Sentenze amianto F.S. 2022

Sono state condannate quattro persone nel processo sullo smaltimento dell’amianto da parte di Isochimica per conto di Ferrovie dello Stato

Venerdì, con una sentenza di primo grado, il tribunale di Avellino ha condannato quattro persone a 10 anni di carcere al termine del processo che riguardava lo smaltimento dell’amianto di carrozze ferroviarie da parte di Isochimica per conto di Ferrovie dello Stato negli anni Ottanta. Sono stati condannati Vincenzo Izzo e Pasquale De Luca, rispettivamente responsabile della sicurezza di Isochimica e il suo vice, e Aldo Serio e Giovanni Notarangelo, funzionari di Ferrovie dello Stato, per disastro doloso, omicidio colposo, lesioni personali e rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.

Il tribunale ha anche disposto il pagamento di un risarcimento di 50mila euro per ognuna delle famiglie dei 33 operai che negli anni erano morti per patologie correlate all’esposizione all’amianto. Sono invece stati assolti gli altri 22 imputati, tra cui c’erano l’ex sindaco di Avellino, Giuseppe Galasso, e i membri della giunta comunale del tempo.

Negli anni lo smaltimento dell’amianto da parte di Isochimica era stato oggetto di numerose denunce, la prima da parte di WWF, nel 1986. Il sindaco di Avellino, Gianluca Festa, ha detto che i capannoni di Isochimica, ormai chiusa da tempo, verranno usati per ospitare fiere e mercati.

l giudice del Tribunale di Roma, Francesca Vincenzi, ha condannato Ferrovie dello Stato al risarcimento di 300 mila euro alla famiglia di un macchinista di Palermo morto nel 2015 di mesotelioma per esposizione alla fibra killer. L’uomo aveva lavorato nelle FS per 30 anni, dal 1967 al 1996, come macchinista, sempre esposto all’amianto senza dispositivi di protezione. Prima presso il deposito locomotive di Catania, poi in quello di Palermo e Caltanissetta. Per qualche mese fu addetto alla conduzione di treni in Sicilia. In ultimo, infine, nel deposito locomotive di San Lorenzo a Roma.

ANSA) – FOGGIA, 22 FEB – Rete ferroviaria italiana è stata condannata dal Tribunale di Roma a risarcire di 200.000 euro la vedova e i due figli di un operaio di Foggia morto all’età di 69 anni di mesotelioma da esposizione ad amianto.

Il ricorso era stato presentato dagli avvocati Daniela Cataldo ed Ezio Bonanni, quest’ultimo presidente dell’ osservatorio nazionale Amianto.


    Stando alla ricostruzione dell’accaduto fornita proprio dall’associazione, dal 1969 la vittima ha lavorato come aggiustatore meccanico nelle officine grandi riparazioni di Foggia di Rfi occupandosi della manutenzione dei rotabili ferroviari, motori, tubazioni, cavi elettrici. Dopo 14 mesi, è specificato, gli è stato diagnosticato un mesotelioma da esposizione ad amianto. E’ morto a 69 anni lasciando la moglie di 63 anni, e i due figli di 37 e 33 anni. La società, a quanto viene riferito dall’osservatorio, aveva contestato il ricorso affermando che “solo a partire dalla metà degli anni ’70 vi è stata la presa di coscienza circa la pericolosità della esposizione a fibre in amianto”. Il giudice Antonella Casoli ha richiamato precedenti sentenze ha ribadito la responsabilità per aver esposto l’operaio “a elevatissime concentrazioni di polveri e fibre di amianto, contenute nei materiali manipolati e comunque aerodisperse nell’ambiente di lavoro”. Secondo il giudice Rfi avrebbe “omesso di mettere a disposizione dei lavoratori dispositivi di protezione individuale, quali mascherine e tute da lavoro e di informare il lavoratore sui rischi connessi all’amianto”. (ANSA).

Il Tribunale di Vicenza ha condannato R.F.I. – Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. a un ingente risarcimento dei danni conseguenti il mesotelioma pleurico causato da esposizione a fibre di amianto e il conseguente decesso di un dipendente di soli 57 anni. A dare la notizia un comunicato della Cgil Padova. I familiari della vittima sono stati assistiti dal Inca Cgil, dalla Filt Cgil e dagli Avvocati Giancarlo Moro e Camilla Cenci. 

Il Giudice del Lavoro, Gaetano Campo, ha liquidato in favore della vedova e dei tre figli, uno dei quali ancora minorenne all’epoca del decesso del padre la complessiva somma di € 1.004.000,00 per i danni subiti a causa della malattia e del decesso del loro congiunto.

Il lavoratore, assunto nel 1984 e ancora in forze all’epoca della diagnosi, aveva lavorato presso le Officine Grandi Riparazioni di Vicenza e le Officine Manutenzione Veicoli di Padova come meccanico manutentore, ed era stato impiegato anche nelle operazioni di bonifica dell’amianto delle carrozze ferroviarie.

L’esposizione dei dipendenti delle ferrovie ad amianto è dato notorio, documentato dell’elevata percentuale di mesoteliomi sviluppati tra il personale addetto alla manutenzione, ma anche al personale di macchina.

In attesa delle motivazioni della sentenza, la rilevante somma riconosciuta trova giustificazione nella giovane età della vittima e dei familiari superstiti, nonché nell’accertamento della responsabilità di Ferrovie nella causazione della malattia, per non aver concretamente e tempestivamente adottato le misure idonee a salvaguardare la salute dei lavoratori, omettendo di individuare materiali diversi in sostituzione all’amianto e di fornire ai dipendenti adeguati dispositivi di protezione atti a eliminare o comunque ridurre significativamente l’esposizione a polveri di amianto.