Archivi categoria: Sentenze

Amianto : Sentenze

Saca Eternit di Cavagnolo, ennesima beffa per i parenti delle vittime: annullata la condanna di Schmidheiny

Per la Corte di Cassazione il processo d’appello per due morti è da rifare “ma adesso incombe la prescrizione”

La Corte di Cassazione ha annullato, a inizio maggio 2024, la condanna del miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, azionista di riferimento del gruppo Eternit, per la morte di un dipendente della Saca di Cavagnolo, azienda del gruppo, e di una contadina del paese a causa dell’esposizione all’amianto e al conseguente manifestarsi dell’asbestosi. Dopo la condanna a quattro anni inflittagli nel processo di primo grado, questa era stata ridotta a un anno e mezzo in appello. Ma adesso anche questo è da rifare.

“Intanto la prescrizione incombe e le vittime rimangono senza giustizia – è il commento del presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, Ezio Bonanni -. Non possiamo comprendere, né condividere, la decisione della corte. Il nostro impegno, comunque, proseguirà in tutte le competenti sedi, per la bonifica, la messa in sicurezza, la tutela medica e risarcitoria di tutte le vittime e dei loro familiari”.

Amianto in Rai, morto il dipendente che aveva presentato denuncia: Mariusz Marian Sodkiewicz aveva 62 anni

Alla fine è morto, ieri a 62 anni, a causa di un tumore causato dall’esposizione all’amianto, l’ex dipendete della Rai Mariusz Marian Sodkiewicz: l’uomo aveva presentato nei mesi scorsi una denuncia alla Procura di Roma chiedendo «di individuare e giudicare i dirigenti responsabili per la mancata protezione dei dipendenti esposti all’amianto» nella sede romana di Viale Mazzini dell’azienda pubblica. Lo rende noto l’Osservatorio Nazionale Amianto da «tempo da tempo impegnato a fare chiarezza sulla presenza del “killer silente” negli edifici della televisione di Stato».

Amianto : Sentenze

Operaio morto per esposizione all’amianto, Atitech condannata a 270mila euro di risarcimento

La Corte di Appello di Napoli ha condannato l’Atitech al risarcimento in favore della famiglia di Aldo Converso, morto 18 anni fa per un mesotelioma pleurico.

La Corte di Appello di Napoli ha condannato l’Atitech a risarcire la famiglia di Aldo Converso, dipendente dell’azienda di trasporti deceduto a 59 anni per un mesotelioma pleurico: secondo il giudice la patologia è stata causata dall’esposizione all’amianto, avvenuta nei 41 anni durante i quali l’uomo ha lavorato per la società. La sentenza arriva a 18 anni dal decesso, risalente al 2006; lo rende noto, con un comunicato, l’Osservatorio Nazionale Amianto.

L’azienda aveva incassato una prima condanna nel 2010, quando il Tribunale di Napoli aveva stabilito un risarcimento di 180mila euro nei confronti della famiglia di Converso; aveva contestato la decisione nei successivi gradi di giudizio ed era stata condannata a corrispondere ulteriori 54mila euro, diventati 90mila tenendo conto degli interessi nel frattempo maturati.

Converso, originario di Casalnuovo, in provincia di Napoli, all’età di 18 anni aveva cominciato a lavorare nello stabilimento Ati di Capodichino, che nel 2004 sarebbe diventato Atitech; per l’azienda aveva ricoperto diverse mansioni, incluse quelle di assistente tecnico di bordo e magazziniere, ed era quindi stato esposto alle fibre di amianto presenti negli impianti, nei macchinari, negli hangar e, in generale, nell’ambiente di lavoro, senza essere messo a conoscenza dei rischi. L’amianto era contenuto anche in alcuni dei presidi antifortunistici indossati dall’uomo, come i guanti. L’operaio era andato in pensione nel 2005, nello stesso anno gli era stato diagnosticato il mesotelioma pleurico che nel giro di un anno lo ha ucciso.



Amianto : Sentenze

Lavoratore del Petrolchimico esposto all’amianto, Tribunale condanna l’Inps

La Corte di Appello di Catania, ha condannato l’Inps a riconoscere la rivalutazione contributiva di Francesco Castorina, uno dei tanti lavoratori del Petrolchimico di Priolo-Augusta esposti alle fibre di amianto“. Lo riferisce l’Osservatorio nazionale amianto che ha seguito la vicenda di Castorina, originario di Catania ma residente ad Augusta, che, per 35 anni, ha lavorato come addetto alla manutenzione in uno stabilimento del polo petrolchimico di Priolo-Augusta.

L’esposizione all’amianto
In quel periodo, come ricorda l’associazione, l’amianto era un materiale comunemente utilizzato e veniva impiegato in varie parti degli impianti industriali. L’uomo aveva respirato le fibre killer aerodisperse nell’ambiente, senza per altro essere tutelato adeguatamente.

Lo scontro legale con l’Inps

Ed è stata proprio la questione della durata dell’esposizione oltre il 1992, l’oggetto principale del braccio di ferro tra l’uomo e l’INPS perché l’operaio, dopo aver fatto richiesta del riconoscimento dei benefici pensionistici per l’esposizione all’amianto, negati dall’ente di previdenza, è andato poi in pensione con “Quota 100” percependo una rendita inferiore rispetto a quella a lui spettante.

La sentenza in primo grado
Nel 2020, secondo quanto riferisce la stessa associazione, la sentenza di primo grado del Tribunale di Siracusa riconobbe il diritto di Castorina alla rivalutazione contributiva. Decisione contestata dall’Inps che ha presentato ricorso in Appello di Catania ed al termine del processo, i giudici hanno “condannato l’ente e confermato il diritto dell’operaio alla rivalutazione contributiva consentendogli di ottenere la compensazione economica che gli spettava per gli anni di lavoro a contatto con la “fibra killer” spiegano dall’Osservatorio nazionale amianto.

La testimonianza
“Tutti i lavoratori che hanno prestato servizio presso il polo Petrolchimico dovrebbero vedere riconosciuti i benefici amianto, almeno quelli esposti fino al 2000. E’ assurdo dover ricorre alle vie legali, sottostare a lungaggini burocratiche, per ottenere giustizia” – aggiunge Castorina.

Il presidente Bonanni
“Questa vittoria è il risultato di anni di impegno e dedizione nel difendere i diritti dei lavoratori esposti sul posto di lavoro – dichiara Ezio Bonanni, legale dell’operaio e Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto che sottolinea – “continueremo a lottare per garantire giustizia e equità per tutti i lavoratori che si trovano in situazioni simili. La nostra speranza è che questa sentenza possa servire da precedente importante per futuri casi simili, promuovendo una maggiore consapevolezza e tutela della salute e sicurezza sul lavoro”.

Amianto : Sentenze

Amianto alle porte di Roma, lavoratore affetto da placche pleuriche: tribunale condanna l’Inps

L’ente dovrà riconoscere i benefici previdenziali a Piero De Luca, lavoratore dal 1986 dello stabilimento

Il Tribunale di Velletri ha accolto il ricorso di Piero De Luca, lavoratore dal 1986 dello stabilimento Colgate Palmolive di Anzio esposto all’amianto e affetto da ispessimento e placche pleuriche che si era visto respingere dall’Inps la domanda secondo i benefici previsti dalla legge 257/92. Lo rende noto l’Osservatorio Nazionale Amianto.

De Luca, 60 anni, originario di Nettuno, è stato in forze presso lo stabilimento Colgate di Anzio, occupandosi della manutenzione di vari reparti e impianti di fabbricazione. Come è evidente in sentenza l’uomo è stato impiegato fino al 2012 nel reparto saponi costituito da serbatoi riscaldati, tubazioni di vapore, caldaie sapone, tutti coibentati in amianto e persino i guanti per il calore che aveva in dotazione erano realizzati in amianto.

Nel 2019 De Luca manifesta i primi sintomi della malattia asbesto correlata e l’INAIL accerta la sussistenza della patologia “ispessimento e placche pleuriche” causata dall’esposizione professionale a polveri di amianto. Nel 2020 la richiesta dei benefici amianto e prepensionamento all’Inps, negata dall’Ente. Per il riconoscimento dei legittimi diritti si rivolge quindi all’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, che ha ottenuto ragione dal Tribunale che ha condannato l’Inps  a riconoscere al lavoratore l’accredito della maggiorazione contributiva, quindi una pensione che avrà diritto ai benefici previdenziali previsti dalla legge sulla messa al bando amianto con un aumento del 30% circa raggiungendo l’importo di 2500 euro mensili.

Amianto : Sentenze

Anni di amianto: Inps deve pagare il catanese

Corte d’appello dà ragione a operaio del petrolchimico di Priolo

CATANIA – La Corte d’appello di Catania ha condannato l’Inps a riconoscere la rivalutazione contributiva di Francesco Castorina, uno dei tanti lavoratori del petrolchimico di Priolo-Augusta esposti alle fibre di amianto. Originario di Catania e residente ad Augusta, dal 1984 ha lavorato per 35 anni come addetto alla manutenzione. In quel periodo l’amianto era un materiale comunemente utilizzato e veniva impiegato in varie parti degli impianti industriali. Di conseguenza Castorina aveva respirato le fibre killer aerodisperse nell’ambiente, senza per altro essere tutelato adeguatamente. Quanto alle bonifiche, è emerso che sono state eseguite ben oltre l’entrata in vigore della legge che prevedeva la tutela dei lavoratori esposti.

Ed è stata proprio la questione della durata dell’esposizione oltre il 1992 l’oggetto principale del braccio di ferro tra l’operaio e l’Inps perché, dopo aver fatto richiesta del riconoscimento dei benefici pensionistici per l’esposizione all’amianto, negati dall’ente di previdenza, è andato poi in pensione con “Quota 100” percependo una rendita inferiore rispetto a quella a lui spettante. Nel 2020 la sentenza di primo grado del tribunale di Siracusa che ha riconosciuto il diritto di Castorina alla rivalutazione contributiva. Decisione contestata dall’Inps che ha portato la vicenda presso la Corte di appello di Catania; la quale ha condannato l’ente e confermato il diritto dell’operaio consentendogli di ottenere la compensazione economica che gli spettava per gli anni di lavoro a contatto con la fibra killer. “E’ assurdo dover ricorre alle vie legali, sottostare a lungaggini burocratiche, per ottenere giustizia”, commenta Castorina.

Ex lavoratore morì per mesotelioma, per pm nesso con amianto: chieste tre assoluzioni

Gela. Tre assoluzioni e il non doversi procedere per un altro imputato, Antonio Catanzariti, intanto deceduto. Sono le richieste avanzate dal pm Luigi Lo Valvo, al termine della requisitoria nel procedimento avviato a seguito del decesso di un ex lavoratore di società che hanno operato nel passato nel sito industriale locale. Perse la vita nove anni fa, per le conseguenze di un mesotelioma sarcomatoide. Secondo i pm che hanno portato a processo gli imputati, tutti ex riferimenti di società oggi del gruppo Eni, il lavoratore avrebbe contratto la grave patologie a seguito dell’esposizione ad amianto. Nelle conclusioni, il pm ha passato in rassegna buona parte della principale casistica, giurisprudenziale e più strettamente scientifica. Ha sottolineato che sono da riconoscere correlazioni di causalità sia generali che individuali. Ritiene, sulla base dei dati riscontrati nelle perizie e negli atti affidati alle consulenze, che non possano individuarsi cause differenti da quelle dell’attività svolta dal lavoratore. Ha però precisato che rispetto ai periodi temporali non è possibile collegare i fatti ad eventuali responsabilità di referenti delle società incaricati successivamente. Per questa ragione, ha concluso per l’assoluzione di Gregorio Mirone, Giancarlo Fastame e Giorgio Clariazia. Nella requisitoria, invece, ha tenuto a spiegare che profili di responsabilità potevano essere appurati, rispetto al periodo di incarico, per Catanzariti che però è deceduto.

Di Vara fu alle dipendenze di Enichem-Anic, della Praoil e di Agip Petroli. Iniziò la sua attività in raffineria negli anni ’70, per concluderla nel 1996. Nel corso della prossima udienza, spetterà alle difese definire le rispettive conclusioni. I legali degli imputati, nel corso dell’attività istruttoria, hanno sostenuto l’assenza di qualsiasi nesso tra il ruolo dei loro assistiti e la patologia contratta dal lavoratore.

Amianto : Sentenze

Amianto killer, risarcimento da 200mila euro a famiglia di un ferroviere del Foggiano. “Sentenza apripista”

Rocco A., originario di Orta Nova, lavorava presso le grandi officine riparazioni (Ogr). È morto per un mesotelioma epitelioide

Un esito giudiziario “apripista” di grande rilevanza, quello Rocco A., esposto all’amianto alle dipendenze di RFI (Rete Ferroviaria Italia) presso le Officine Grandi Riparazioni (OGR) di Foggia, sviluppando un mesotelioma epitelioide che lo ha portato alla morte.  La Corte di Appello di Roma ha ribadito, non solo che non esiste una soglia minima al di sotto della quale si annulla il rischio amianto, ma ha avallato la tesi che, anche un’esposizione non prolungata nel tempo, può determinare l’insorgenza di patologie asbesto-correlate.

Rocco A., nativo di Orta Nova e residente a Foggia, ha prestato servizio in RFI dal 1969 al 1971 con mansioni di operaio qualificato “aggiustatore meccanico”. Si è occupato della manutenzione dei rotabili ferroviari, motori, tubazioni, cavi elettrici, etc. respirando direttamente e indirettamente le sottilissime fibre killer. I locali erano privi di aerazione, le lavorazioni venivano eseguite senza l’adozione di alcuna misura di sicurezza, pur essendo disponibili, sin dagli anni ’40, mascherine, tute protettive e aspiratori. Quel che è peggio, venivano utilizzati dei soffiatori per togliere la polvere, che tuttavia finivano inevitabilmente per disperderla nell’aria. Nel 2006 Rocco aveva avuto un primo versamento pleurico, e il 28 marzo 2009 è purtroppo, deceduto all’età di 68 anni, lasciando la moglie e i due figli. L’INAIL aveva fin da subito accertato l’origine professionale della malattia e costituito in favore della vedova la rendita ai superstiti.

La famiglia dell’uomo, assistita dagli avvocati Ezio Bonanni, Presidente Osservatorio Nazionale Amianto, e Daniela Lucia Cataldo, aveva quindi presentato ricorso al Tribunale di Roma per ottenere il risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali. Ma nonostante l’ONA avesse già ottenuto altre condanna delle F.S., nel caso del Sig. Rocco, l’azienda aveva tuttavia contestato la pretesa, spiegando che: “solo a partire dalla metà degli anni ’70 vi è stata la presa di coscienza circa la pericolosità della esposizione a fibre in amianto”. In primo grado, basandosi su un’ampia letteratura medico scientifica, la magistratura aveva tuttavia respinto le eccezioni di FS.  Il CTU nominato dal Tribunale aveva quantificato il danno biologico subito per oltre 200mila euro a beneficio dei familiari dell’operaio, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali. Oggi, la condanna anche in secondo grado della Corte d’Appello di Roma. Purtroppo la storia della Officine Grande Riparazioni della F.S. è caratterizzata dalla strage di lavoratori per mesotelioma e altre malattie di amianto, che in qualche caso hanno colpito anche i familiari. Il VII Rapporto ReNaM ha inserito il settore dei rotabili ferroviari tra quelli che hanno riscontrato più casi di mesotelioma. “Dopo l’ennesima e duplice pronuncia di condanna si spera che le FS, invece interporre appelli e cercare di ritardare i risarcimenti, desistano dal negare il diritto di tanti che hanno perso la vita per l’uso dell’amianto. Purtroppo, il picco epidemiologico ci sarà nei prossimi anni”, dichiara Bonanni.

Amianto: Sentenze

Esposto all’amianto per 40 anni, Inps condannata nel Napoletano

Operaio ha diritto a prepensionamento e a rivalutazione pensione

Il sottufficiale di macchina della Marina Mercantile e di Costa Armatori Raffaele Raia, nato e residente a Torre del Greco (Napoli), ed esposto all’amianto per oltre 40 anni, dal 1961 al 2003, ha diritto al prepensionamento e alla rivalutazione della pensione.

A stabilirlo, secondo quanto rende noto l’Osservatorio Nazionale Amianto, è il Tribunale di Torre Annunziata (Napoli) che ha condannato l’Inps a concedere al lavoratore i benefici spettanti con una maggiorazione della pensione di 500 euro mensili, oltre a una rivalutazione e liquidazione per gli ultimi 10 anni.
    Raia nel 2019 si è ammalato di “ispessimenti pleurici”, patologia asbesto correlata accertata dall’Inail, era stato esposto a fibre e polveri di amianto sia durante le attività di imbarco sulle unità navali della Marina Mercantile, sia prestando servizio come dipendente al servizio di Spa Costa Armatori.

Nello specifico aveva svolto mansioni di operaio, prima motorista, poi meccanico e successivamente tornitore, attività che hanno determinato una esposizione diretta e indiretta, dal momento che gli ambienti erano contaminati dalle polveri e dai rivestimenti che si disperdevano nell’ambiente.
    L’amianto era addirittura presente anche nella cabina che lo ospitava e nei dispositivi di protezione individuale (DPI) per proteggersi dall’elevato calore. L’ex dipendente aveva pertanto chiesto l’adeguamento dei ratei della pensione e relativa ricostituzione della posizione contributiva, richieste che l’Inps aveva negato. L’uomo ha ottenuto la sentenza favorevole attraverso il ricorso presentato da Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto: “Questa sentenza rappresenta un importante punto di partenza per un cambiamento tangibile nella cultura della sicurezza del lavoro, affinchè nessun altro lavoratore debba lottare per ottenere i propri diritti fondamentali”.

Amianto : Sentenze

Esposto all’amianto durante la leva, muore di tumore. Condannati i ministeri dell’Interno e della Difesa

Aldo Martina era venuto a contatto con la fibra killer in Marina Militare. Agli eredi il ministero della Difesa dovrà versare 200mila euro

Per la morte di Aldo Martina a causa di mesotelioma pleurico legato all’esposizione di amianto, il Tribunale di Roma ha condannato il Ministero della Difesa a pagare agli eredi, la moglie Anna e i figli Emiliano e Sarah, 200mila euro a titolo di “speciale elargizione”. Il ministero dell’Interno, inoltre, è stato condannato a riconoscere Martina come “vittima del dovere”, inserendo il suo nome nell’apposita graduatoria

Martina era originario di Muggia, nel Friuli-Venezia Giulia e dagli anni Settanta viveva a Fonte Nuova, nella città metropolitana di Roma. Era venuto a contatto con la fibra killer durante il servizio militare svolto quando aveva 20 anni all’Arsenale militare marittimo di La Spezia, e successivamente al Comos (Comando gruppo Motosiluranti) di Brindisi. In qualità di “Sottocapo radiotelegrafista”, l’uomo era stato costantemente a contatto con polveri e fibre di amianto, utilizzando accessori inadeguati come grembiuli da lavoro, coperte, guanti e pezze, “in un ambiente di lavoro privo di qualsiasi misura di sicurezza”, come riporta in una nota l’Osservatorio nazionale amianto. Martina, ignaro dei rischi che stava correndo, si occupava della manutenzione e della riparazione di impianti di comunicazione navale, maneggiava diversi tipi di rifiuti, compresi quelli contenenti amianto, senza alcun tipo di dispositivo di protezione individuale. A confermarlo è stata la perizia del consulente tecnico d’ufficio (Ctu), secondo cui Martina era costantemente esposto all’inalazione di fibre di amianto aerodisperse nell’ambiente di lavoro e provenienti da apparecchiature di sala macchine, tubolature, cavi e trattamenti coibentanti delle imbarcazioni. Tutte sostanze venivano liberate in ambienti ristretti. Non solo: anche le vernici usate a bordo contenevano asbesto, contribuendo ulteriormente a danneggiare la salute del lavoratore. Nel 2018, Martina ha iniziato ad accusare i primi problemi respiratori e, nell’agosto dello stesso anno, è arrivata la diagnosi di mesotelioma, tumore maligno che ha origine dalla pleura. L’uomo è morto dopo 9 mesi

Amianto : Sentenze

Esposizione all’amianto, un anno e pena sospesa per 5 ex dirigenti Materit accusati di omicidio

Gli ex dirigenti accusati a vari titolo di omicidio e lesioni colpose nei confronti di 4 operai, per averne causato il decesso o procurato malattie professionali da esposizioni da amianto.

MATERA – Il Tribunale di Matera ha condannato a un anno di reclusione (pena sospesa), Silvano Benitti, Pietro Pini, Michele Cardinale, Michele Bonanni e Lorenzo Mo, ex dirigenti delle ex aziende Cemater-Materit dell’area industriale di Ferrandina (Matera), accusati a vari titolo di omicidio e lesioni colpose nei confronti di quattro lavoratori, per averne causato il decesso o procurato malattie professionali da esposizioni da amianto.

L’accusa, nel giugno 2023, aveva chiesto una condanna a due anni e otto mesi di reclusione. I fatti contestati riguardano un periodo che va dal 1975 al 1989, data di chiusura dello stabilimento Materit. Il giudice ha, inoltre, condannato gli ex dirigenti al pagamento di diecimila euro ciascuno nei confronti delle parti civili. E ha disposto il pagamento della somma di 50mila euro per i familiari dei quatto operai. Ha infine stabilito non doversi procedere, per intervenuta prescrizione dei reati, per episodi riferiti ad altri 16 operai.

Amianto : Sentenze

Amianto, muore di mesotelioma a 54 anni, condanna per Inps

Per Corte d’Appello L’Aquila istituto deve indennizzare vedova

La Corte d’Appello dell’Aquila ha condannato l’Inps a riconoscere le maggiorazioni amianto e a ricostruire la posizione contributiva di Luigi Vitullo, morto a 54 anni di mesotelioma pleurico epitelioide a causa dell’esposizione professionale alla fibra.

Le perizie tecniche-ambientali del consulente tecnico d’ufficio (Ctu) confermano che l’operaio chietino, che dal 1976 al 1987 ha prestato servizio in diverse aziende nella provincia di Chieti, durante le sue mansioni è stato esposto direttamente e indirettamente a polveri e fibre di amianto.

Ad assistere come legale la famiglia di Vitullo è stato il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (Ona), Ezio Bonanni.
    Un compito particolarmente rischioso era la manipolazione di lastre di cemento amianto soggette a usura e spesso abbandonate nel cantiere. Nonostante il divieto di utilizzo introdotto dalla legge 257/92, Vitullo e i colleghi fino a metà degli anni ’90 hanno usato strumenti di protezione realizzati in amianto. Tutti gli operai, non informati dei rischi per la salute e senza che le aziende avessero adottato strumenti di prevenzione tecnica, quali aspiratori per le polveri o maschere e tute monouso, portavano involontariamente a casa abiti contaminati con polvere e fibre di amianto, esponendo anche i familiari. L’esordio della malattia per Vitullo risale a maggio 2015, a giugno la diagnosi di mesotelioma viene confermata. L’uomo muore ad Ancona un mese dopo.

La battaglia giudiziaria, ricorda una nota dell’Osservatorio, iniziò contro l’Inail, che nel 2019 ha riconosciuto il diritto in via amministrativa. L’Inps anche dopo il riconoscimento dell’Inail ha continuato a negare l’esposizione ad amianto nonché benefici e prestazioni aggiuntive del Fondo Vittime Amianto spettanti alla vedova, Antonietta Cicchini, che all’epoca della morte del marito aveva 50 anni, costringendo a una nuova causa. La domanda in primo grado è stata rigettata, ma in appello il ricorso è stato accolto. L’Istituto è stato condannato al ricalcolo della pensione di indennità con un aumento di circa 5mila euro all’anno. Inoltre, la donna dovrà percepire 80mila euro circa tra gli arretrati dell’Inps e quelli dell’Inail.

Castellammare, lavoratore esposto all’amianto: ottiene maxi risarcimento da 190mila euro

Castellammare, lavoratore esposto all’amianto: ottiene maxi risarcimento da 190mila euro
Un imponente risarcimento di 190.000 euro è stato assegnato recentemente da parte del Tribunale Civile di Torre Annunziata a un lavoratore che ha contratto una malattia correlata all’esposizione all’amianto presso lo stabilimento Fincantieri di Castellammare. La vittoria in questa battaglia legale è stata ottenuta da un operaio di Scafati affetto da un tumore ai polmoni, una condizione riconosciuta da una sentenza come direttamente legata agli anni trascorsi in un reparto del cantiere navale a contatto con la pericolosa sostanza.