per fronteggiare i quotidiani pericoli”. Di Giacomo auspica piuttosto l’adozione di un “piano straordinario” che consideri tutti i fattori di rischio.

Bari, muore un ex bambino della Fibronit: «Grazie ai signori dell’amianto»

BARI – «Dobbiamo ringraziare i signori dell’amianto». Sono le parole pronunciate dalla sorella di quella che potrebbe essere l’ultima vittima della Fibronit, l’ex fabbrica di cemento amianto nel cuore del quartiere Japigia che dagli anni Novanta ad oggi potrebbe aver causato più di 700 morti.

L’ultima vittima, un 60enne, ha sempre vissuto in via Caldarola, a due passi dalla fabbrica, nella cosiddetta «zona rossa», cioè la porzione di territorio che si stima sia stata contaminata dall’amianto della Fibronit, provocando centinaia di casi di mesotelioma, asbestosi, tumore ai polmoni e altre patologie correlate all’amianto. Le sue parole sono state riferite dalla sorella, in lacrime, a Nicola Brescia del Comitato cittadino Fibronit. «Quando sembrava che l’amianto stesse tirando un po’ il freno, ecco che ti giungono notizie che ti spengono la speranza – dice Brescia – L’insorgenza di un nuovo caso con i familiari che ti chiedono aiuto per supportarli in questa situazione e la scomparsa di un nostro concittadino che ancora non aveva compiuto 60 anni. Era uno di noi, da sempre residente a Japigia. Non è stato facile raccogliere la testimonianza di sua sorella che in lacrime mi ha descritto le ultime ore di suo fratello. “Dobbiamo ringraziare i signori dell’amianto”, queste le sue parole per testimoniare la sua rabbia per la perdita di un fratello giovane e ancora pieno di speranze per il futuro. Non dirò i loro nomi perché non è necessario dare un nome alla sofferenza di queste famiglie, è sufficiente sapere che i mali dell’amianto ancora, purtroppo, non segnano il passo».

Amianto : Sentenze

Usava guanti in amianto nelle centrali Enel Sicilia: operaio risarcito da Inail

l lavoratore esposto all’amianto “è stato impiegato per 30 anni in attività di manutenzione, sia come artigiano che come dipendente, di ditte appaltatrici nelle centrali Enel”

l Giudice del Lavoro del Tribunale di Messina ha condannato l’Inail a riconoscere la malattia professionale da esposizione all’amianto di Giovanni Giannetto, 66 anni, originario di Nizza di Sicilia (Me), affetto da una broncopatia cronicamicro-placche del diaframma e fibrosi polmonare. Lo rende noto Ona, Osservatorio nazionale amianto. Il lavoratore lavorò per 30 anni in attività di manutenzione, sia come artigiano che come dipendente, di ditte appaltatrici nelle centrali Enel. Tra le quali quelle di San Filippo del MelaTermini ImereseAugustaPrioloPorto Empedocle. La centrale ubicata nella Valle del Mela, come quello di Milazzo, è Sito di Interesse Nazionale (SIN) proprio per l’alto inquinamento. L’uomo è stato esposto in modo diretto, perché aveva in dotazione guanti anticalore in amianto. E anche in modo indiretto per la contaminazione ambientale dovuta all’enorme utilizzo della fibra killer nelle coibentazioni e nel rivestimento degli impianti.

Nel 2018 aveva presentato domanda all’Inail per il riconoscimento della malattia professionale. Il titolo viene negato, costringendolo ad adire le vie giudiziarie assistito dall’avvocato Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto. Il Tribunale, a seguito dell’accertamento medico legale che ha confermato il nesso causale della malattia con l’esposizione alla fibra killer durante l’attività lavorativa, ha condannato l’ente anche ad indennizzare l’uomo con 10mila euro per il danno biologico. “Dopo questa condanna adesso agiremo per il risarcimento del danno e nei confronti di INPS per ottenere la maggiorazione della pensione”, annuncia Bonanni. “L’Ona in Sicilia, solo di mesoteliomi, e cioè la patologia sentinella, ha censito circa 1.850 casi dal 1998 a oggi. L’indice di mortalità di questa neoplasia è pari al 93% nei primi cinque anni con circa 1.720 decessi. A cui vanno aggiunti 3.500 per tumore del polmone e ulteriori 1000 per le altre malattie asbesto correlate. Per un totale di oltre 6.200 morti. Numeri drammatici, che si ripetono ogni anno, senza che si riesca a far fronte al problema”.

Amianto : Sentenze

Amianto, morti padre e figlio: risarcimento milionario per la famiglia

La sentenza condanna Fincantieri. Il più giovane, deceduto a 58 anni per mesotelioma pleurico, aveva lavorato in un cantiere navale di Castellammare di Stabia, manipolando asbesto friabile senza dispositivi di protezione

Napoli, 3 ottobre 2024 – Circa un milione di euro, questo il maxi risarcimento imposto dal tribunale di Torre Annunciata a Fincantieri per l’esposizione professionale all’amianto che ha portato alla morte di un 58enne nell’aprile 2019. A darne notizia è l’Osservatorio nazionale amianto. Una sentenza che difficilmente colmerà il vuoto lasciato ai famigliari della vittima, ma che rimane “storica”, secondo le parole del loro avvocato Ezio Bonanni.  L’uomo è morto per mesotelioma pleurico, un tumore tipico dell’esposizione all’asbesto. La sostanza era infatti ampiamente presente nei cantieri navali sin dagli anni Sessanta, “nelle coibentazioni, nelle tubature, nelle pareti, nel vano motore, nonché…

Amianto killer ad Ancona, muore un militare. Lavorava nella sala macchina delle navi. I familiari fanno causa al Ministero

Si ammalò per l’amianto, Tribunale riconosce pensione anticipata

Impiegata Arsenale Taranto ottiene maggiorazioni contributive

Il Tribunale del Lavoro di Taranto ha riconosciuto il diritto a percepire la pensione anticipata e le maggiorazioni contributive a una impiegata tecnica dell’Arsenale militare che aveva lavorato anche a bordo di navi in presenza di amianto, malattia che le aveva provocato – secondo quanto accertato da una consulenza – un carcinoma ovarico.

Il giudice monocratico Miriam Fanelli ha condannato l’Inps a pagare in favore della ricorrente, assistita dall’avv.
    Fabrizio Del Vecchio, la somma di oltre 58mila euro a titolo di arretrati (dall’1 ottobre del 2018 all’1 luglio 2021, ovvero quando aveva ottenuto la pensione ‘quota 100’), oltre accessori e rivalutazione con le decorrenze di legge.

Amianto : Sentenze

Amianto: Eni Rewind condannata a pagare a Inail 7 milioni

Dal Tribunale di Ravenna per indennizzi versati a 24 lavoratori

RAVENNA, 28 SET – Il giudice del lavoro Dario Bernardi del Tribunale di Ravenna ha condannato Eni Rewind spa a pagare a Inail gli indennizzi versati a suo tempo per 24 lavoratori perlopiù morti di mesotelioma a causa della esposizione professionale all’amianto all’interno del petrolchimico di Ravenna.

Il totale ammonta a circa 7 milioni di euro compresi gli interessi.

 La decisione, come riferito da ‘il Resto del Carlino’, è arrivata in seguito al ricorso di azione di regresso promosso da Inail (avvocato Gianluca Mancini) nei confronti di Eni Rewind spa, già Syndial Attività Diversificate spa. E prende spunto dalla sentenza penale, passata in giudicato nel dicembre 2021, che aveva visto una raffica di assoluzione dei vari responsabili di settore avvicendatisi nel tempo ma con una formula che lasciava intuire che, anche se non era stato possibile stabilire il momento esatto della formazione del tumore irreversibile e dunque non era possibile associarlo a una persona fisica precisa, il fatto comunque sussisteva.
    L’indagine penale aveva abbracciato un arco produttivo che andava dagli anni ’60 al 2012 individuando 78 parti offese tra lavoratori ammalati o familiari di deceduti (c’era pure la moglie di un operaio che si era ammalata lavando le sue tute).
    Dopo l’esclusione di 32 casi dal Gup perché caduti in prescrizione, per gli altri il giudice del Lavoro ha ora isolato quelli per i quali nel penale si è dimostrato il nesso di causalità tra malattia e inalazione amianto. In particolare – si legge nella sentenza – “nel lungo excursus penale, per i mesoteliomi c’è stata assoluzione ma per non avere commesso il fatto, essendo al contrario accertata la dannosita’ dell’ambiente, le malattie dei lavoratori, nonché il nesso di causalità tra questi due poli”.

Napoli, morì a causa dell’amianto: risarcimento da 700mila euro alla famiglia

L’uomo era un infermiere e lavorava in un presidio ospedaliero di Napoli, dove era frequentemente esposto all’amianto, presente in un locale caldaia adiacente alla sala sterilizzazione

Ex infermiere di un ospedale di Napoli morto a causa dell’amianto: arriva il maxi risarcimento per i familiari. Una sentenza del Tribunale di Napoli, confermata dalla Corte d’Appello, ha condannato l’Asl Napoli 1 Centro, in rappresentanza di un presidio ospedaliero, al pagamento di un risarcimento di 727mila euro in favore degli eredi di un ex infermiere del napoletano, deceduto per mesotelioma pleurico causato da esposizione all’amianto.

La consulenza medico-legale del dottor Nicola Maria Giorgio ha dimostrato ai giudici il nesso di causalità tra l’esposizione all’asbesto e il mesotelioma pleurico che ha colpito l’infermiere. Il dipendente sanitario, deceduto durante il processo di primo grado, aveva lavorato per anni in un presidio ospedalierodi Napoli, dove era frequentemente esposto all’amianto, presente in un locale caldaia adiacente alla sala sterilizzazione. Grazie alla perizia dettagliata del medico legale è stato possibile stabilire in modo inconfutabile che l’esposizione a questa sostanza tossica ha causato la patologia, poi risultatafatale.

Amianto killer nella Marina Militare: il Tar condanna il ministero della Difesa per la morte di un capitano di fregata

I familiari del militare, deceduto per un mesotelioma causato dall’esposizione in servizio, riceveranno un risarcimento di 135mila euro

AGI – Il Tar del Lazio ha condannato il Ministero della Difesa a risarcire con 135 mila euro la famiglia del capitano di Fregata S.Z., morto per un mesotelioma pleurico causato dall’esposizione all’amianto. Il militare, deceduto ad Albano Laziale a 62 anni, è stato impegnato nelle unità navali della Marina Militare per oltre 10 anni, e a terra presso l’Arsenale militare marittimo e la Scuola sottufficiali di Taranto, nonché in diverse altre sedi di servizio.

Nel novembre 2004 all’uomo venne diagnosticato il mesotelioma che ne ha determinato il decesso poco dopo, nel marzo 2005. Nel 2009 l’infermità sofferta dall’ufficiale è stata riconosciuta come dipendente da causa di servizio e nel 2011 si è aggiunta anche l’equiparazione alle vittime del dovere. La famiglia del capitano, ritenuta la responsabilità della Difesa che, oltre all’esposizione alla fibra killer e ad altri cancerogeni, avrebbe “omesso di assicurare, le informazioni circa il rischio derivante dall’amianto e la sorveglianza sanitaria, oltre che gli strumenti di prevenzione tecnica e di protezione individuale”, si è rivolta all’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto.

Amianto, in Italia il numero più alto Ue di morti per mesotelioma

In Italia il numero più alto di morti per mesotelioma dell’Unione Europea. Si tratta del tumore che si sviluppa a contatto con l’amianto. Lo certifica una ricerca Eurostat.

Amianto : Sentenze

Il tribunale condanna l’Inail per la malattia di un operaio esposto all’amianto

L’uomo, 78 anni, ha lavorato per molti anni alla realizzazione di navi nel centro pontino, dall’ente un no alla malattia professionale

Il Tribunale di Latina ha condannato l’Inail al riconoscimento della malattia professionale dell’operaio Enrico Armeni causata dall’esposizione all’amianto quando era alle dipendenze della Cantieri Posillipo S.p.A., con sede in località “Porto del Bufalo” a Sabaudia. L’uomo, 78 anni, originario di Latina, è stato impiegato come tecnico e capo reparto di manutenzione nel cantiere navale dal maggio del 1966 al luglio 1983. Nel 2019 ha manifestato i primi sintomi della malattia asbesto correlata, una infiammazione pleuro-polmonare precancerosa di ispessimenti pleurici, fibrosclerosi, bronchectasia e pneumocosi, ha richiesto all’Inail l’attivazione dell’iter amministrativo per il riconoscimento della malattia professionale e il rilascio del certificato di esposizione ad amianto per ottenere da INPS l’adeguamento contributivo che avrebbe comportato un maggiore importo di pensione. 

L’ente ha rigettato la domanda costringendo il lavoratore all’azione giudiziaria innanzi il Tribunale Pontino, affiancato dalla tutela legale dall’avvocato Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto. Come si legge in sentenza, il CTU nominato dal tribunale specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni e in Medicina del Lavoro, ha accertato che le lesioni pleuro-polmonari del lavoratore sono di natura occupazionale e causate dall’esposizione alla fibra killer che ha subito nel corso dell’attività all’interno del cantiere navale.

Amianto : Sentenze

Esposto all’amianto durante il servizio militare negli anni Cinquanta, la Difesa deve risarcire la famiglia

All’uomo era stato diagnosticato un mesotelioma pleurico, in tribunale di Firenze ha stabilito un risarcimento di 300 mila euro per vedova e il figlio

Esposto alle fibre di amianto durante il servizio militare a distanza di 60 anni perse la vita. Il Ministero della Difesa deve versare un risarcimento di 300 mila euro alla vedova e al figlio di un elettricista, nato e vissuto a Impruneta e deceduto a causa di un mesotelioma pleurico. Così ha stabilito il tribunale di Firenze che ha riconosciuto l’elevata esposizione all’amianto dell’artigiano, durante il servizio di leva, come concausa della patologia. 

Per quindici mesi, tra novembre 1954 e marzo 1956, Antonello (nome di fantasia) aveva eseguito addestramenti e guardie armata ma anche svolto mansioni di elettricista. Un lavoro che poi aveva continuato per 40 anni. Nel 2016 i primi sintomi. Il ricovero all’ospedale di Careggi e la scoperta della malattia che non lascia scampo: mesotelioma pleurico. 

Nel 2017, Antonello perde la sua battaglia ma l’Inail, constatata l’esposizione professionale all’amianto, gli riconosce lo status di vittima del dovere. La vedova e il figlio, dopo il rifiuto del Ministero della Difesa, si affidano all’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, per ottenere un risarcimento danni. Per la giudice Susanna Zanda, che ha fatto propria le osservazioni del legale e del consulente medico legale dei familiari della vittima, la malattia cancerogena, «per sua natura a lunga latenza, fu innescata probabilmente dall’esposizione all’amianto durante il servizio di leva». 

Antonello ha poi lavorato come elettricista. Tale attività, secondo il tribunale, ha avuto un «ruolo concausale sia perché il lavoro di elettricista interferisce con le costruzioni civili in cui l’amianto era abbondantemente impiegato sia perché è presumibile che una tale attività abbia continuato ad esporlo all’amianto contenuto negli impianti elettrici perché tecniche e materiali degli impianti civili non sono dissimili da quelli militari, essendo stato bandito solo a partire dal 1990». 

L’attività di elettricista, dopo la leva militare, aveva indotto Antonello, ricostruisce il tribunale «a lavorare anche nelle ristrutturazioni di vecchi edifici dove vengono rilasciate le polveri di amianto con i rischi di inalazioni conseguenti». Per la giudice, dunque «sussiste un concorso di entrambe le cause, non essendo possibile individuare una maggiore o minore efficienza causale dell’una o dell’altra».

«Si tratta dell’ennesima sentenza di condanna a carico del Ministero per il decesso di un militare dell’Esercito Italiano per elevata e non cautelata esposizione a fibre e polveri d’amianto e multipli cancerogeni che conferma l’allarmante dato epidemiologico sulle delle malattie e i decessi dei militari delle Forze Armate Italiane – denuncia Bonanni, che sottolinea – ci chiediamo le ragioni per le quali la Difesa neghi i diritti delle vittime nonostante le numerose pronunce di condanna dell’Autorità Giudiziaria, e auspichiamo l’intervento del Capo dello Stato per evitare queste sperequazioni che costringono i familiari, dopo l’odissea della malattia del congiunto e del lutto, ad affrontare anche continue azioni giudiziarie per far valere un proprio diritto».

Celebrati i funerali di Romana Blasotti Pavesi, la pasionaria della lotta all’amianto

L’addio di Casale nella chiesa di Porta Milano, presenti cittadini, mondo del volontariato e anche la politica

a sua foto appoggiata sulla bara, davanti all’altare, alla base la corona del Comune, presente anche con il gonfalone (è stato dichiarato il lutto cittadino). Sopra, il tricolore e la scritta «Eternit: giustizia», che l’aveva accompagnata nei lunghi anni di indefessa battaglia contro il dramma dell’amianto che aveva travolto non solo la sua città ma, anche e soprattutto, la sua famiglia, portandole via il marito, la figlia, la sorella e due nipoti.

Amianto : Sentenze

Amianto, operaio morto per cancro. Cotral condannata a 500mila euro di risarcimento

La sentenza della Corte di appello di Roma ha detto che fumo e “l’esposizione ad amianto abbiano concorso in egual misura alla produzione dell’evento morte”

Un operaio Cotral morto a 37 anni per un cancro al polmone.

La sentenza della Corte di appello di Roma ha detto che fumo e “l’esposizione ad amianto abbiano concorso in egual misura alla produzione dell’evento morte”. L’Azienda è stata condannata al risarcimento di 500mila euro. Cifra, questa, che andrà alla famiglia dell’uomo che, per nove anni, lavorò nelle officine di Roma Centocelle, smontando apparecchiature e componenti elettrici “contenenti amianto”, dice l’Osservazione nazionale amianto in una nota. Nel 1992 apparirono i primi sintomi del tumore polmonare, che poi ne causò il decesso.

La vicenda ha avuto un lungo contenzioso giudiziario – ha ricordato l’Osservatorio – a fronte del quale la domanda giudiziale è stata rigettata sia dal Tribunale che dalla Corte di Appello di Roma, ritenendo prevalente il danno da fumo di sigarette. In seguito al ricorso dell’avvocato Ezio Bonanni, legale della famiglia e presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, la Corte di cassazione, ha invece confermato che la morte di Pennacchietti fosse stata causata proprio dall’esposizione ad amianto unitamente al fumo di sigaretta, come rilevato dalla Ctu”. 

Una vicenda giudiziaria, questa, che è stata definita rilevante dall’Osservatorio, poiché “afferma un principio fondamentale per il quale, laddove il datore di lavoro abbia esposto un lavoratore “fumatore” all’amianto, è corresponsabile della morte, perché vi è un ruolo sinergico dell’amianto con il fumo di sigaretta”. Bonanni, nello specifico, ha sottolineato: “Questa sentenza è molto importante, perché afferma il principio della concausa, in ogni caso dove insorga il cancro del polmone dovuto all’esposizione all’amianto, il datore di lavoro è responsabile anche se il lavoratore era un fumatore”.

Amianto : Sentenze

È morto a 50 anni a Montesilvano il colonnello Raffele Acquafredda, a causa delle esposizioni ai cancerogeni. Condannato il Ministero della Difesa a riconoscere i benefici previdenziali in favore del figlio della vittima, esposta ad uranio e amianto killer nelle missioni di guerra.

La Corte d’Appello L’Aquila, con sentenza appena passata in giudicato, ha accolto il ricorso presentato dall’Avvocato Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, e ha condannato il Ministero della Difesa a riconoscere le prestazioni previdenziali in favore del figlio orfano della vittima del dovere, Colonnello Raffele Acquafredda, ad erogare le prestazioni/benefici quale superstite di vittima del dovere. All’orfano dovrà essere liquidato un importo di circa 250mila euro per i ratei arretrati e percepirà per tutta la vita circa 2100 euro al mese di vitalizi