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Discariche di Amianto

Discarica di Chianni, prima vittoria dei cittadini: Il Tar ammette il ricorso contro l’arrivo dell’amianto

Un’iniziativa contro la riapertura della discarica

Grillaia, colpo di scena: la discussione ci sarà 

CHIANNI. È l’ennesimo colpo di scena in una vicenda che si trascina da oltre 30 anni e sembra non riuscire a mettere la parola fine.

Questa, volta, però, nella vicenda della discarica Grillaia di Chianni possono esultare i cittadini che, con una scelta coraggiosa, decisero alcuni mesi fa di sfidare la proprietà del sito, la Nuova Servizi Ambiente, e anche la Regione Toscana.

Il ricorso presentato al Tribunale amministrativo regionale toscano, infatti, dopo mesi di attesa ha partorito una decisione importante: la discussione sulla legittimità della delibera della giunta regionale, che autorizza il progetto di Nsa per il conferimento a Chianni di 270 metri cubi di amianto, ci dovrà essere. Tutta la memoria difensiva di proprietà e Regione Toscana, bene ricordarlo, si basava proprio sul postulato opposto. Ovvero che questo ricorso fosse inammissibile, in sostanza che non si potesse neanche discutere.

I cittadini ricorrenti guidati da Luca PicchiMarco PresiStefano Gonnelli e Vittoria Agostini ottengono un risultato davvero importante. Anche perché un ricorso sostenuto economicamente da quasi 200 persone in una raccolta fondi online. Tra queste, uno dei primi ad aderire, il sindaco di Terricciola Mirko Bini. Che anche a nome della giunta e di tutto il Comune aderì economicamente. Decisione presa anche da alcuni consiglieri regionali.

Chi, invece, chiamato in causa rifiutò di aderire, considerando, secondo consiglio dei propri legali, impossibile vincere il ricorso (possibilità, va detto, ancora aperta) fu il sindaco di Chianni, Giacomo Tarrini.

Che, durante un’assemblea pubblica, proprio con alcuni dei cittadini che gli chiedevano di aderire al ricorso legale, fu piuttosto duro e categorico. La pubblicazione sul sito del Tar delle motivazioni ancora non c’è stata. Ma è probabile che il tribunale sentirà tutte le parti in causa. A questo punto anche la nuova proprietà, il Gruppo Vergero. Con l’ad, Marco Vergero, che disse al suo arrivo a Chianni di non essere preoccupato da questa mossa legale dei cittadini. Ora, quello che era considerato poco più di un intoppo, diventa un punto a favore di chi si oppone al progetto amianto.

Pneumoconiosi da asbesto di origine professionale in Italia nel 2020. Dati Inail 2021

Nell’ultima rilevazione dati INAIL del 23 dicembre 2021 i casi di pneumoconiosi per esposizione ad amianto (asbestosi) di origine professionale (codice J61 nella classificazione internazionale delle malattie professionali ICD-10) denunciati e accertati in Italia nel corso del 2020 sono stati 210. Di questi Inail ha valutato in 188 casi come positiva la sussistenza del nesso causale con l’attività lavorativa.

Regioni italiane per casi di pneumoconiosi da asbesto di origine professionale in Italia nel 2020. Dati INAIL 2021

Numero di casi pneumoconiosi da amianto di origine professionale in Italia nel 2020 distribuiti per regione:

  • Campania:132 casi (62.9%), di cui 131 riconosciuti (*)
  • Sicilia: 17 casi (8.1), di cui 13 riconosciuti
  • Toscana: 10 casi (4.8%), di cui 7 riconosciuti
  • Friuli-Venezia Giulia (4.3%): 9 casi riconosciuti
  • Piemonte: 7 casi (3.3%), di cui 6 riconosciuti
  • Liguria: 6 casi (2.9%), di cui 5 riconosciuti
  • Sardegna: 6 casi (2.9%), di cui 2 riconosciuti
  • Lombardia: 5 casi (2.4%), di cui 3 riconosciuti
  • Veneto: 5 casi (2.4%), di cui 2 riconosciuti
  • Emilia Romagna: 3 casi (1.4%), di cui 2 riconosciuti
  • Marche: 3 casi (1.4%), di cui 2 riconosciuti
  • Puglia: 3 casi riconosciuti (1.4%)
  • Lazio: 2 casi (1.0%), di cui 1 riconosciuto
  • Calabria: 1 caso riconosciuto (0.5%)
  • Trentino-Alto Adige: 1 caso riconosciuto (0.5%)

Province italiane per casi di pneumoconiosi da asbesto di origine professionale nel 2020. Dati INAIL 2021

https://www.risarcimentomalattieprofessionali.it/wp-content/uploads/charts/chart-bar-pneumoconiosi-amianto-province-inail-2020.htmlUsa il pulsante in alto a destra per copiare il codice di embed e utilizza liberamente il grafico sul tuo sito web! Infografica a cura di Risarcimento Malattie Professionali. Fonte dei dati: INAIL OpenData, rilevazione 23 dicembre 2021.

Numero di casi di pneumoconiosi da asbesto di origine professionale in Italia nel 2020 per provincia:

  • Napoli: 131 casi (62.4%), di cui 130 riconosciuti (*)
  • Palermo: 17 casi (8.1%), di cui 13 riconosciuti
  • Torino: 7 casi non riconosciuti (3.3%)
  • Sud Sardegna: 6 casi (2.9%), di cui 2 riconosciuti
  • Gorizia: 5 casi riconosciuti (2.4%)
  • Varese: 4 casi (1.9%), di cui 2 riconosciuti
  • Genova: 3 casi riconosciuti (1.4%)
  • Ancona: 2 casi (1.0%), di cui 1 riconosciuto
  • Brindisi: 2 casi riconosciuti (1.0%)
  • Grosseto: 2 casi riconosciuti (1.0%)
  • La Spezia: 2 casi riconosciuti (1.0%)
  • Lucca: 2 casi (1.0%), di cui 1 riconosciuto
  • Pisa: 2 casi (1.0%), di cui 1 riconosciuto
  • Treviso: 2 casi non riconosciuti (1.0%)
  • Trieste: 2 casi riconosciuti (1.0%)
  • Udine: 2 casi riconosciuti (1.0%)
  • Venezia: 2 casi riconosciuti (1.0%)
  • Arezzo: 1 caso non riconosciuto (0.5%)
  • Barletta-Andria-Trani: 1 caso riconosciuto (0.5%)
  • Bolzano: 1 caso riconosciuto (0.5%)
  • Catanzaro: 1 caso riconosciuto (0.5%)
  • Fermo: 1 caso riconosciuto (0.5%)
  • Ferrara: 1 caso non riconosciuto (0.5%)
  • Frosinone: 1 caso riconosciuto (0.5%)
  • Livorno: 1 caso riconosciuto (0.5%)
  • Mantova: 1 caso riconosciuto (0.5%)
  • Prato: 1 caso riconosciuto (0.5%)
  • Parma: 1 caso riconosciuto (0.5%)
  • Reggio Emilia: 1 caso riconosciuto (0.5%)
  • Roma: 1 caso non riconosciuto (0.5%)
  • Salerno: 1 caso riconosciuto (0.5%)
  • Savona: 1 caso non riconosciuto (0.5%)
  • Siena: 1 caso riconosciuto (0.5%)
  • Vicenza: 1 caso non riconosciuto (0.5%)

Pneumoconiosi da asbesto di origine professionale in Italia nel 2020. Agenti causali. Dati INAIL 2021

Gli agenti causali che hanno causato i 188 casi riconosciuti di pneumoconiosi da amianto di origine professionale per i quali Inail ha dato una valutazione “positiva”, ordinati per frequenza:

  • fibre di amianto: 187 casi, 99.47%
  • cemento-amianto: 1 caso, 0.53%

9 febbraio 2022

Infortunio mortale sul lavoro in una cartiera a San Marcello Piteglio (Pistoia), in via Pesciatina, al confine con la provincia di Lucca. La vittima è un operaio di 58 anni, italiano: secondo le prime notizie diffuse dalla Asl – intervenuta con i tecnici del proprio servizio di prevenzione e sicurezza luoghi di lavoro – è stato investito da un carrello elevatore nel piazzale della ditta. L’azienda, si spiega ancora sempre dalla Asl, era stata controllata dai servizi negli ultimi tempi.

A Braccagni, frazione di Grosseto, un operaio di 32 anni di origine straniera è in gravi condizioni dopo essere caduto da un ponteggio: è stato soccorso dagli altri operai. È intervenuta un’ambulanza della Croce Rossa di Grosseto insieme ai sanitari del 118. L’uomo, secondo quanto si è appreso in condizioni gravi ma stabili, è stato trasferito con l’elicottero Pegaso all’ospedale Le Scotte di Siena. A Trezzano sul Naviglio, nel Milanese, un altro operaio ha invece subìto la parziale amputazione del braccio. È rimasto incastrato in un macchinario presso l’azienda Origoni Zanoletti, ditta che si occupa della lavorazione delle lamiere. L’uomo, 52 anni, è stato portato in gravissime condizioni all’ospedale di Rozzano.

Nel 2021 ci sono stati altri 1.221 morti sul lavoro, pari a 3,34 al giorno.

Lo ha certificato ieri l’Inail pubblicando i suoi open data con una postilla importante: «il raffronto con le 1.270 vittime registrate nel 2020 (-3,9%) richiede cautela in quanto i decessi causati dal Covid-19 avvengono dopo un periodo di tempo più o meno lungo dalla data del contagio». Dunque occorrerà attendere «l’aggiornamento al 30 aprile 2022» per un confronto veritiero.

Nel frattempo i numeri confermano la strage senza fine che va avanti senza tregua nei cantieri, nelle fabbriche, sui campi. Senza attendere i riconteggi da Covid, le denunce di infortunio sul lavoro sono invece aumentare rispetto al 2020:

sono state 555.236, 896 in più (+0,2%) rispetto all’anno precedente.

PASSANDO AI SETTORI,

solo quello industria e servizi è l’unico a far registrare un segno negativo di morti sul lavoro (-6,0%, da 1.106 a 1.040 denunce mortali),

al contrario dell’agricoltura, che passa da 113 a 128 denunce (+13,3%)

e del pubblico – il cosiddetto «conto Stato» che aumenta da 51 a 53 (+3,9%).

Dall’analisi territoriale emerge

un aumento nel Sud (da 283 a 318 casi mortali),

nel Nord-Est (da 242 a 276)

e nel Centro (da 215 a 227).

Il numero dei decessi, invece,

è in calo nel Nord-Ovest (da 425 a 313)

e nelle Isole (da 105 a 87).

Il decremento finora rilevato tra il 2021 e il 2020 è legato sia alla componente femminile, i cui casi mortali sono passati da 138 a 126 (-8,7%), sia a quella maschile, che è passata da 1.132 a 1.095 (-3,3%).

Il calo riguarda le denunce dei lavoratori italiani (da 1.080 a 1.036)

e comunitari (da 61 a 48), mentre quelle

dei lavoratori extracomunitari sono in aumento e passano da 129 a 137.

DALL’ANALISI PER FASCE D’ETÀ

emergono incrementi per gli under 34 (+6 casi)

e per la classe 40-49 anni (+55),

e decrementi in quelle 35-39 anni (-12)

e over 50 (-98 decessi), da 852 a 754.

Ma sempre troppi i casi in età da pensione.

Ben 17 gli «incidenti plurimi» nel 2021 per un totale di 40 decessi con un aumento rispetto ai 13 con 27 casi mortali denunciati del 2020.

L’aumento degli infortuni in itinere, occorsi cioè nel tragitto abitazione – posto di lavoro

(+29,2% anno su anno), va relativizzato:

gli incidenti sono diminuiti del 32% nel primo bimestre del 2021 e aumentati del 50% nel periodo marzo-dicembre

e ciò si spiega con «il massiccio ricorso allo smart working nell’anno 2020, a partire proprio dal mese di marzo».

«SIAMO DI FRONTE A UNA STRAGE, abbiamo una media di tre persone al giorno che muoiono sul lavoro, va potenziato il sistema dei controlli. Serve un coordinamento», afferma il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini.

«Una guerra civile», attacca il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, sottolineando che «la logica del profitto non può valere più della vita».

Davanti a questi numeri il ministro del Lavoro Andrea Orlando ricorda che sono state introdotte «norme con sanzioni più incisive e tempestive» ed è stato «rafforzato l’Ispettorato del lavoro».

Nei giorni scorsi poi «i primi 300 funzionari» dell’Inail «hanno scelto la sede» e saranno assegnati entro questa settimana; «entro febbraio arriveranno altri 690 ispettori e 131 funzionari per un totale di 1.121 nuove assunzioni».

Mentre «entro metà febbraio» sarà pubblicato in Gazzetta «il bando di concorso per assumere 1.249 unità tra ispettori, informatici e statistici dell’Inail».

e quella norma ci fosse stata prima, Luigi ora si stava godendo la pensione. Invece…”. I colleghi non si danno pace. Luigi Rinaldi è morto a 63 anni in un cantiere stradale a Novate Milanese, colpito dalla benna dell’escavatore che si è staccata improvvisamente. La norma è l’abbassamento della soglia di annualità contributive dei lavoratori edili, necessarie per andare in pensione (da 36 a 32 anni). La prevede la manovra economica del governo appena approvata, dopo anni di pressioni da parte dei sindacati. Perchè gli operai del settore, tra discontinuità dei cantieri e lavoro in nero, normalmente arrivano tardi alla pensione o, quando ci arrivano, l’assegno previdenziale è troppo basso e bisogna continuare a lavorare ad un’età rischiosa per certe attività. Luigi, dunque, finalmente aveva avviato le pratiche per approdare al meritato riposo, magari, come diceva sempre, per dedicarsi a tempo pieno alla sua villetta di Parzaniga, affacciata sul Lago d’Iseo. Ma non ha fatto in tempo e adesso l’ultima foto che ha postato sui social, è una tragica beffa: lui, con mascherina e cuffie antirumore, alle prese con il compressore in un cantiere. “Bravo, ma sta attento”, il commento alla fotografia di Daniela; “Attenzione” scrive Santina; “Ma non sei in pensione?” chiede Domenico e la risposta di Luigi è un colpo al cuore: “Non ancora”

ANCORA MORTI SUL LAVORO

ANCORA MORTI SUL LAVORO

Ieri in un operaio di 63 anni è morto sul lavoro a Novate Milanese dopo essere stato schiacciato da una benna di un escavatore. Dall’inizio del 2022 sono morti 11 lavoratori.

 In Italia non si muore solo di covid, esiste una strage infinita di operai e lavoratori completamente ignorati dal governo e dalle istituzioni compresi i sindacati.  

 A parte le ipocrite frasi di circostanza di politici, sindacalisti e istituzioni nulla è stato fatto di concreto per fermare questa mattanza. Il profitto viene prima da tutto. Il governo non si assolve dalle sue responsabilità con qualche ispettore in più.

Ricordiamo che solo pochi giorni fa all’indomani della tragedia a Torino, dove il crollo delle due gru in un cantiere edile ha provocato tre morti e tre feriti il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, richiamava l’attenzione sulle tante, troppe morti che accadono sui luoghi di lavoro, come anche il Papa, ma ogni giorno gli operai continuano a lavorare senza dispositivi di protezione individuali e collettivi, senza sicurezza sui luoghi di lavoro e a morire per arricchire i ,loro padroni.

 Oggi le confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, ma anche alcuni sindacati falsamente di base, invece di preoccuparsi di difendere gli interessi dei lavoratori, a cominciare dalla sicurezza nei luoghi di lavoro e di vita sono più preoccupati ad aumentare le competitività delle aziende e il PIL, vendendo la classe operaia in cambio di privilegi o  “trenta denari”.

Di lavoro in Italia si muore quasi quanto di covid, sono state più di 1400 le vittime 2021 e decine di miglia i morti per malattie professionali. Oggi si continua a morire nei cantieri, nei campi, in fabbrica, per le strade. Il lavoro e diventato sempre più precario e il lavoratore ricattato, grazie ai contratti che i sindacati filo padronali firmano concedendo mano libera allo sfruttamento padronale.

 L’Italia è ormai diventa una Repubblica fondata sui morti sul lavoro.

Le morti sul lavoro non sono mai fatalità, “morti bianche” o incidenti, ma omicidi.

Quasi sempre si muore perché qualcuno ha risparmiato sulla sicurezza; ha chiuso un occhio o tutti e due sulle misure da adottare per avere macchinari e strutture efficienti ed evitare incidenti, risparmiando sulla formazione dei dipendenti. In particolare oggi nell’edilizia con i lavori del superbonus.

 Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio,

11 gennaio 2022 

risarcimento amianto

Operaio morto per esposizione all’amianto nel Napoletano: risarcimento di 1 milione di euro alla famiglia
Il Tribunale di Torre Annunziata ha condannato Fincantieri Spa e Sait Spa a risarcire con 1 milione di euro la famiglia di un operaio morto a causa dell’esposizione all’amianto.