Archivi categoria: Sentenze

Amianto :Cassazione

Amianto, beneficio contributivo anche se la malattia non è indennizzabile

Per il riconoscimento del beneficio contributivo di cui all’art. 13, comma 7, della Legge n. 257/1992 in favore dei lavoratori che abbiano contratto malattie professionali a causa dell’esposizione all’amianto documentata dall’Inail non è necessario che la malattia sia indennizzabile.

E’ quanto ammesso dalla Corte di cassazione nel testo dell’ordinanza n. 37045 del 17 dicembre 2022 con cui ha fornito la corretta interpretazione della disposizione richiamata, per come inserita nel contesto delle misure previdenziali a sostegno dei lavoratori che si sono trovati direttamente o indirettamente esposti all’amianto.

La previsione in esame, in particolare, dispone che: “Ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche per i lavoratori, che abbiano contratto malattie professionali a causa dell’esposizione all’amianto documentate dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), il numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa a periodi di prestazione lavorativa per il periodo di provata esposizione all’amianto è moltiplicato per il coefficiente di 1,5″.

Nella vicenda posta all’attenzione della Suprema corte, un uomo si era visto respingere la domanda con cui aveva chiesto l’accertamento di aver contratto una malattia professionale da asbesto correlata, al fine di conseguire la rivalutazione dei periodi contributivi ai sensi della citata legge, a prescindere dal raggiungimento della soglia indennizzabile.

Amianto:Sentenze

Amianto sui bus, Cotral condannata a risarcire i figli dell’autista morto

La decisione del Tribunale di Roma contro la compagnia di trasporti laziali, ai due eredi della vittima andranno 157mila euro

Il Tribunale di Roma ha condannato la compagnia di trasporti laziali Cotral Spa al risarcimento dei danni nei confronti di Stefano e Claudio, figli di Vincenzo Cecchini, autista di linea morto a 59 anni per adenocarcinoma polmonare da amianto. I due, informa l’Osservatorio Nazionale Amianto, riceveranno complessivamente 157mila euro di risarcimento.

‘uomo si è ammalato nel novembre 2010morendo 8 mesi più tardi il 22 luglio 2011. Sono le prime sentenze di condanna seguite dall’Osservatorio Nazionale Amianto, di Cotral Spa, dopo che molti dei lavoratori sono stati collocati in prepensionamento amianto. “Non sarà possibile restituire alla famiglia il loro caro, ma abbiamo ottenuto giustizia e un po’ di pace”, commenta il presidente Ezio Bonanni. A guidare il convincimento del giudice del Lavoro, Valentina Cacace, è stata la sentenza del Tribunale di Roma, confermata in Appello nel dicembre 2022, che condanna la Cotral Spa al risarcimento di 78.714,03 euro per Laura Cristofanelli, vedova del Cecchini e mamma di Stefano e Claudio.

I consulenti tecnici di ufficio hanno riconosciuto “la sussistenza del nesso fra l’esposizione lavorativa e l’insorgenza dell’adenocarcinoma polmonare diagnosticato” alla vittima, richiamando le normative che dispongono tutta una serie di misure che il datore di lavoro deve attuare per preservare la salute dei suoi dipendenti precisando che “non può non dubitarsi della responsabilità della società resistente per l’omessa adozione di quelle cautele che avrebbero ridotto il rischio”.

Il Tribunale di Roma riconosce per i figli, che all’epoca della morte del padre avevano 30 e 31 anni, com’è stato per la madre, anche il danno biologico di natura psichica: dopo la diagnosi, infatti, l’integrità psico-fisica di Cecchini è stata compromessa perché – rileva ancora l’Osservatorio – ha percepito lucidamente la gravità del quadro patologico e l’approssimarsi della morte.

Amianto:Risarcimenti

Esposto ad amianto nell’esercito e nella Guardia di Finanza, appuntato scelto riconosciuto vittima del dovere

La Corte di Appello di Trieste ha condannato i Ministeri della Difesa e dell’Economia al risarcimento

La Corte d’Appello di Trieste ha riconosciuto vittima del dovere per esposizione all’amianto l’appuntato scelto Marco Sedda, per anni nell’esercito e ora ancora in forze nella Guardia di Finanza. In Appello è stata ribaltata la sentenza di primo grado del Tribunale di Trieste che non aveva ritenuto fossero stati forniti elementi specifici e concreti della presenza di amianto sul luogo di lavoro.

Amianto:Discariche

Ricorso accolto dal Tar: la discarica di amianto non si farà”

La soddisfazione del Sindaco di Santhià: “Il più bel regalo di questo Natale”

SANTHIA’ (VC) (16.12.2022 – 18.01) – Ieri mattina, giovedì 15 dicembre, il TAR ha accolto il ricorso presentato dal Consorzio del Riso d.o.p. di Baraggia biellese e vercellese contro la discarica di amianto a Salussola, in località Brianco, con una sentenza che risulta inequivocabile e che avrà come prevedibile conseguenza la vittoria anche degli altri tre ricorsi di cui uno presentato proprio dal Comune di Santhià, insieme a quello di Carisio.

«Quale regalo migliore per il nostro Natale! In attesa della Sentenza del Marzo 2023 contro la Discarica di Amianto al Branco, il Giudice si è già pronunciato e la discarica non si farà. Se non avessimo contrastato, da subito, anche perdendo i primi ricorsi, oggi non potremmo dire che non si farà né la discarica di amianto al Brianco, né l’ampliamento delle discariche A2A in Valledora. Ci siamo battuti duramente e con determinazione, ma oggi sono felice di poter dire che nel futuro non ci saranno discariche sul nostro territorio», commenta con soddisfazione il sindaco Angela Ariotti.

Amianto: Ancora Sentenze

“Ucciso da amianto, assolvete l’ex dirigente”

Roberto Cai era responsabile alla fine degli anni ’70 nelle officine Breda. Il pm: “Il fatto non sussiste”. La difesa: “Nessun nesso di causalità”

Assoluzione perché il fatto non sussiste. E’ stata questa la richiesta avanzata ieri davanti al giudice Pasquale Cerrone del tribunale di Pistoia dal pubblico ministero Luisa Maria Adamo, nell’ambito del processo che vede imputato l’ex dirigente delle officine Breda, Roberto Cai, 85 anni, con l’accusa di omicidio colposo, per la morte nel 2004 di Fabio Ceccherini, ex operaio Breda, deceduto per un mesotelioma pleurico. La malattia di Ceccherini, come quella di tanti altri colleghi delle officine Breda, secondo le indagini dirette dalla Procura, sarebbe da ricondurre alla lunga esposizione alle fibre di amianto che l’operaio avrebbe avuto negli anni, dagli anni ’60 fino al 1981. L’ex dirigente Breda è accusato di omicidio colposo, in violazione delle misure anti infortunistica per l’esposizione all’amianto. Ceccherini era entrato in Breda nel 1964. La sua mansione era quella di allestitore delle carrozze, dopo che le stesse erano state coibentate con la tecnica della spruzzatura. Una tecnica questa della spruzzatura che avrebbe causato una esposizione diretta alle fibre di amianto in molti operai. Ma Ceccherini aveva un’altra mansione, intervenendo nel montaggio in un momento successivo. Secondo l’iniziale impianto accusatorio, Ceccherini sarebbe stato esposto alle fibre di amianto fino al 1981, dunque per un periodo prolungato della sua attività lavorativa, periodo nel quale avrebbe con molta probabilità contratto la malattia che sarebbe insorta successivamente. Ma la posizione di garanzia dell’ex dirigente Breda, Roberto Cai, avrebbe solo sfiorato questo lasso di tempo, dal momento che era iniziata nel 1978, ma si era concretizzata nel 1981. Inoltre, la tecnica della spruzzatura, alla fine degli anni ’70, fu abbandonata. Su questi aspetti si concentra la difesa dell’avvocato Andrea Niccolai, legale di Cai. “La posizione di garanzia all’interno dello stabilimento di Roberto Cai – ha spiegato l’avvocato Andrea Niccolai – iniziò di fatto nel 1981, dopo la fine dell’attività di coibentazione a spruzzo. Si può perciò escludere il nesso di causalità con l’insorgenza della malattia. Soprattutto, non esiste alcuna prova scientifica che le esposizioni, certamente bassissime, nell’ultimo periodo, possano avere influito sul decorso della patologia”. Il processo è aggiornato al 27 gennaio, data in cui è attesa la sentenza. Il processo per i morti d’amianto si è concluso, lo ricordiamo,nel 2008, con l’assoluzione confermata in appello di tutti gli ex dirigenti degli stabilimenti di via Ciliegiole. Furono analizzati 17 decessi, ma non fu possibile attribuire la responsabilità penale per quelle morti. La maxi indagine era stata avviata nel 1995 e prese in esame 170 decessi sospetti.

Amianto : Sentenze

Milano, amianto alla Scala, in appello confermate assoluzioni. Comitato difesa salute: “Sentenza indegna, fu una strage silenziosa”

Sono stati assolti anche in appello le quattro persone, tra ex vertici e consulenti del Teatro alla Scala, imputate con l’accusa di omicidio colposo di alcuni lavoratori morti di tumore per la presenza di amianto prima delle bonifiche dei locali del Piermarini. Lo ha deciso la quinta sezione penale della Corte d’appello confermando la sentenza di primo grado del 30 aprile 2021.

Il verdetto era stato impugnato dal pm Maurizio Ascione, applicato poi nel processo di secondo grado. Gli imputati per cui era stata chiesta la condanna erano Carlo Fontana, l’ex sovrintendente della Scala dal primo ottobre 1990 al 24 febbraio 2005, Giovanni Traina, dal 1987 referente del Centro Diagnostico Italiano e successivamente, con la Società di Prevenzione, consulente esterno del Teatro in materia di igiene e sicurezza, Franco Malgrande, direttore tecnico dal primo gennaio 1994 e dal primo aprile 1995 direttore dell’allestimento scenico e Maria Rosaria Samoggia, alla direzione affari generali dal 27 settembre 1991 al 21 ottobre 1996. Le motivazioni saranno depositate entro 45 giorni.

In questo paese se rubi una mela per fame vai in galera; se rubi migliaia di vite umane “il fatto non sussiste”.

Amianto:Aviazione Civile

Aviazione civile, Cassazione conferma esposizione ad amianto

Aviazione civile e amianto. “Con la più recente sentenza della corte di Cassazione n. 35228 del 2022, si pone la parola fine in ordine alla conferma della elevata esposizione amianto anche in questo settore. Questa esposizione naturalmente riguarda anche l’Aeronautica militare. Infatti, nella componentistica degli aeromobili l’amianto ha avuto un ruolo decisivo, non solo per le sue qualità antincendio, ma anche per la sua forte resistenza e il poco peso”. Così ha commentato il pronunciamento degli Ermellini il presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, l’avvocato Ezio Bonanni, che assiste la famiglia di Aldo Converso. L’uomo è stato tecnico aeronautico nelle aziende Ati e Atitec tra il 1966 e il 2004, presso l’officina di Napoli Capodichino. Nel 2006 morì per un mesotelioma causato dall’asbesto.

Nel dispositivo sancisce un importante principio: “L’accertamento incidentale in sede civile del fatto costituente reato (e quindi della responsabilità penale del datore di lavoro, ndr), sia nel caso di azione proposta dal lavoratore per la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno cd. differenziale, sia nel caso della azione di regresso proposta dall’Inail, deve essere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale, anche in ordine all’elemento soggettivo della colpa e del nesso causale tra fatto ed evento”.

Significa che l’accertamento del reato in sede civile risponde non alle regole del diritto penale, ma a quelle del civile. In questo secondo caso per la prova vige il principio del “più probabile che non” e non, come in sede penale, dell’“oltre ogni ragionevole dubbio”.

E’ una differenza fondamentale perchè dimostrare qualcosa oltre ogni ragionevole dubbio è molto più difficile. Nelle cause civili sul lavoro, quindi, è ora sufficiente dimostrare la violazione delle norme cautelari non solo per provare la colpa, ma anche il nesso causale tra l’esposizione all’amianto e la patologia asbesto correlata

Amianto:Sentenze

Cosenza, morto dopo aver respirato amianto per anni: FdC condannata a risarcimento milionario

Il dipendente ha lavorato per anni con l’eternit sviluppando poi una neoplasia fatale. Il Tribunale di Cosenza ha disposto un risarcimento di migliaia di euro

COSENZA – Una stangata contro Ferrovie della Calabria. In questo caso specifico si tratta di un’udienza storica per la società condannata dal Tribunale di Cosenza a risarcire con una cifra milionaria agli eredi di un lavoratore deceduto per mesotelioma pleurico.

La vicenda

L’uomo, morto a 75anni dopo un lungo calvario, aveva lavorato per 28 anni di fila, in Ferrovie della Calabria. L’uomo aveva già ricevuto in vita dall’Inail l’indennizzo per malattia professionale dovuta all’esposizione all’amianto. I familiari dell’uomo: la moglie e i 3 figli hanno intrapreso, con gli avvocati  Runco e Coschignano, una lunga battaglia legale contro l’azienda calabrese per ottenere il riconoscimento poiché certi che la causa del tumore  e poi della morte fosse stata provocata dalla lunga e continuata esposizione all’amianto sul luogo di lavoro.

Il giudice della sezione Lavoro ha riconosciuto, nella sentenza del 2 dicembre scorso, il nesso di causalità tra la malattia seguita poi dal decesso e l’attività svolta dall’ex dipendente. Gli avvocati Patrizia Coschignao ed Elena Runco hanno dimostrato che l’uomo non era mai stato informato sulla letalità dell’amianto e non era mai stato dotato di adeguati dispositivi di protezione e che pertanto il datore di lavoro aveva agito in violazione di tutte le norme a tutela della salute dei lavoratori.

Inoltre sempre secondo la ricostruzione effettuata dai legali, l’operaio tornava a casa con i vestiti di lavoro impregnati di polveri di amianto ignaro che le stesse potessero costituire un grave rischio anche per la salute dei familiari.

Amianto, tribunale di Napoli condanna Telecom a risarcire famiglia dipendente

Il Tribunale di Napoli ha condannato Telecom Italia (ex Sip) al pagamento di 146.910 come risarcimento degli eredi di un dipendente morto il 12 agosto 2021 57 anni per un mesotelioma pleurico maligno lasciando moglie e due figli di 30 e 32 anni. Il professionista, A. R., avvocato di Napoli, ha lavorato per dieci anni, tra il 1970 e il 1980, nell’ufficio legale della Direzione regionale Campania Basilicata che si trovava a Palazzo Sip, sede dell’azienda della città partenopea, in via Arenaccia. Gli eredi si erano rivolti all’Osservatorio Nazionale Amianto e al suo presidente, avv. Ezio Bonanni, che ha dimostrato la presenza della fibra killer grazie alla relazione di alcuni lavori di demolizione e bonifica effettuati nel 2007. In quel contesto era stata rilevata la presenza di amianto utilizzato per la coibentazione tale da superare di gran lunga i limiti di tolleranza previsti dalla legge per l’esposizione“. Non solo, durante il processo un collega della vittima ha testimoniato che “c’era amianto nelle pareti dell’intero edificio“, che è poi stato risanato solo molti anni più tardi, precisando che la vittima “non aveva alcun tipo di dispositivo di protezione individuale“. Inoltre non sarebbe stata posta in essere alcuna attività di informazione preventiva e di vigilanza, e i dipendenti non sono mai stati sottoposti a controlli medici che avrebbero potuto prevenire la comparsa della patologia o comunque garantire una tempestiva diagnosi.

Amianto E Magistratura

Insegnante morta per l’amianto a scuola, il Ministero dell’Istruzione dovrà pagare 930mila euro

Insegnante morta per l'amianto a scuola, il Ministero dell'Istruzione dovrà pagare 930mila euro

Respinto il ricorso in appello. Olga Mariasofia D’Emilio è morta nel 2017: dieci anni prima aveva iniziato la procedura per il risarcimento danni. La figlia: “Una vergogna”


BOLOGNA – 
 “Mia madre ha avuto quello che ha sempre desiderato quando ha scoperto di avere un mesotelioma, mi diceva sempre che voleva giustizia, e in questi anni ho vissuto sentendo un dovere profondo nei suoi confronti, quello di non mollare”. Parla così Silvana, figlia di Olga Mariasofia d’Emilio, insegnante morta nel 2017 per mesotelioma per l’esposizione all’amianto avvenuta nella scuola media Farini di Bologna. Il ministero dell’Istruzione dovrà versare 930mila euro di risarcimento a favore dei figli; la corte d’Appello ha infatti respinto il ricorso del ministero contro la sentenza di primo grado che aveva stabilito il risarcimento.

D’Emilio ha insegnato alla Farini fra il 1981 e il 1990. All’interno della struttura, spiega l’Osservatorio nazionale amianto, è stata dimostrata la presenza della fibra killer dove, a respirarla, “non c’era solo la docente, ma i suoi colleghi, e anche tantissimi ragazzi”. Consapevole della sua esposizione, l’insegnante aveva ottenuto dall’Inail il riconoscimento di malattia professionale. Nel 2007, poi, aveva iniziato la procedura giudiziaria per ottenere il risarcimento danni ma, solo dopo la sua morte, i figli Silvana ed Andrea, grazie all’Ona e al suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, costituito con l’avvocato Massimiliano Fabiani del Foro di Bologna, hanno vinto la causa contro il ministero per non aver rimosso l’amianto dalla struttura.

Morte operaio Smim, Raffineria esce da giudizio: procura, “per amianto omicidio colposo”

Gela. Ci sarebbero state responsabilità per la morte di un operaio che lavorò alle dipendenze dell’azienda Smim. Per anni, la società svolse attività sul territorio e nell’indotto di Eni. L’accusa di omicidio colposo è mossa all’ex proprietario, Giancarlo Barbieri. Secondo la procura e gli investigatori, non vennero adottate le misure necessarie per evitare l’esposizione del lavoratore alle fibre di amianto. Morì per le conseguenze di una grave patologia, secondo l’accusa legata all’incidenza delle polveri pericolose. Questa mattina, davanti al giudice Miriam D’Amore, è stato aperto il dibattimento. Preliminarmente, il legale di Raffineria Eni, l’avvocato Carlo Autru Ryolo, ha chiesto l’estromissione dell’azienda, chiamata in giudizio come responsabile civile, visto che Smim per un lungo lasso di tempo si è mossa negli appalti del sito industriale della multinazionale. Secondo il legale, non ci sarebbero collegamenti tra la vicenda del lavoratore poi morto e il ruolo di Raffineria. Il giudice ha accolto, estromettendo la società “per carenza di legittimazione passiva”.

Amianto:Vitalizio

Morte per amianto, il vitalizio riconosciuto alla moglie

La sezione Lavoro del Tribunale di Taranto, giudice Giulia Viesti, ha stabilito il diritto ad una rendita vitalizia alla vedova di un ex lavoratore dell’indotto Ilva di Taranto (ora Acciaierie d’Italia), morto per mesotelioma pleurico, riconoscendo come causa l’esposizione all’amianto.

AMIANTO:Risarcimento

Ancona, due operai uccisi dall’amianto: maxi risarcimento alle famiglie

ANCONA – Altre due vittime dell’amianto, altre due sentenze risarcitorie stabilite dal tribunale di Ancona. Ammonta a circa 900mila euro la somma che Fincantieri (a meno che non impugni le sentenze) dovrà versare a ognuna delle famiglie dei due ex operai stroncati dalle fibre killer. Le storie delle vittime sono state trattate in procedimenti distinti.

Atrent’anni esatti dalla messa fuorilegge nei luoghi di lavoro, l’amianto continua a uccidere. Asbestosi, mesotelioma pleurico, due delle conseguenze medico-sanitarie più devastanti che negli ultimi anni sono stati al centro di una raffica di cause civili e penali intentate dai familiari delle vittime nei confronti di grandi aziende. Fincantieri in particolare che da alcuni giorni a questa parte ha dovuto incassare anche le condanne inflitte dai giudici del lavoro del tribunale di Ancona per la morte di due operai, dipendenti del cantiere navale tra gli anni ’50 e gli anni ’90. Due cause, come tutte quelle allestite ad Ancona, seguite dallo studio legale Berti di Ancona. La prima sentenza è stata emessa alla fine della scorsa settimana dal giudice Tania De Antoniis che ha condannato Fincantieri a risarcire con 900mila euro gli eredi di un carpentiere osimano morto nel 2014 quando aveva 73 anni. Una sentenza difficile da ribaltare visto che un documento inchioda l’azienda triestina alle sue responsabilità: l’autopsia disposta al tempo sul corpo della vittima aveva evidenziato la presenza di corpuscoli di amianto nel parenchima polmonare 200 volte superiori alla soglia di guardia. Un limite che divide la presenza casuale di amianto nei polmoni da quella contratta direttamente sul posto di lavoro. E nei cantieri anconetani, è risaputo, l’amianto veniva utilizzato tantissimo per realizzare le navi al tempo, prima del 1992. Il carpentiere in questione aveva lavorato sia a bordo che in officina come allestitore delle navi, una carriera lunga quasi quarant’anni. Più o meno lo stesso percorso lavorativo di un tubista anconetano morto nel 2020 quando aveva 79 anni a causa di un mesotelioma pleurico. Una diagnosi drammatica che nel giro di tre mesi lo ha portato alla morte. il tubista ha lavorato nel cantiere navale proprio fino agli anni in cui l’amianto è stato messo fuorilegge, ma ormai era tropo tardi e il mesotelioma gli ha presentato il conto. L’aspetto forse più terribile è che sempre il minerale killer, usato per decenni nelle produzioni del nostro Paese, aveva lasciato il segno sulla sua famiglia. Dieci anni fa, otto anni prima della morte del tubista, suo fratello era morto sempre a causa di un mesotelioma pleurico. A inizio settimana la giudice Arianna Sbano ha letto la sentenza che condanna Fincantieri a risarcire i familiari del tubista anconetano con 870mila euro.